In malo modo Lisa si alzò, portando a sé quelle minime forze che ancora le erano rimaste ,e con uno sforzo infinito si diresse come un cane bastonato in camera sua. I colpi erano stati forti e le ferite profonde ,il dolore atroce nel diaframma non le permetteva di respirare regolarmente.
Pur nascondendosi nella propria stanza, Lisa era perfettamente consapevole che quello non poteva essere un posto sicuro per lei ,infatti quel tiranno avrebbe potuto raggiungerla in qualsiasi momento. Ma non aveva altra scelta né posto dove rifugiarsi ,se non la strada.
Il dolore però non era così grande quanto l'odio per il padre,disprezzo che cresceva sempre di più in lei. Quante volte aveva desiderato urlargli contro tutta l'avversione che provava nei suoi confronti,sbattere la porta e raccontare per filo e per segno la terrificante mole di male che lui stesso le aveva afflitto con il passare degli anni. E a cosa sarebbe servito? Pensava. A ricevere parole taglienti e urla terribili?
Suo padre aveva problemi con l'alcool da anni ormai. Non sapeva nemmeno se ci fossero stati dei giorni in cui non avesse bevuto una birra o del vino, semplicemente, non riusciva a rammentare momenti in cui l'uomo non avesse avuto su di sé il disgustoso fetore di alcolici e le avesse parlato senza alzare le mani. Quando beveva,dimenticava ogni cosa e non gli fregava più nulla. Non gli importava se Lisa fosse ferita o offesa,non gli interessava se stesse sdraiata a terra ansimante dal dolore. Per lui spariva qualsiasi cosa presente sulla terra,vedeva solo se stesso, convinto di essere un uomo vero, un guerriero quasi. Infatti, aveva importanza il fatto che fosse una persona asfissiante? o che fosse un alcolizzato schifoso che non sapeva far altro se non soddisfare i propri nauseabondi desideri con qualche prostituta di turno? Ovvio che no. Dignità e virtù erano concetti inesistenti per lui.
Dopo aver picchiato la figlia solitamente si rinchiudeva in cucina o spariva in qualche pub, con la fitta nebbia nella testa. Ciò che faceva adirare Lisa ancora di più era il fatto che così apertamente le facesse capire quanto non fosse desiderata. Anche se fosse stata un'illusione, Lisa preferiva vivere nell'inganno di essere amata dal padre piuttosto che essere oppressa dalla forte rabbia che teneva nel petto.
Questo odio che aumentava era estremamente nocivo per la sua salute emotiva e più di una volta nella mente di Lisa si erano insinuati pensieri agghiaccianti che la spingevano a fare cose di cui si sarebbe pentita amaramente.
Aprì il cassetto vicino al letto e ne tirò fuori un lungo coltello dalla lama lucente. Prese in mano quell'oggetto letale, osservandolo attentamente ,desiderando macchiare di sangue il freddo metallo. Pensava al padre ,ma i suoi erano pensieri spaventosi, che a volte indirizzava verso se stessa. Non aveva ben chiaro in mente cosa fare con quell'arma, se uccidersi o uccidere. Le conseguenze delle due azioni sarebbero state di esigue importanza e gravità ,o almeno così riteneva. In ogni caso, non le importava più di tanto, non c'era più nulla che pensava potesse essere di grande interesse.
Lo squillo del telefono la riscosse dai suoi pensieri e Lisa fece cadere il coltello dalla sorpresa, lasciando che precipitasse a terra con un potente suono. Era Jennie.
Pensò di rispondere, allungando la mano intrisa di sudore verso il cellulare nella tasca, tuttavia qualcosa la bloccò dal fare ciò. Rimase immobile, con la mano appoggiata alla ruvida stoffa del giacchetto, il tintinnio dei bicchieri di whiskey nella cucina.
Quando tornò in sé ,si guardò intorno come se fosse alla ricerca di qualcosa ,e nel momento in cui i suoi occhi celestiali si posarono sul coltello per terra, un'espressione di disgusto si formò sul suo volto. Il solo pensiero di ciò che voleva fare era nauseante.
Rinchiuse l'arma nel cassetto, promettendo a se stessa che non avrebbe mai più nemmeno guardato in quella direzione. E tuttavia sapeva benissimo che ciò non si sarebbe realizzato ,era troppo grande l'odio e la rabbia che provava ,così enorme che sarebbe stato impossibile placare quei sentimenti così terrificanti.
Il telefono squillò di nuovo e questa volta Lisa decise di rispondere,dopo aver visto che c'erano almeno una dozzina di chiamate perse da Jennie.
《Lisa ,dove sei?》chiese la ragazza con tono preoccupato dall'altra parte della cornetta. Doveva essere spaventata ,lo poteva sentire perfettamente.
《A casa》 rispose Lisa ,cercando di calmare la voce tremolante ,ma con tentativi che fallirono miseramente. Jennie chiese ancora qualcosa ,parlò di cose inutili che la ragazza neanche sentì, dal momento che la sua testa in quel momento era altrove. Attaccò senza nemmeno salutare, se avesse fatto ciò, Jennie avrebbe capito eccezionalmente cosa fosse successo, soprattutto ora che era a conoscenza dell'abuso in cui era bloccata.
Una folata di vento spalancò la finestra, che Lisa aveva lasciato semiaperta prima di andarsene quella mattina. La gelida brezza le accarezzò l'orecchio e ben presto il freddo colse ogni parte del suo corpo. La ragazza strisciando arrivò vicino al letto ,ma non ebbe abbastanza forza per coricarsi per cercare di dormire, nella vana speranza che il sono avrebbe lenito le ferite. Tutto intorno a lei sembrava un incubo dal quale avrebbe voluto svegliarsi ,un baratro di terrificanti immagini che non le davano pace.
Intorno a sé vedeva ombre, vicino al letto ,presso la scrivania ,sotto l'armadio, ovunque in quella piccola stanza. Spaventata chiuse di scatto gli occhi, portando le ginocchia al petto e tentando di nascondersi da quelle ombre a lei sconosciute.
Non era facile distinguere dove fosse la realtà e dove la fantasia ,e ora come non mai era impossibile capire se stesse semplicemente sognando oppure se si trovasse nel mondo reale.
Cosa fare adesso? Non lo sapeva. Poteva scappare ,rifugiarsi in qualche motel scadente ,dove infine sarebbe stata costretta a tornare indietro, una volta che si fossero accorti della sua scomparsa. Oppure aveva la possibilità di rimanere e così impazzire in quelle quattro mura. Non aveva scampo, si era persa in un vicolo cieco. Poteva forse arrivare ad una conclusione intelligente e trovare una via d'uscita? Certo che poteva, ma aveva oramai smarrito qualsiasi speranza e, come ben si sa, un'anima che è stata abbandonata dalla fiducia, non vede nulla di buono sulla propria strada e non crede di poter ricevere alcun soccorso.
D'un tratto, mentre Lisa era persa nelle sue paure, qualcuno bussò alla porta della sua stanza. La persona che la disturbò non aspettò alcun permesso ed entrò direttamente, portando con sé un pacchetto di ghiaccio, che appoggiò sulla testa di Lisa. La ragazza non si era nemmeno accorta del dolore al capo e si rese conto della ferita solo quando sentì il freddo ghiaccio sulla pelle. In realtà, in tutto quel tempo che si era trovata sdraiata sul pavimento della camera, aveva provato relativamente poco dolore, a differenza del tormento sperimentato nell'esatto momento in cui era stata più volte picchiata.
Lisa non poteva con certezza affermare che quella figura non fosse frutto della sua mente,ma tutto ciò che in quell'istante sentiva sulla sua pelle era talmente realistico da farle pensare con sicurezza che invece stesse accadendo sul serio. Ciò nonostante, anche provando a vedere il volto della figura vicino a lei, non riusciva a riconoscere il viso della persona che si stava prendendo cura delle sue ferite e dei lividi.
Non diede molta importanza a quel fatto, stava ricevendo aiuto e le bastava sapere solo quello. L'unica domanda che le sorgeva spontanea era perché quella persona non l'avesse difesa prima quando suo padre era sopra di lei nel tentativo di ucciderla, dato che era chiaramente stata nell'appartamento per tutto quel tempo, sapendo l'esistenza della sua condizione precaria.
La ragazza alzò nuovamente la testa, volendo spostare la mano del suo soccorritore ora che tutte quelle riflessioni avevano fatto capolino nella sua mente. Tuttavia, la figura l'afferrò gentilmente per il polso, bloccandola dal fare ciò che aveva pianificato.
《Lasciami》 disse Lisa con un film di voce e gli occhi socchiusi, cercando di rimanere sveglia il più possibile. 《Vattene》 aggiunse prima di perdere l'equilibrio e cadere di faccia sul pavimento. Se non fosse stato per quella figura misteriosa che riuscì a prenderla in tempo, sarebbe caduta causando ulteriore sofferenza a se stessa.
La persona che la teneva saldamente non rispose, la prese gentilmente in braccio e l'appoggiò sul letto come se fosse una rosa estremamente delicata, timorosa di farle del male o rompere il fragile stelo di quel fiore tanto splendido.
Sulla candida pelle delle sue braccia c'erano scuri segni di violenza, che decoravano il suo corpo come la pittura orna una tela bianca. Lividi bluastri le cerchiavano il collo e il petto, facendo contrasto con il pallido viso stremato dai continui combattimenti, guerre che non avevano mai portato la sua vittoria, miseramente il suo nome non conobbe mai tale onore. È così triste vedere come nella natura umana regna la legge del più forte. Chi ha un grande potere fa di tutto per schiacciare chi non ne ha, nella piacevole illusione di essere al pari di un dio.
C'era qualcosa di amaramente incantevole in tutto quello, una tragedia scritta sul suo fragile corpo, un dramma grondante di peccato.
Lisa sembrava veramente un angelo caduto dal cielo.
STAI LEGGENDO
𝕴𝖓𝖘𝖎𝖊𝖒𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔 𝖎𝖑 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 || JenLisa
Fanfic《Ti impegni così tanto a salvare gli altri, ma chi salverà te?》