52- La casa blu

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P.O.V.
Michael

Mai sarei voluto tornare in questa prigione di memorie storiche buia e fredda, e mi ero ripromesso di non farlo, avendo il lavoro di editor nelle mie mani che si concretizza nell'utilizzo di quella rossa penna, che per mesi e mesi ha compiuto acrobazie tra le mie dita. Il problema è che si tratta di Katrina, ed io non posso starmene fermo in un angolo ad aspettare. Ci deve essere un motivo per il quale non mi ha parlato del suo nuovo lavoro e senza risposte, alle domande che porge, la mia mente se ne pone di proprie, da sempre, e non mi piacciono affatto. Lotto con il mio inconscio da che ne ho memoria ma l'unico modo di sconfiggerlo si è rivelato essere, dopo molto tempo, dargli in pasto la verità. Lasciargliela masticare con gli occhi, aspettare che potesse crederle. Nient'altro lo blocca, ed è proprio per evitargli di prendere il sopravvento che mi sto avviando verso il mio vecchio collega.

«Felip, hai trovato qualcosa?»

«I documenti sono su quel tavolo» argomenta, indicandomeli con una mano ed io, lesto, mi avvicino a loro. «Se ti serve qualcosa sono allo scaffale tredici.»

«D'accordo, amico, grazie.»

Mi accomodo alla sedia dell'archivio proprio nel momento in cui si allontana. Sento una fitta al collo, mi fa male. Avverto dolore a tutti i muscoli e la causa è una notte passata quasi insonne, tra dubbi e scenari.
Anche gli occhi hanno subito conseguenze, li sento secchi, gonfi all'altezza delle occhiaie e pigri; pretendono che sbatta le palpebre più volte per poter mettere a fuoco.

Poso entrambi i palmi delle mani sul viso, avvertendo sensazioni spossanti che avrei preferito dimenticare.

Devo metterle da parte al momento, però, e concentrarmi su questi fogli. Di fronte ho articoli di giornale che riportano, in vecchia data, antiche mostre realizzate dalla Land Art, a braccetto con lo scalpore che porta in sé ogni loro progetto.

I polpastrelli seguono lo scorrimento della mia lettura, gli occhi non perdono una parola, i fogli compiono veloci rotazioni che gli permettono così di alternarsi.

Mi occorrerà del tempo per leggere tutto quanto ma, per fortuna, ne ho più del necessario.

P.O.V.
Caitlin

Sono sola di fronte a una casa totalmente dipinta di blu. Il sole fa capolino dalla chioma di alberi particolarmente alti che mi proteggono, attraversati dai raggi quanto basta a scaldarmi. Chiudo gli occhi lasciandomi cullare dal calore, la testa sporta leggermente all'indietro permettendo libertà alla bocca dalla protezione della sciarpa, le braccia intrecciate contro il corpo.

In questa condizione sembra quasi di sentire dei piccoli uccelli cinguettare da qualche sopraelevato ramo. C'è pace e molto silenzio.

Vorrei vivere in questa calma per sempre, mi trovo a pensare, circondata dalla natura e dal sole che benedice entrambi, me e questi alberi. Quasi non esistono problemi all'interno di un simile idillio che annulla anche i miei pensieri, permettendomi di volare.

Ruoto appena la testa per poter beneficiare di una nuova inquadratura fornita dal sole, e attraverso il compiersi di questa mossa percepisco i capelli scivolare lungo la schiena.

Da diverso tempo ormai li porto lisci e scalati, Michael ha preso il vizio di farseli scorrere tra le dita. Lo aveva anche prima, ma il riccio non richiedeva molte carezze. In questo modo è più facile, e credo di averli tenuti sempre ondulati proprio per un simile e negativo motivo, credendo di sfavorire. Un'altra stupida barriera che mio marito è riuscito a battere.

Immersa nel mio silenzio, mi raggiunge la sensazione di essere osservata. Un calore differente da quello che stavo incanalando si posa sul mio corpo. A causa di ciò, sono costretta a ruotare leggermente il capo.

Esiliato dal tuo cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora