Epilogo

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"Cosa faremo con tutto questo futuro?"

Il ristorante era semivuoto, con solo qualche gentleman qua e là vestito di giacca e cravatta, impegnato in qualche meeting importante, e i corridoi pullulavano di camerieri indaffarati, intenti a correre a destra e a manca con vassoi colmi di piatti. Era una mite mattinata di maggio, l'aria profumava di rose e gelsomino, le serate si stavano facendo sempre più corte. Presso l'enorme finestra, su un raffinato divanetto di pelle sedeva una giovane donna intenta a sfogliare il menù della giornata, mentre sul tavolino in legno poggiava una tazzina di caffè bollente il cui vapore si innalzava nell'aria creando sottili linee di vapore. Aveva lunghi capelli neri raccolti in una treccia che ricadeva sulla spalla destra, gli occhi a mandorla ornati da ciglia scure come la pece e le labbra tinte di un rosso vivo. Sedeva tranquillamente con sguardo sereno, con il manager accomodato su una sedia posta in fondo alla sala che la teneva d'occhio, assicurandosi che nessun ammiratore ossessionato si avvicinasse troppo, mentre entrambi aspettavano l'arrivo della signora Park.



Un cameriere alto e snello si diresse verso la donna dai capelli neri, le toccò leggermente la spalla ossuta e le disse qualcosa all'orecchio, indicando successivamente una donna bellissima che si stava avvicinando a loro due.


《Signorina Manoban, la signora Park è appena arrivata. Porto i vostri ordini?》 domandò con voce pacata, la pelle scura del viso era messa in risalto dalla camicia bianca come la neve e la targhetta dorata sul petto. Dopo aver ricevuto risposta si girò di spalle dirigendosi a passo svelto verso le cucine, senza aver prima fatto un piccolo inchino davanti alle due donne.



《Così ora ti fai chiamare Mrs. Park?》 chiese la giovane donna ancora seduta, guardando la sua interlocutrice con occhi malinconici ma allo stesso tempo colmi di una certa gioia.



《L'ha richiesto mio marito》 rispose la signora sedendosi allo stesso tavolo. Aveva i capelli mori acconciati in uno chignon decorato da una molletta di perle, indossava una costosa giacca di velluto abbinata alla gonna nera e attillata, i lobi delle orecchie erano decorati da piccoli orecchini di diamanti. Poggiò l'ID card sul tavolo in legno e per un attimo si riucì a leggere la parola "CEO" scritta a caratteri cubitali sulla superficie lucida, accompagnata da una foto della stessa proprietaria. Sotto all'occupazione, in lettere minuscole era scritto il nome della donna insieme alla specificazione della carica da lei esercitata: Jennie Park - Chief Executive Officer.



《Quando ti sei sposata?》 domandò Lisa con occhi sgranati dalla sorpresa, erano passati diciassette anni dall'ultima volta che si erano viste, un'infinità di cose era cambiata. Non se la immaginava così, aveva letto le sue biografie scritte da non si sa chi su Internet ma pensava fosse solo una notizia falsa, per lei quella era sempre la Jennie Kim che aveva visto in adolescenza, con i capelli arruffati e le guance rosee. Ora invece era una donna adulta, fondatrice di un'azienda di elettronica piuttosto rinomata anche a livello internazionale e moglie di uno degli uomini più ricchi di Seoul.



《Anni fa, è stato un matrimonio combinato》 rispose Jennie picchiettando con le unghie sulla superficie dura del tavolo, ogni colpetto era accompagnato dal ticchettio dell'orologio sul suo polso, le cui lancette si spostavano lentamente scandendo il tempo.



《Si fanno ancora?》 le tremava la voce.



《Sì》



Certo che si facevano ancora, pensò Lisa dandosi della stupida per aver fatto una domanda tanto ridicola, i ricchi si inventano sempre certe idee bizzarre pur di mantenere i propri imperi.



La mora sospirò, portandosi una mano alle tempie. Era strano vedere Lisa in quello stato, soprattutto quando l'unico ricordo di lei impresso nella sua mente era la ragazzina forte che aveva conosciuto da adolescente, una fanciulla il cui animo era costantemente smosso da una passione micidiale ed il cui viso adesso ornava i cartelloni pubblicitaria sparsi per tutta la Corea. Le chiese se avesse ricevuto la sua email inviata giorni prima, Lisa annuì mostrandole la schermata del telefono acceso, sulla quale era aperta proprio la posta elettronica; poggiò le labbra sul bordo della tazza di tè che il cameriere le aveva portato ma si bruciò la lingua cercando di bere il liquido bollente. Si portò la mano alla bocca, imprecando nella mente.



《Ti ho visto in televisione ieri, è appena uscito l'ultimo drama che hai appena girato》 la informò rivolgendole quegli occhi che una volta avevano bruciato come fiamme infernali. Aveva guardato tutta la serie in una sola notte, focalizzandosi solo ed esclusivamente sulla figura di Lisa. 《Sicuramente anche quest'anno riceverai un award》



Lisa sorrise leggermente, si spostò dietro l'orecchio due ciocche di capelli dal viso. Il suo volto portava ancora i segni della sua giovinezza, la voce era ancora dolce e melodiosa come Jennie se la ricordava ma poteva perfettamente sentire la distanza tra loro. Se una volta erano state inseparabili, adesso si erano trasformate in semplici adulte bloccate a vivere una vita banale e ordinaria, abbellita solo da lustrini e luci scenografiche. La verità era questa infatti: ricoprivano cariche importanti e potevano anche essere gli idoli di qualche adolescente, eppure in realtà la loro vita non differiva molto da quella delle persone più comuni, eccetto forse l'attenzione che era quasi sempre rivolta verso di loro.



Il sole splendeva alto nel cielo, il canto degli uccellini risuonava nell'aria, accarezzando le orecchie dei passanti con dolci melodie, le aiuole erano decorate da fiori colorati.


Una coppia entrò nel locale e si sedette presso il bancone, lanciò un'occhiata fugace in direzione di Lisa quasi come se l'avessero riconosciuta, sussurrando qualcosa l'uno all'orecchio dell'altro.



Diciassette anni erano passati, diciassette anni di assoluto silenzio, nei quali Jennie aveva tagliato completamente qualsiasi contatto con Lisa come se il solo pensiero della ragazza potesse farle troppo male per continuare a vivere. Avrebbe voluto dirle che le dispiaceva, che le era mancata infinitamente in quel lungo periodo di nullità, che aveva pensato a lei ogni notte per mesi interi. Ma non parlò, se ne stette in silenzio tenendo tra le mani la tazza tiepida, sulla quale le unghie laccate di nero risaltavano sullo sfondo pallido. La cosa più difficile era stata fingere di star bene, anche se il cuore doleva ogni sera e la mente non riusciva a riflettere in modo chiaro, scossa dal costante ricordo della loro storia. In un primo momento tutto le ricordava Jennie: il soffitto increspato dell'appartamento, lo specchio sporco nel bagno azzurro, le lenzuola chiare dell'enorme letto matrimoniale, qualsiasi cosa la riportava indietro nel tempo, mostrandole ancora e ancora quei ricordi che tentava di dimenticare con tutto l'animo.



Il telefonò vibrò ma Lisa non rispose, la schermata si illuminò mostrando un nuovo messaggio appena arrivato e lei lo ignorò come aveva ignorato la chiamata insensata.


Rivolse distrattamente lo sguardo verso la strada fuori dalla finestra, osservando i passanti e i loro movimenti, i quali d'un tratto erano diventati estremamente interessanti. Picchiettò nervosamente l'unghia sul tavolo, le guance improvvisamente si strinsero di rosso e Lisa iniziò a sudare per l'agitazione; voleva dire qualcosa, qualche confessione importante che aveva nascosto a Jennie per anni interi, si stava preparando a parlare.



Jennie la guardava immobile, il tè verde era diventato tiepido e amaro. Allungò la mano verso il barattolo contenente i pacchettini di zucchero, ne aprì uno e per sbaglio fece cadere un paio di granelli bianchi sulla superficie fredda. Con la mano ornata dalla fede nuziale ripulì il pasticcio che aveva fatto.


Non amava suo marito e lui non amava lei, erano stati costretti a sposarsi ed entrambi erano consapevoli di non provare il minimo affetto nei confronti dell'altro. Pubblicamente erano una coppia felicemente insieme ma nel privato erano estranei viventi sotto lo stesso tetto, si tradivano a vicenda e lo sapevano.



Lisa si fece coraggio, raccolse tutte le forze che le erano rimaste e aprì la bocca per parlare. Le parole rimasero sospese nell'aria, staccandosi maldestramente dalle sue labbra; le guance diventarono rosse come il rossetto che Jennie portava in quel momento, i palmi delle mani erano umidi come se l'avessero immerse nell'acqua.



Possiamo forse ricominciare da capo?》 Chiese in un sussurro.


𝕴𝖓𝖘𝖎𝖊𝖒𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔 𝖎𝖑 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 || JenLisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora