La pesante porta di legno si ergeva maestosa davanti al suo naso, bloccando col proprio peso la visuale sgradevole e riparandola dall'orribile fetore che l'appartamento emanava. Entrando Lisa fu accolta da un buio tetro, l'odore di chiuso le inondò i polmoni, facendole pensare che le finestre dell'abitazione non fossero state aperte per settimane. Come una regina stava ferma, immobile, con la schiena dritta, mentre le tenebre la circondavano gettandola in un silenzio glaciale che la opprimeva tanto quanto la solitudine. Senza troppi sforzi aveva fatto del male, ferito un cuore innocente e portato allo sfinimento un'anima pura, strappando in mille pezzi un fiore che doveva ancora sbocciare, ponendo fine ad una storia non ancora scritta.
Accese una sigaretta, com'era sua abitudine, inspirando l'acido fumo a pieni polmoni e permettendo al veleno di insinuarsi nei meandri del proprio corpo. L'effetto della nicotina non si fece aspettare: in pochi secondi la sua testa, la quale in quel momento pesava più di un macigno, si fece leggera come una piuma, dando a Lisa l'illusione di stare in mezzo alle nuvole. Si sedette sulla vecchia sedia posta alla fine del corridoio e distese le lunghe gambe, posando lo sguardo sugli stivaletti di pelle che indossava; non poteva con certezza affermare che fossero suoi (molto probabilmente appartenevano a Jennie), ma non aveva nessuna importanza d'altronde.
Dalle fessure delle persiane passava una piccola scia di luce, la quale ricadeva leggiadra sui mobili coperti da lenzuola e lasciava intravedere minuscoli granelli di polvere. Lisa sapeva che era sorto il sole; l'aveva visto svegliarsi mentre le strade semivuote correvano davanti ai suoi occhi, aveva sentito la fresca brezza mattutina scompigliarle i capelli nel momento in cui i suoi piedi si erano posati sull'asfalto scuro e la rugiada le aveva inumidito la punta delle dita.
Lasciare Jennie era stato così dannatamente difficile per lei, soprattutto sapendo la conseguenza che avrebbe seguito la sua azione deplorevole. Prima di andarsene aveva lanciato un'occhiata fulminea alla figura distesa sul letto caldo, dove tra le bianche e morbide lenzuola riposava un'angelo abbandonato, e il suo cuore aveva gettato un sospiro e l'anima era stata scossa da un tremito.
Era difficile credere che in un solo istante tutto poteva cambiare, eppure così era stato. Ora se ne stava seduta nel buio più totale, stringendo una sigaretta ormai spenta.
Si alzò lentamente e si diresse verso la propria stanza. Entrando chiuse la porta dietro di sé, nonostante non ci fosse pericolo che la sua privacy potesse essere violata, e lasciò che il ricordo divorasse lo spirito. Jennie l'aveva stregata.
Non riusciva a dimenticare il suo fragile corpo, non era in grado di placare il forte desiderio che per giorni aveva tentato la sua fantasia. Pensava ai mille baci con i quali avrebbe potuto decorare la pelle rosea di Jennie, alle carezze e a tutti i modi con cui avrebbe viziato la sua Musa.
Le piaceva chiamarla così; adorava rivolgersi a lei come alla sua fonte di ispirazione. La sola visione del suo nudo corpo la mandava in estasi.
Durante la notte, quando Jennie non riusciva ad addormentarsi, Lisa l'afferrava dolcemente per le spalle e le permetteva di poggiare la testa sul proprio petto. Talvolta era così vicina da riuscire a sentire il dolce odore di vaniglia che emanavano i suoi capelli. Allora immaginava come avrebbe potuto posare le sue labbra su quelle di Jennie, stringerla forte tra le braccia e cospargerla di amore, accarezzare l'aggraziato collo e far scendere la mano fin quando essa non si sarebbe posata sul suo morbido seno. Immaginava il viso arrossato di Jennie e il respiro affannoso, desiderava poter sentire il tremolio che avrebbe percorso il corpo della mora a contatto con le sue dita. Avrebbe memorizzato ogni suo dettaglio come le lettere dell'alfabeto e l'avrebbe ripetuto all'infinito, fino a quando il suo ricordo non avesse lasciato un segno indelebile sulle pareti della sua mente. L'amava follemente, così tanto che se alla sua morte qualcuno avesse pronunciato il nome di Jennie davanti alla sua tomba, lei stessa sarebbe tornata in vita ancora e ancora.
Ed ogni volta che ritornava in sé e smetteva di fantasticare, ecco che la razionalità si impossessava della sua mente e le mostrava quanto fossero sbagliati quei suoi pensieri, quanto fossero volgari i suoi desideri.Sua nonna era una donna estremamente legata alla religione e durante tutta la sua infanzia Lisa era stata educata tramite la Bibbia e ciò che era scritto nelle Sacre Scritture. Poteva affermare con certezza di non aver paura di Dio, ma era terrorizzata dai pregiudizi e da ciò che i suoi cari avrebbero pensato di lei venendo a conoscenza dei suoi sogni proibiti. Rabbrividiva al solo pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se sua nonna o qualsiasi altra persona legata a lei avesse scoperto i desideri che per lei erano così illegali. Talvolta era spinta a credere che la Morte fosse molto meglio e varie volte si era ritrovata a pensare al suicidio.
Lisa non poteva non pensare a tutta la pressione che da anni tutti gli adulti le mettevano addosso. Delle volte si sentiva così oppressa che si meravigliava di come le fosse ancora possibile respirare senza soffocare.
La paura di non essere accettati può divorare un'adolescente, lasciando nient'altro se non terrore e ansia. Ed il problema più grande delle generazioni passate è proprio la chiusura delle loro menti, il costante desiderio di farsi i fatti degli altri e censurare ciò che si crede pericoloso. La censura stessa è frutto dell'ignoranza e del panico.Senza nemmeno accorgersi Lisa scoppiò a piangere. Ciò che rimaneva della sigaretta ormai consumata cadde a terra, spargendo cenere sul pavimento sporco. La ragazza si appoggiò al muro, permettendo alle lacrime di scendere per le sue guance e atterrare sul colletto della camicia azzurra. Ben presto la stanza fu invasa dai suoi rumorosi singhiozzi e soffici grida. Piangeva per il rimpianto, per la rabbia e per il disprezzo. Piangeva perché le dispiaceva per se stessa, le faceva pietà il suo viso così spaventato, le mani così tremanti. Le dispiaceva vedersi in una situazione del genere ed era terribilmente invidiosa di coloro che riuscivano a vivere in piena libertà.
Urlava perché in questo modo tutti i suoi demoni interiori uscivano allo scoperto e gridava perché voleva far sapere al mondo quanto fosse stanca di esistere nel buio. Sopravvivere era sempre più difficile per lei.Era stata costretta a spegnere l'unica luce che l'avrebbe riscaldata, aveva distrutto l'unica persona che realmente amava. Era un mostro malvagio e senza cuore, una regina temibile alla quale non interessava per nulla il futuro dei suoi sudditi.
Pregava di morire al più presto e spesso le sembrava che ci fosse vicina. Non riusciva a spiegarselo, ma sentiva di essere sempre ad un passo dalla Morte; c'era questa sottile linea nella sua vita, un limite che non riusciva mai ad oltrepassare, eppure poteva sentirlo.Il cellulare vibrò e Lisa asciugò le lacrime il più velocemente possibile, tossendo leggermente si ricompose e con voce calma rispose al telefono. Una voce cauta l'accolse dall'altra parte della cornetta.
《Lisa, sei tornata a casa?》 Chiese Jennie con prudenza e Lisa sentì immediatamente il cuore placarsi dopo la terribile tempesta passata. Non ebbe forza di rispondere e la mora non ebbe il coraggio di attaccare.
Erano passate solo alcune ore dall'abbandono, eppure le mancava terribilmente. Lei stessa aveva avvelenato la propria anima ed abbattuto il proprio spirito, per questo non poteva con certezza affermare di meritare compassione. Le era forse permesso chiedere perdono?
Lisa sperava con tutto il cuore in una richiesta da parte di Jennie. Pregava disperatamente che questa le chiedesse di tornare, di ricominciare tutto da capo.
Jennie non aveva idea dell'immenso potere che possedeva fra le proprie mani, non riusciva nemmeno ad immaginare tutto il dominio di cui era dotata. Se Jennie l'avesse voluto, Lisa avrebbe raggiunto il cielo per cogliere la Stella più bella, la Luna o il Sole; se Jennie l'avesse chiesto, Lisa avrebbe preso il primo autobus sottomano e sarebbe tornata da lei; ogni cosa che Jennie avesse detto, Lisa l'avrebbe preso come un ordine.
Ma la ragazza dall'altra parte della cornetta rimase un silenzio, troppo spaventata per dire qualsiasi cosa, e Lisa sentì gli occhi pizzicare di nuovo.
《Io vivo per te, Jennie》 disse in un sussurro, senza saper bene se volesse farsi sentire dalla mora oppure no 《Vivo solo per te》
Ma le rispose solo il silenzio.
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𝕴𝖓𝖘𝖎𝖊𝖒𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔 𝖎𝖑 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 || JenLisa
Fanfiction《Ti impegni così tanto a salvare gli altri, ma chi salverà te?》