1. apartment no. 186

1.9K 70 2
                                    

Jimin's pov

Mi svegliai felice, spegnendo la sveglia posta sul mio comodino.

Oggi è il grande giorno.

Mi stiracchiai portando le braccia in alto, arricciando il naso. Non vedevo l'ora.

Sarebbe stato il giorno in cui io, Park Jimin, avrei finalmente traslocato nel mio nuovo appartamento. Avrei iniziato l'università la settimana successiva ed ero entusiasta di mettere già tutti gli scatoloni a posto e farmi nuovi amici. L'appartamento che mi aveva affittato mia madre, mi aveva detto, era abbastanza grande per una persona, aveva due camere da letto, un bagno, un salotto e una cucina. Era probabilmente più di quello di cui avessi bisogno ma non rifiutavo di certo dello spazio in più.

<<Tesoro, appena hai fatto scendi, ti ho preparato la colazione>>, urlò mia madre dalla cucina.

<<Arrivo>>, le urlai di rimando. Con un sorriso a trentadue denti aprii l'armadio per prendere qualcosa da mettermi, optai per uno skinny jeans chiaro e un maglioncino bianco abbastanza largo da coprirmi i polsi e anche parte delle mani.

Dopo essermi cambiato scesi velocemente le scale, quasi spaccandomi la faccia sull'ultimo gradino. Mi rialzai come niente fosse e continuai sulla mia strada verso la cucina, già pregustando la mia colazione solo dal profumino che fuoriusciva dalla stanza ormai non molto lontana. Varcata la soglia il mio sorriso felice si allargò ancora di più, nello scoprire la colazione preparata da mia madre: pancakes. Io amavo i pancakes, soffici e inzuppati di nutella...

Mi fiondai sullo sgabello dietro il bancone, appoggiandoci sopra le mani e poi il mento, facendo gli occhi dolci a mia madre che stava mettendo i pancakes nel mio piatto. Mi guardò come a dire: "Vanno bene così?", al che oltre agli occhi da cucciolo sporsi anche il labbro, cercando di impietosirla. Sbuffò divertita aggiungendone altri due e mi passò il piatto, sorrisi vittorioso e iniziai a mangiare con gusto la mia colazione.

<<Allora, oggi è il grande giorno, sei nervoso?>>, si sedette accanto a me sorseggiando il suo caffè tra un boccone e l'altro. <<Più che nervoso sono emozionato, certo non ti vedrò così spesso come ora ma è una nuova esperienza no? Farò amicizia con nuove persone e capirò come si vive per conto proprio>>, sprizzavo energia da tutti i pori all'idea, ero sempre stato un tipo un po' timido ma socievole, per cui l'idea di iniziare il College mi emozionava in un certo senso. In più i miei voti erano sempre alti, ero un tipo studioso, sapevo esattamente come comportarmi.

<<Sono felice che la pensi così, tesoro. Semmai dovessi sentirti solo o volessi semplicemente scambiare due parole con la tua mamma puoi chiamarmi, intesi? E ricordati, il venerdì è d'obbligo, voglio notizie del mio bambino, va bene?>>, annuii divertito, al che mi accarezzò la testa con affetto.

<<Allora, se siamo pronti, iniziamo a portare le valige e gli scatoloni in macchina, che ne dici?>>, si alzò, mettendo i nostri piatti in lavastoviglie.

<<Uh, si>>, scesi dallo sgabello e mi incamminai verso la mia stanza per prendere le valigie. Una volta finito di mettere la roba in macchina presi posto sul sedile, accanto al guidatore.

Fu un viaggio abbastanza tranquillo, ci volevano un paio di ore abbondanti per arrivare al college e chissà quanto altro tempo per arrivare al mio appartamento, fuori sede. Il college era piuttosto distante da dove normalmente vivevamo io e mia madre, ma lei voleva che io avessi il meglio per i miei studi e di sicuro aveva preso quell'appartamento per non costringermi a sopportare la lontananza dell'università tutti i giorni.

Riuscivo a scorgere gli alti edifici, attraverso il vetro del finestrino, diventare ombre sfuocate e sparire dietro alla macchina, come risucchiati da un'entità invisibile. A un certo punto del viaggio mi addormentai, non sapevo esattamente per quanto avessi dormito, ma ricordo che mia madre mi svegliò, muovendomi leggermente la spalla.

<<Tesoro, siamo arrivati, sveglia>>, disse a voce bassa, per non urtare il mio risveglio, ma abbastanza alta per essere sentita. Aprii gli occhi ancora leggermente assonnato e poi guardai fuori dal finestrino. Davanti a me si innalzava un edificio dal colore freddo ma esteticamente era abbastanza moderno, non mi aspettavo certo una villa, era già tanto che mia madre avesse speso così tanto per potermi permettere un'istruzione elevata. Entrammo nell'edificio e salimmo le scale fino al piano dell'abitazione.

Mia madre si girò verso di me, passandomi le chiavi. <Allora, dovrebbe essere l'appartamento numero 186>>. Mi incitò ad aprire la porta, mi mossi lentamente, gustandomi ogni attimo, e girai la chiave nella toppa. Spalancai la porta e rimasi sorpreso dalla bellezza dell'appartamento... quanti soldi aveva speso quella pazza di mia madre per me?

<<Mamma, è bellissimo, grazie>>, corsi ad abbracciarla con le lacrime agli occhi. Mi lisciò i capelli, stringendomi forte. <<Oh tesoro mio, sono felice che ti piaccia, ma non ti preoccupare, per fortuna l'affittuario mi ha fatto un buon prezzo, non avrei mai pensato che un appartamento così bello costasse così poco>>, si staccò dall'abbraccio, asciugandomi le lacrime.

Iniziammo a darci da fare e a portare dentro gli scatoloni, svuotandoli e mettendo al proprio posto i vari oggetti. Era arrivato il momento di salutarsi e già mi si stringeva il cuore a dover lasciare andare la mia mamma, ero sempre stato una persona estremamente emotiva e odiavo gli adii. La abbracciai stretta, poggiando il mento sulla sua spalla.

<<Ci sentiamo per telefono va bene? Sono sicura che ti farai subito degli amici all'università, ti ambienterai in fretta vedrai>>, si allontanò di poco per posarmi un bacio tra i capelli.

Quando uscì dalla porta sentii un vuoto intorno a me e il vento gelido della sua assenza farmi arricciare la pelle. Decisi di andare a farmi un bagno caldo, per cercare di sentire più familiare la casa. Entrai in bagno e iniziai a riempire la vasca di acqua calda per poi iniziare a spogliarmi. Buttai nell'acqua qualsiasi tipo di sapone avessi a portata di mano per creare una montagna di bolle, quando fui soddisfatto del risultato mi immersi in quella soffice nuvola. Mi stavo godendo il mio relax quando al'improvviso la porta si spalancò, sbattendo violentemente contro il muro, facendomi prendere un infarto. Una figura abbastanza alta entrò come se nulla fosse e stava per sfilarsi la maglia quando posò gli occhi su di me attraverso lo specchio. Si girò stupido e un po' irritato, squadrandomi per quel che poteva dato che ero quasi sotterrato dalle bolle di sapone.

<<E tu chi cazzo sei? Che ci fai in casa mia?>>, la sua voce tuonò ferma. Non mi piaceva il suo tono, alla fine era lui che si trovava in casa mia.

<<Chi sono io? Chi sei tu? Fino a prova contraria questo è il mio appartamento e l'intruso sei tu>>, dissi cercando di essere il più minaccioso possibile ma la situazione non era a mio favore evidentemente.

Il tizio, che nel frattempo avevo constatato essere incredibilmente bello, si avvicinò silenziosamente. D'istinto mi coprii, anche se, con tutte quelle bolle, probabilmente non avrebbe visto nulla comunque. Si fermò a un passo da me e avvicinò una mano al mio viso, rimasi fermo non sapendo che fare ma continuai a tenere sott'occhio i suoi movimenti. Poggiò un dito sotto il mio mento e con un gesto secco lo strusciò sulla pelle. Mi accorsi solo in quel momento che sul suo dito c'era una montagnetta di schiuma e che molto probabilmente, fino a un minuto prima, somigliavo a un cretino con la barba di bolle di sapone.

Ci credo che non mi prende sul serio, sarò sembrato un coglione, mio dio che figura di merda.

Un sorrisino divertito gli increspò le labbra ma tornò subito serio.

<<Buttati qualcosa addosso e vieni in salone, dobbiamo parlare di questa faccenda>>, detto questo uscì dal bagno, sbattendo la porta alle sue spalle.

Cosa cazzo è appena successo?

Uscii dalla vasca velocemente e iniziai ad asciugarmi. Cosa avevo capito della situazione: un estraneo indubbiamente sexy era entrato nel mio bagno mentre ero totalmente nudo e continuava a dire che era il suo appartamento.

Dovevo capire di più sulla questione. Mi infilai dei jeans stretti e una maglietta e uscii dalla stanza.

ʜʏᴜɴɢɪᴇ; ᴊɪᴋᴏᴏᴋDove le storie prendono vita. Scoprilo ora