Camminare fino a casa dalla fermata del pullman, con quell'aria fresca e tagliente sulle guance, gli aveva fatto bene.
Nelson aveva insistito per riportarlo a casa in auto, ma Cesare non aveva voluto. Non voleva rovinargli la serata. A lui aveva detto che aveva bisogno di stare un po' da solo, di schiarirsi i pensieri, di placare la burrasca di sensazioni terribilmente angoscianti che aveva dentro in quel momento. Il che non era poi una bugia.
Quando aprì la porta di casa, cercando di fare meno rumore possibile, una fetta di luce che si ingrandiva piano piano sulla sua faccia lo colse di sorpresa.
Era da poco scattata la mezzanotte, ma avrebbe messo la mano sul fuoco che i suoi si fossero messi a letto già da un pezzo.
E invece, uno di loro era sveglio.
Cesare sospirò, chiudendosi alle spalle la porta. Non aveva voglia di dare spiegazioni sul perché fosse tornato già a casa. Non aveva pensato a una scusa da rifilare.
Perciò cercò di sgattaiolare subito in camera, ma appena passò davanti alla porta aperta della cucina, la voce di sua madre lo chiamò.
“Cesare? Come mai sei già a casa?” gli chiese, stringendosi nella vestaglia grigio scuro. “È successo qualcosa?”
Cesare la guardò fisso negli occhi, fermo nell'indecisione di mentire o di dire che non aveva voglia di parlarne.
Sua madre fu più veloce di lui. “È Nicolas?”
Cesare spalancò gli occhi sorpreso dalla sua consapevolezza con cui lo disse. Anche la bocca cadde aperta, dopo un breve sospiro la richiuse e calò lo sguardo sulle proprie mani, che stringevano le chiavi di casa.
“Come lo sai?” le chiese, mentre lei portava un braccio intorno alle sue spalle e lo accompagnava in cucina, dove avrebbero potuto parlare con più tranquillità.
Socchiuse la porta, prima di sedersi accanto a lui a tavola. “Ti ho messo al mondo io, non puoi nascondermi certe cose. Ho visto come lo guardi. E so che c'è qualcosa fra di voi.”
Cesare abbassò lo sguardo con un sorriso amaro. “È una cosa unilaterale, purtroppo.”
“Ne sei sicuro?” chiese lei, che sembrava non credere a quelle parole.
“Se chiudere con me per uscire con un altro significa qualcosa... direi proprio di sì” disse lui, sentendo una stretta al petto solo a ripensarci.
Sua madre posò la mano sopra la sua, ferma sul tavolo. Non la strinse, ma gli fece comunque bene.
“Lui lo sa” aggiunse Cesare allora, tenendo gli occhi bassi.
Lei alzò le sopracciglia, sorpresa. “Davvero? Glielo hai detto?”
“Sì... stasera non ce l’ho fatta a trattenermi...”
“E lui? Come l’ha presa? Che ha detto?” cercò lo sguardo del figlio la donna seduta proprio di fronte.
Cesare sospirò, fece fatica ad incontrare gli occhi di sua madre. “Non lo so. Non se lo aspettava, questo è certo” cominciò. “In realtà non è che abbia avuto tutto questo tempo per-”
La vibrazione del telefono lo interruppe. Cesare lo tirò fuori dalla tasca. Nicolas lampeggiava sullo schermo. Rifiutò la chiamata e lasciò scivolare di nuovo il telefono in tasca.
Sua madre non mancò di notarlo, però. “Non rispondi?”
“Non mi va di sentirlo. Per telefono, poi” Cesare ne aveva incassate troppe quella sera.
A giudicare dalla smorfia poco convinta di sua madre, lei aveva qualcosa da ridire. Qualcosa che lui cercò abilmente di schivare.
“Anzi, io è meglio se mi vado a lavare, ho bisogno di mettermi a letto e staccare un po’ la testa.”
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arsenico // cesolas
FanfictionStoria in cui Nicolas e Cesare sono amici con benefici e poi, a un certo punto, non più. [ COMPLETA ] p.s. se siete gli Space Valley e siete in cerca di storie per il salotto #2 sulle fanfiction..... per favore, cambiate fanfiction lol