𐠿𝘊𝘢𝘱.18𐠿

814 61 6
                                    

(Scusate in anticipo😬)

Pov Tanc
Ho tentato, ho tentato di mantenere la calma ma quel "no" è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Sono esploso, sono semplicemente, sonoramente, distruttivamente esploso...

Mi sono alzato di scatto e ho cominciato a buttare all'aria tutto e con tutto intendo proprio tutto.

Ho preso il tavolincino da davanti al divano e l'ho ribaltato con tutto ciò che c'era sopra, i cuscini del divano li ho scaraventati i giro per la stanza e ne ho anche stappato uno, i telecomandi del televisore e del lettore CD li ho sbattuto addosso a Gian che mi guardava impaurito dal divano.

La cassa per la musica ha avuto vita breve, il divano con Gian annesso ha traslocato stanza, i cartelloni delle fan appesi al muro tutti staccati alcuni per metà altri interamente, la lampada per terra, i CD di musica e film ,che erano sistemati ordinatamente in una colonna porta-dischi, tutti in giro per il pavimento della stanza.

Gian, Diego e Lele mi guardavano senza saper che fare mentre io gli urlavo in faccia sillabe e vocali senza una vera frase o un vero senso logico.

Riuscii a risparmiare la Tv e la play dalla mia furia ma non ero ancora calmo, affatto.

Mi incamminai più veloce della luce verso la cucina e solo dopo il rumore della prima padella buttata a terra gli altri si resero conto di dove fossi a far danni.

Tentarono di bloccarmi, di fermarmi, di calmarmi, ma senza alcun risultato.
Così in un momento vuoto in cui loro decidevano che fare io presi un coltello da cucina.

Avete presente quel momento di nullafacenza in cui vi rendete conto di avere un graffio, una sbucciatura o un livido, di cui non vi ricordate causa e tempo?
Beh, io non mi resi conto di essere la causa, Gian se stesso al tempo sbagliato, Diego e Lele gli spettatori.

Gli spettatori mi presero per le gambe e il tempo mi prese il busto da sotto le braccia, io, la causa, tentai di dimenarmi, a tal punto che il semplice coltello per tagliare la verdura che avevo in mano, si tinse di un rosso che non assomigliava affatto al succo di un pomodoro...

Avevo ferito il mio fidanzato senza nemmeno rendermene conto e mentre lui sanguinava era comunque lì con me, rannicchiato e abbracciato alla mia schiena, mentre singhiozzava un po' per il dolore e un po' per la situazione.

Stremato, senza forze, stanco fino all'inverosimile, mi fermai.
Guardai Lele e Diego davanti a me, anche loro stremati, grondanti di sudore, tirarono un sospiro di sollievo e si misero seduti per terra con la schiena poggiata al muro mentre tentavano di regolarizzare il respiro.
Sentii finalmente chiari i singhiozzi del mio fidanzato dietro di me che non la smetteva di stringermi a se e abbassando lo sguardo vidi la mia maglia totalmente imbrattata del suo sangue.

Mentre le lacrime avevano cominciato la loro dolorosa discesa sulle mie guance mi guardai intorno e dalla mia bassa prospettiva di chi sta seduto per terra, vidi la distruzione, quella vera, che tu dici "non esiste" oppure "non è qui" e invece ce l'hai davanti, ma non vidi solo quel disordine allucinante che caratterizzava adesso la nostra casa, quello era risolvibile con un po' di voglia e forza fisica.

No, vidi la distruzione lì, a poca distanza da me, i miei amici, che di forza d'animo ne hanno avuta seriamente tanta, di pazienza fin troppa e di lacrime davvero fino all'eccesso, erano lì a pezzi, senza forze e con lo sguardo perso, con la testa ai tempi andati in cui l'unico disordine che caratterizzava la nostra casa e i nostri animi era il cibo spazzatura e la musica a palla ad ogni ora del giorno e della notte.

Vidi, anzi, mi immaginai la distesa di macerie che adesso mi stava alle spalle, che mi accerchiava con le sue braccia insanguinate e mi bagnava la maglia di gocce trasparenti dietro e gocce rosse davanti, la prima persona che ho davvero pensato di amare l'ho distrutta, l'ho disintegrata, si è sgretolata a causa mia, l'ho ferita nel profondo e non solo moralmente ma anche fisicamente.

Lasciai cadere dalla mia mano quell'oggetto insignificante che era diventato un'arma e portai la mia mano a sfiorare quella del mio ragazzo che mi stava stringendo in pugno un lembo della maglietta sul mio petto; la sciolsi dal tessuto e la intrecciai alla mia.

E mentre lo scenario di distruzione si imprimeva nella mia mente, le palpebre si fecero sempre più pesanti, vidi buio e sentii un'ultima voce ovattata, come se si stesse allontanando in un tunnel.

G: Piccolo no!

E poi, più nulla.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Numero parole : 770🔏

Sto piangendo per scriverlo.

~Fifi🖤

L'errore più bello ~ Gianedi🧡 {Completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora