Capitolo 11

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La porta socchiusa del bagno lasciava intravedere il bianco accecante della ceramica e il riflesso argenteo dello specchio; la luce giallognola che passava attraverso le veneziane creava minuscole linee sul morbido piumino rosa pastello della camera di Jennie.

Lisa dormiva pacificamente accanto a lei, distesa sul letto come una dea greca, in mezzo alle chiare lenzuola che aderivano il suo giovane corpo. La nuda pelle delle braccia splendeva sotto il chiarore della luna.

Il lettore ora si chiederà cosa ci facesse Lisa a casa di Jennie, dormiente e perdipiù indossando un vecchia camicia da notte della stessa padrona di casa. Ebbene, dopo l'incidente accaduto nel bagno scolastico, Jennie promise a se stessa che non avrebbe mai permesso alla giovane di tornare a casa da quel tiranno che la legge osa riconoscere come padre, dunque, prontamente le offrì di stabilirsi a casa sua per un periodo di tempo indeterminato: tale invito Lisa non riuscì a rifiutare.

Così ora Jennie si trovava distesa accanto all'amica, i capelli scuri sparsi sul cuscino e gli occhi arrossati dal sonno. Non aveva idea di che ora fosse, l'insonnia si era nuovamente impadronita del suo animo e nulla sembrava essere in grado di gettarla tra braccia di Morfeo.

Il respiro leggero di Lisa conferiva uno strano ritmo a quel tempo infinito e la sua fragile figura rendeva la situazione così irreale.

Riflettendo, l'occhio di Jennie cadde sul quadrante dell'orologio sul comodino e involontariamente la mora notò che erano le prime ore del mattino, ma del pacifico sonno nemmeno una flebile traccia.

Pochi conoscevano i suoi gravi problemi d'insonnia, la quale delle volte la sfiniva come la guerra sfinisce un soldato, ornando il suo viso di una così pesante stanchezza da costringere la stessa matrigna a lasciarla in pace.

Melanie non era affatto una brava persona, né lo sarebbe mai stata; la gelosia e l'invidia avevano distrutto ogni frammento di umanità presente nel suo corpo, lasciandola sola nel baratro dell'infamia; tuttavia delle volte riusciva a mostrare una sorta di filantropia e sensibilità che lasciava una certa perplessità sui visi di chi la conosceva bene, costringendoli a aggrottare le sopracciglia e cercare di comprendere se esistesse sincerità nelle sue azioni.

Una mossa improvvisa di Lisa destò Jennie dai propri pensieri e la mora si girò su un fianco per poter osservare l'amica da vicino. Per quanto cercasse di nasconderlo e per quanto tentasse di convincere se stessa, Jennie non poteva di certo negare di non possedere una qualche scintilla negli occhi ogni volta che guardava Lisa. Posava gli occhi su di lei e la osservava come la disgrazia guarda gli orfani, come la tempesta scruta l'infelice navigatore e  la passione ammira l'innocenza; allungava la mano per accarezzare i suoi capelli morbidi come la seta, ritraendola immediatamente al minimo movimento della dormiente; sfiorava le sue guance con la stessa prudenza di quando si tocca un calice di cristallo, nel misero tentativo di poter lavare via il dolore e eliminare qualsiasi traccia di angoscia.

Voltò lo sguardo al soffitto, fissando ogni dettaglio e imperfezione presente sulla superficie, e sospirò rumorosamente davanti ai propri fallimenti.
Non ricordava per certo quando per la prima volta riscontrò il problema del sonno. Era qualcosa che comparve in lei misteriosamente, facendole pensare all'inizio che fosse colpa della caffeina o della fame. Ma per troppo tempo l'insonnia l'aveva tormentata e oramai non poteva più pensare che la causa fosse qualche agente esterno. Sentiva le palpebre farsi pesanti e la stanchezza torturarla senza pietà, mentre il corpo implorava misericordia e compassione, pregandolola di consentire alla carne e alla mente un po' di riposo.

Pensieri terrificanti si impadronivano di lei in notti come quella, visioni che cercava di scacciare e dimenticare. E se anche le fosse stata concessa qualche ora di sonno, per certo quel sonno sarebbe stato pieno di turbamenti e incubi raccapriccianti, facendole pensare delle volte che fosse meglio rimanere sveglia piuttosto che cadere in un abisso di orrore. Mesi prima uno psicologo di considerevole bravura le prescrisse degli antidepressivi, affermando che avesse qualche forma di disturbo di cui non ricordava bene il nome, un certo disturbo depressivo ricorrente, ma dopo qualche settimana smise di assumerle.

𝕴𝖓𝖘𝖎𝖊𝖒𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔 𝖎𝖑 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 || JenLisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora