34- Più che abbastanza

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"Gli angeli dei nostri tempi sono
tutti coloro che si interessano agli altri
prima di interessarsi a se stessi."

-Wim Wenders

P.O.V.
Caitlin

L'acqua che riservo alle piante da interno, disperse in ogni dove dentro casa mia, scivola via dall'annaffiatoio in un moto lento avente cura, nel cadere dall'alto, di non rovinare le esistenti foglie.
In quella piccola cascata tento di disperdere anche il ricordo del mio ragazzo, ritirato ieri notte nella sua casa dopo avermi scritto per messaggio di non riuscire a tornare con facilità.
Colpa della stanchezza, del troppo vino.
Non voglio pensare ad una sua ipotesi di paura verso la nostra convivenza poiché il mio cuore suona a festa al solo pensiero, vibrando di frebbicitazione quasi al pari della suoneria del mio telefono.

«Oscar, ciao! Buongiorno, sto quasi arrivando, tra poco esco di casa», rispondo al mio assistente lavorativo, mantenendo il telefono incollato all'orecchio mentre continuo a dare acqua anche ai miei fiori.

«D'accordo, ma dovresti fare presto. Abbiamo degli appuntamenti...»

«Sarò subito da te, Oscar, aspettami lì.»

Non ricordavo affatto simili impieghi ma non mi faccio trovare impreparata.
Esco di casa con la velocità promessa e, riuscita a salire sopra uno dei taxi, abbasso il finestrino non appena l'auto è in movimento per poter sporgere la testa, chiudere gli occhi, e godermi il vento contro il viso.

«Si prenderà un malanno», commenta il guidatore, visto il clima invernale esterno per quanto ricco del calore del sole.

«Ha freddo? Vuole che chiuda?» Mi affretto a domandare, tirandomi su con la schiena e fissando lo specchietto retrovisore. Sembra un uomo in su con l'età, dall'aspetto particolarmente gentile.

«No, si figuri, mia moglie mi ha dato più di un maglione. Lo dicevo per lei.»

«Non si preoccupi, sono abituata a questi climi freddi.»

La mia mano si tende verso l'esterno, alla ricerca della luce solare, e il taxista sembra sorridere verso la mia affermazione, compiuta poco prima di chiudere nuovamente gli occhi, lasciandomi trasportare dall'emozioni. Vivendo ogni secondo della giornata, in maniera tanto umana quanto coraggiosa, priva di sotterfugi.

Anche Oscar mi accoglie con un sorriso, osservando il mio ingresso non appena giungo dentro il nostro laboratorio.

«È una giornata bellissima... non trovi, Oscar?» Domando, spogliandomi del pesante cappotto che mi ha tenuto protetta dal freddo.

Dall'alto dello sgabello, con un piede appoggiato per terra, il mio allievo mi studia, con i suoi riccioli neri, la cultura africana rispecchiata nelle sue molteplici collane e la sua pelle del colore del cioccolato più intenso, pura perfezione.

Specie se abbinata a una simile raffinatezza nel vestire.

Inutile dire che fin da subito siamo entrati in sintonia: siamo anime molto affini, che si tengono legate al collo il peso del proprio passato in piccoli cimeli che permettono di non farci dimenticare la nostra origine, per non parlare dei gusti pittorici.

Ci piacciono gli stessi artisti e le stesse mode.
Se qualcuno ci vedesse fianco a fianco, tramite comportamenti che ci siamo inconsciamente scambiati e modi di dire, crederebbe che fossimo fratellastri, e mi sarebbe tanto piaciuto esserlo.

Un fratello come lui sarebbe stato sempre pronto a capirmi, e ascoltare i miei sbagli, di certo numerosi.
Invece ho avuto in dono orecchie in grado di non udire...

Esiliato dal tuo cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora