Capitolo 15

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Svegliarsi dopo aver pianto per ore è senza dubbio difficile: la testa scoppia, la gola brucia e sulle guance si possono ancora vedere i segni delle lacrime. Non è semplice alzarsi e fingere che vada tutto bene, e non era stato semplice nemmeno per Lisa. La ragazza infatti aveva aperto gli occhi in fretta, come se fosse spaventata da qualcosa, e con lo stesso ritmo si era messa a sedere sul letto sudicio. Tornare a casa propria era stato strano, soprattutto perché, una volta varcata la soglia, ciò che aveva visto era stato un'appartamento completamente buio, dove i mobili erano stati coperti da lenzuola e le finestre serrate.
Rimase immobile per qualche minuto, nel tentativo di chiarire la miriade di pensieri che non abbandonavano la sua mente, solo il ticchettio dell'orologio sul comodino disturbava la monotonia della camera.

Quando andò in cucina per cercava qualcosa da mettere sotto i denti, restò scioccata da come i suoi ricordi di quell'appartamento fossero sbiaditi. Non ci aveva messo piede per qualche settimana, eppure le sembrava che fossero passati anni interi. Il tavolo era sempre nello stesso posto, il frigorifero e le credenze non si erano spostati dalla loro posizione usuale e i piatti con i bordi rovinati si trovavano sopra il mobiletto grigio vicino alla finestra. Tuttavia per Lisa quei dettagli erano come nuovi, le sembrava di essere entrata nella casa di uno sconosciuto. Lei stessa dava l'impressione di non appartenere a quel luogo funesto. Vedete, tutto in quella casa pareva essere stato creato apposta per decorare muri grezzi di una dimora scomoda: le tende giallo canarino ormai sbiadite dal tempo, la vecchia televisione nel salotto, l'antico armadio in mogano distrutto dalle termiti, ogni singolo oggetto o mobile presente in nell'appartamento doveva esser stato ideato solo ed esclusivamente per raffigurare la vita piena di miseria che Lisa viveva; eppure quella ragazza dalla pelle di porcellana sembrava troppo fragile per esistere nelle condizioni deplorevoli in cui era nata.

Muovendosi con passo lento, come una sconosciuta nella sua stessa casa, Lisa si avvicinò al frigorifero.
Vedendo gli scaffali completamente vuoti, se non per una confezione di Yogurt scaduta due giorni prima, la ragazza fu costretta a richiudere con occhi rassegnati. Lanciando uno sguardo all'orologio rimase sorpresa nel vedere che era tardo pomeriggio, aveva dormito per sette ore di fila e la sua mente era interamente vuota. Per di più, i ricordi di quella mattina si fecero così vividi che Lisa dovette sedersi pur di calmare il proprio animo. Si strinse nella larga felpa che aveva indossato prima di addormentarsi e nascose la testa nel cappuccio logoro, nascondendo le mani nelle tasche. La liscia plastica di un'oggetto misterioso le accarezzò le dita, stringendolo capì che era un minuscolo sacchetto contenente delle pillole. Lo tirò fuori e nel momento in cui i suoi occhi si posarono sulla superficie opaca, un ricordo dimenticato si fece vivo.

Anni prima Lisa era stata vittima di un circolo di droga assai serio. Ne aveva sofferto molto, così tanto che aveva passato due estati intere in riabilitazione, ed era stata infine costretta a trasferirsi in un'altra città. Aveva rischiato l'overdose tre volte, nel vano tentativo di alleggerire e placare la forte ansia che ogni giorno la distruggeva senza rimorso, provando quasi ogni tipo di droga esistente sul mercato. Molte volte era stata costretta a pagare con il proprio corpo dal momento che di denaro ne aveva poco. Non aveva mai pensato che fosse sbagliato, nulla di ciò che faceva le sembrava dannoso o nocivo in alcun modo. E quando scambiava il proprio corpo pur di ottenere qualche grammo di droga, non rimaneva mai schifata da se stessa. Le sarebbe stato difficile provare ribrezzo per il proprio corpo o odiare la mente in ogni caso, dal momento che di rispetto ne aveva ben poco e di stima ancora meno, dunque, perché disprezzare ciò di cui non si è mai andati fieri? Come può una persona detestare la propria figura se non l'ha mai onorata in primo luogo?

Ciò che teneva ora tra le mani erano pillole di fentanyl, un oppioide sintetico in grado di gettare una persona in uno stato di estrema felicità. Ricordava di aver rischiato l'overdose grazie a quella potente droga, la quale era addirittura più forte della morfina, ma ricordava anche quanto si fosse sentita bene sotto il suo effetto. In genere si può entrarne in possesso legalmente, ad esempio dopo un intervento importante o a causa di un dolore insopportabile, in medicina viene utilizzato come un anestetico, ma tra i trafficanti di droga il fentanyl era largamente venduto come stupefacente. Lisa stessa ne era venuta a conoscenza da Roller, uno dei dealer più famosi in zona, quando viveva ancora nella vecchia cittadina di suo padre.
Dopo la riabilitazione aveva smesso completamente di assumere qualsiasi droga e senza dubbio si teneva alla larga da ogni problema, ma stringere quelle piccole pillole bianche tra le dita la gettava nel dubbio. Sapeva che, se avesse fatto uso del fentanyl, avrebbe passato ore a sorridere come una folle mentre il corpo avrebbe perso sensibilità e la mente la ragione, tuttavia era anche a conoscenza degli effetti collaterali che molto probabilmente l'avrebbero costretta a gemere dal dolore.

Pensando e ripensando sul da farsi, alla fine l'angoscia ebbe la meglio e Lisa si ritrovò seduta in bagno, a trasformare quelle dannate pillole in fine polvere pallida. Con una vecchia carta di credito divise la miscela in sottili linee, mettendole tutte in fila una dietro l'altra, e ammirò per qualche secondo la sua opera: il colore grigiastro della polverina sembrava ancora più chiaro messo in contrasto con il grigio metallico del lavandino.
"Sono ancora in tempo" pensò mentre abbassava la nuca fino a sentire il freddo marmo sulla punta del naso "posso ancora fermarmi". Ma non si fermò.

"La prima sniffata è sempre la migliore", dicono coloro che non fanno uso di stupefacenti, ma ciò che non sanno è che per una dipendente ogni sniffata è buona allo stesso modo. Lisa non era un'eccezione: non appena sentì la miscela insinuarsi su per le sue narici, rabbrividì per il piacere che quella vecchia abitudine le provocava. Tossì leggermente e si abbassò una seconda volta, poi una terza, una quarta, una quinta volta. Ben presto il bancone fu vuoto, con solo qualche granello bianco qua e là, e dopo una manciata di minuti la mente di Lisa si spense. Avvertì l'effetto del fentanyl farsi sempre più vicino, fino a quando non perse totalmente il controllo di sé. Quella sostanza straordinaria la divorò in fretta, così velocemente che in pochissimo tempo rimase priva del proprio corpo, credendo di stare in memezzo alle nuvole. Dimenticò tutto il dolore ed ogni singolo avvenimento che in quei giorni l'aveva consumata: ora provava solo felicità, vivendo in questo continuo stato di euforia pura. Sapeva che a breve l'effetto sarebbe finito, desiderava solo che cessasse il più tardi possibile, permettendole di vivere davvero per almeno qualche ora.

Appoggiò la schiena al freddo muro cosparso di mattonelle colorate, osservando il sole calare da dietro le persiane accostate. La pace che provava in quel momento era indescrivibile. Era come se fosse arrivata la fine del mondo e lei fosse rimasta l'unica sopravvissuta; non esisteva più nessuno, solo Lisa. Intorno a lei la stanza girava, dandole l'illusione delle giostre, e le orecchie fischiavano leggermente, ma poteva affermare con decisione di stare bene, finalmente stava bene.

Cadde a terra non essendo più in grado di reggersi in piedi, sentendo come il suo stesso corpo non le appartenesse più, e strisciando si diresse verso il salotto, dove si buttò sul divano coperto da un lenzuolo scuro, rimanendo in quella posizione per ore. La particolarità della droga è quella di azzerare una persona per un periodo che varia dalle quattro alle otto ore, durante le quali la vittima se ne sta ferma immobile, con momenti in cui viene colta da un sonno profondo.
Lisa si addormentò, solo per risvegliarsi qualche minuto più tardi, in seguito a ciò cadde di nuovo in un sonno leggero e prese coscienza subito dopo. Procedette così ancora e ancora, fino a quando l'effetto non divenne più leggero. Allora, dopo che fu sicura di poter camminare senza barcollare, Lisa si diresse al portone, con addosso la felpa indossata quella mattina e una gonna logora. Prima di uscire afferrò una mascherina nera appesa all'angolo dello specchio del corridoio e grazie ad essa coprì il viso pallido.

Le strade buie non la spaventava affatto, era così tanto abituata a passeggiare nelle tenebre che nulla la terrorizzava più. Diceva sempre che la sua vita non poteva andare peggio di come lo era già e qualsiasi cosa le fosse successa, sarebbe stata sicuramente molto meglio della sua situazione attuale. Camminava lentamente, cercando di mantenere l'equilibrio mentre posava i piedi sul terreno, con solo una leggera brezza che le spostava i capelli dal viso, e osservava le alte ombre degli alberi passanti accanto a lei.

Il cellulare vibrò svariate volte, tremando nella tasca della sua felpa, ma Lisa non si preoccupò nemmeno di guardare chi fosse. D'improvviso si sentiva così potente, talmente forte da poter combattere qualsiasi cosa, fosse essa la morte o la sofferenza, avvertiva il sangue scorrerle velocemente nelle vene e il cuore batterle nel petto, facendola sentire viva.

Lisa era finalmente felice.

𝕴𝖓𝖘𝖎𝖊𝖒𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔 𝖎𝖑 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 || JenLisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora