Epilogo.

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Quando il cellulare cominciò a vibrare sul comodino, Cesare spalancò gli occhi senza fare troppa fatica. Era la sveglia. La disattivò velocemente, per non disturbare il sonno di Nicolas al suo fianco.

Non sentiva addosso la stanchezza fisica, malgrado non avesse dormito molto, e questo essere così sveglio appena aperto gli occhi solitamente era dovuto ad una cosa: la contentezza.

Cesare si passò per abitudine una mano sugli occhi, poi posò questi ultimi sul viso sereno di Nicolas, appoggiato sul cuscino. Lo guardava e percepiva una tenerezza nuova. Gli era mancato così tanto, e adesso lui era proprio lì.

Si mise steso sulla schiena, piegò un braccio sotto la testa e levò lo sguardo al soffitto ancora buio, le mattine autunnali schiarivano tardi, anche il sole diventava pigro a novembre.

Nel petto si era formata presto una nuova sensazione, che stava spingendo da parte quella contentezza. Era paura, paura che qualcosa all’improvviso si rompesse. Era come se la sua testa non ne volesse sapere di fermarsi, di accettare che le cose fossero finalmente al loro posto.

Il fatto era che Nicolas contava davvero troppo, per potersi arrendere al fatto che anche Nicolas provasse qualcosa per lui. Non riusciva ancora a crederci.

Poi però piegò su di un lato la testa, gli bastò guardarlo in viso e ricordare le sue parole della sera prima, per potersi convincere che forse quello era davvero l’inizio che aspettava da tanto.

Le otto e mezza erano passate da un pezzo, se volevano arrivare in orario in studio era il caso che si alzassero. Ma Cesare non se la sentì di svegliare subito Nicolas, perciò decise che lo avrebbe lasciato a letto ancora un po’ e lo avrebbe svegliato dopo aver preparato la colazione.

In casa regnava ancora il silenzio quando Cesare aprì la porta della camera. La richiuse con cautela alle proprie spalle, e dopo una veloce tappa al bagno si diresse in cucina.

Preparò la macchinetta del caffè e la mise sul fornello acceso, poi aprì la dispensa e si fermò a contemplare il suo interno semivuoto. Pacchetti di biscotti lasciati a metà, brioches integrali salate, barrette integrali, fette biscottate. Però Cesare aveva un asso nella manica: un pacchetto di Nutella Biscuits nascosto dentro ad una scatola di cornflakes che a nessuno piacevano. Lo aveva preso per Nicolas settimane prima ed era rimasto lì. Solo per sicurezza.

Era il momento di tirarli fuori. Insieme ad essi prese anche le fette biscottate per sé, quelle le avrebbe mangiate con un po’ di burro e marmellata di albicocche.

Ne stava preparando qualcuna in un piattino, quando sentì un rumore di pantofole che si trascinavano sul pavimento. Non ebbe bisogno di alzare gli occhi per capire che si trattava di sua mamma.

“E quelli da dove saltano fuori?” domandò lei, con la voce ancora assonnata.

“Buongiorno anche a te mamma, io ho dormito bene, grazie per averlo chiesto, e tu?” la prese in giro Cesare, per poi afferrare il pacchetto di biscotti su cui sua madre aveva già allungato la mano.

“Sei già su di giri e non hai ancora bevuto il caffè” constatò lei, indagatrice come al solito, mentre andava a spegnere il gas sotto la macchinetta che aveva iniziato a borbottare. “Cosa mi sono persa?”

Cesare ripulì fra le labbra il dito sporco di marmellata, poi anche con un tovagliolo. “Niente, sono solo di buonumore.”

A lei bastò lanciargli di sfuggita un’occhiata per dirgli che non se la beveva.

“Che è successo ieri sera, al compleanno?” domandò, versando il caffè in due tazzine. Le portò a tavola, insieme al barattolo dello zucchero su cui era dipinto a mano un girasole.

arsenico // cesolasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora