I tuoi bisogni

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Si volta nel letto. Non trova una posizione comoda, sente il corpo troppo rilassato, pensa di aver dormito abbastanza. Butta, istintivamente, un braccio verso il basso, per toccare la mano della riccia, come ogni mattina.

Ma l'unica cosa che trova è una battutina e una presa per il culo.
«Rubia se me la vuoi leccare basta dirlo» esclama Goya, afferrandole la mano prepotentemente. Mano che la bionda ritira subito, svegliandosi completamente. Sempre più infastidita.
Si era totalmente scordata del cambio di cella.

Si mette seduta sul letto e butta uno sguardo sulle due donne davanti a lei. Saray è ancora con la testa sotto al cuscino e Zulema è già in piedi che si passa una mano nei capelli, davanti allo specchio.
È così sensuale, chissà se lo sa. Chissà se si sente osservata, ma probabilmente si, perché adora essere guardata e sa di essere fottutamente bellissima.

«Regola numero uno: non si parla di mattina, fate svegliare Saray male e a me fate solo infastidire. Non vorreste trovarmi legate la mattina seguente, vero?» chiede l'araba, con tutta la tranquillità del mondo, senza distogliere lo sguardo da se stessa.

La sua voce di mattina è più rauca e più profonda, forse anche lei ha dormito bene. Non ha un minimo segno di occhiaie sul viso e sembra in ottima forma, oppure è soltanto la mente di Macarena, che ormai in qualunque forma stia, la vede perfetta.

C'è questa inspiegabile tensione sessuale tra loro, anzi tra Macarena e basta, perché la mora non sembra interessata. È assorta tutta nel suo mondo, chissà a cosa pensa tutto il giorno.. sicuramente non arcobaleni e fiori colorati. Nasconde qualcosa, qualcosa di grande.

Poggia il pettine nero sul tavolino ed esce dalla cella, senza guardare in faccia nessuno e senza dire nulla, se non un flebile "Saray", con l'intendo di svegliarla.

Che poi sotto sotto è un gesto quasi carino, in fondo non vorrebbe che la sua unica amica finisse in isolamento per non essersi svegliata e questo la rende un pochino più dolce.

Macarena, senza la sua presenza, riesce a connettere qualcosa. Si infila la felpa in fretta e furia e corre in mensa, per cercare la riccia e Teresa e spiegare loro la situazione.

«Pensavamo ti avessero cambiato braccio, cazzo che paura» mormora la riccia, afferrandole la mano per poi lasciarle un bacio sopra.

«Come ti trovi con quelle tre? Dev'essere terribile» aggiunge Tere.

«Ormai non mi spaventano più come una volta..» sussurra più a se stessa che alle due donne, sedute accanto a lei.
Incredibile come gli anni abbiano cambiato tutto, anche le cose che si pensava non sarebbero cambiate mai.

«Amore, ti va se andiamo a vedere quali attività hanno messo? Così magari ci iscriviamo insieme» Chiede entusiasta Kabila alla ragazza, che annuisce, forse non troppo convinta. Si, ci vorrebbe qualcosa di movimentato in carcere ma non crede abbiano aggiunto qualcosa che vada oltre la cucina, la pulizia dei bagni e l'ora extra in palestra.

Ma si alzano dal tavolo ugualmente come una brava coppietta, e si dirigono verso la stanza, proprio accanto all'ufficio del direttore. C'è anche la fila.. che roba, improvvisamente hanno tutte voglia di lavorare?

—-

«Rubia» sussurra una voce, proprio sul suo collo, vicino l'orecchio. Macarena sobbalza e girandosi trova l'araba. Anche se non aveva bisogno di vederla per capire chi fosse... il profumo e la voce li ha percepiti subito, come un radar.

Si capisce benissimo che Zulema non è qui, in biblioteca, per leggere un libro, infatti ne afferra uno a caso, alla sua destra, e inizia a sfogliarlo.

«Allora, cosa scegli?» chiede quest'ultima. Buttando un occhio sul foglio che tiene in mano la bionda, con la lista dei vari lavori. È certo che la risposta non le interessi, ma voglia arrivare a qualcosa.

«Zulema che vuoi?» domanda piccata. Poggiando il foglio sul tavolo, ora dandole la completa attenzione.

«Sono qui per soddisfare i tuoi bisogni!» risponde, come se fosse ovvio. Posa anche lei il libro e lo spinge via, sul tavolo.

Quali bisogni? È fastidioso come in quello che dice non si capisce mai cosa vuole intendere.

«Oppure i tuoi?» Ma rimane al suo gioco, assottiglia gli occhi e si avvicina, presa da uno scatto di rabbia. Incredibile come la mora crede che possa comandarla a bacchetta, ma ora lo vedrà meglio, che non può proprio, non più almeno.

«Non credo che questo... soddisfi me» mormora, avvicinandosi con la sedia e con un gesto veloce, slaccia i pantaloni della tuta di Maca e fa subito scorrere una mano all'interno.
Con le dita scende a toccare i lembi degli slip e la ragazza sospira pesantemente, guardandola male.

«Non fare questa faccia, so che ti piace» ridacchia divertita Zulema.

«Mi spieghi che cosa vuoi da me?» sussurra Maca, visibilmente in difficoltà, con le dita della mora ora sul suo clitoride, ancora una volta, come pochi giorni fa, in bagno.

«Puro divertimento» sorride, come se fosse normale. E la bionda non si offende, immaginarsi l'araba nuda è puro divertimento. Anche immaginare un loro rapporto sessuale è puro divertimento, quindi di certo non si aspettava da lei quale sentimento. Vuole solo giocare, come al solito.

«Il divertimento va guadagnato, no?» Le afferra il polso, trascinandolo via da sotto i suoi indumenti, per poi poggiarlo sul tavolo.

Ora sorride la bionda, da vera stronza. Provocando la risata di Zulema, che poggia la schiena alla sedia e allunga le gambe sul corpo della ragazza, che continua a guardarla.

È divertita dalla situazione, si mette un dito in bocca, proprio quel dito che aveva tra le gambe della bionda e lo succhia, inclinando il collo a destra.

Macarena davanti a lei, crede di avere i primi segni di cedimento, ma non può, non ora che è riuscita a far stare zitta Zulema Zahir. Decide di cambiare discorso, anche se nella sua testa continuano ad accavallarsi i suoi stessi film mentali. La verità è che non fa del sesso vero da così tanto tempo che vorrebbe essere sbattuta sul tavolo della biblioteca, con la paura di essere scoperta e quegli occhi verdi che la guardano mentre muove la sua lingua agile.

«Hai scoperto qualcosa su Lidia?» chiede, schiarendosi la voce, e accavallando le gambe, più eccitata di prima.

«Ti ho già detto di si» afferma Zulema, addrizzando la schiena e sedendosi in modo composto, ora.

«Vuoi rendermene partecipe o cosa?» domanda ancora, per incitarla a parlare.

«Rubia, meglio di no fidati. È qualcosa di troppo grande per te» afferma la mora, fuggente.
Lo sapeva che stava nascondendo qualcosa di grande, e questo è preoccupante. Soprattutto il tono che ha usato per dirlo, come se fosse infastidita.

Non è dettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora