Capitolo 27:Asher

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<<Aline, non c'è bisogno>> disse mia madre rivolgendosi ad Aline, che con il volto pallido stava allìimpiedi tra me e Aisha.

Era bianca come il latte e sembrava talmente sconvolta da farci temere che potesse crollare sul pavimento da un secondo all'altro.

<<Si invece, è tutta colpa mia!>>

<<Smettila>> sbottai <<non c'entri nulla tu, sei solo stata tirata ingiustamente in mezzo.>>

<<Ilenya, la prego>> Aline si soffermò con lo sguardo su mia mamma e lei sospirò prima di annuire.

<<Bhe, se te la senti... per me va bene.>>

Alline annuì e si alloantanò dalla mia presa prima di entrare.

<<Sa badare a se stessa>> sussurrò Aisha vicino al mio orecchio.

Che era in grado di badare a se stessa ne ero certo; ma non ero certo che si preoccupasse di farlo.

Tuttavia,chi ero io per sancire cosa dovesse o non dovesse fare? Era lei a dover scegliere cosa si sentiva di fare e cosa no.

Da quando entrò, non smisi nemmeno un istante di misurare a grandi passi il corridoio mentre con i denti torturavo il mio labbro inferiore; smisi di fare tutto quello che stavo facendo solo nel momento in cui lei finalmente uscì con lo sguardo fissso sul pavimento.

Appena chiuse la porta dell'aula del tribunale alle sue spalle, chiamai il suo nome e alzò lo sguardo su di me, appena incrociai il suo sguardo notai subito le gocce perlacee che rendevano i suoi occhi lucidi, lucidi in modo innaturale.

<<Tutto bene?>> domandò Aisha prima che potessi farlo io, Aline annuì nello stesso istante in cui le gambe la fecero crollare sul pavimento.

<<Sto bene>> sussurrò, quando il flebile suono della sua voce raggiunse le mie orecchie, sentii il mondo crollarmi in testa.

Avrei voluto stringerla a me e dirle che andava tutto bene, ma invece, mi venne in mente un altro volto... Eloise, la sua fragilità.

Avrei così tanto voluto sapere come stava, e se anche lei in quel momento stava proprio come Aline?

A pezzi.

Improvvisamente fui invaso dal desiderio di prendere il primo aereo per Parigi e raggiungerla, per controllare di persona che stesse bene, poi la flebile voce di Aline mi riportò al presente.

<<Ha... ha funzionato>>

Aisha la strinse a se per consolarla impedendole di continuare a parlare.

<<Andiamo via, ragazze>> sussurrai rendendomi conto che non era il posto migliore in cui stare <<andiamo a casa mia>>

Stranamente nessuna delle due obiettò, anzi, annuirono e mi seguirono in macchina.

Per tutto il tempo però non riuscivo a togliermi dalla mente un nome, una persona, quella che per diciotto anni non ero riuscito a togliermi dalla mente nemmeno per cinque secondi e probbailmente mai ci sarei riuscito... Eloise.

Come se il destino, tanto per cambiare, avesse voluto predersi gioco di me, mentre in saloto con metà del mio cervello cercavo di tranquillizare Aline, con una tazza di tè, el'altra metà del mio cervello era a Parigi.

Fece il suo ingresso nella stanza la copia di Eloise, era inutile che cercassi in tutti i modi di ricordare il suo nome, alla fine per istinto la chiamavo sempre Eloise.

Arrivò con Ashley, Cedric e Nathan; ma, dovetti ammettere di essere contento che non fosse la mia Eloise per come era conciata.

Male, molto male, non tanto il suo aspetto fisico quanto l'espressione del volto lasciava intendere.

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