Resto ferma nella mia auto non so per quanto tempo, con le mani inchiodate al volante ed il mio sguardo perso in un punto fisso della strada che si staglia davanti ai miei occhi.
Una paralisi sembra aver colpito ogni fibra muscolare del mio corpo e anche la mia testa è come svuotata da ogni tipo di pensiero.Mi sento come se la mia intera vita dipendesse esclusivamente da questo momento.
Solo quando delle voci provenienti dall'esterno iniziano ad allarmarsi, mi ridesto dal momentaneo stato di shock e mi dico che, piuttosto che restarmene impalata ad aspettare la soluzione, devo agire.
Dal marciapiede alla mia destra, un gruppo di persone gridano qualcosa nella mia direzione ma io non capisco nulla, penso solo che al mio posto loro avrebbero fatto lo stesso.Dannazione, non so cosa fare.
Guardo quella figura distesa a pochi centimetri dal paraurti dello scassone di mio padre, scuoto la testa e chiudo gli occhi sperando sia solo un incubo, ma quando li riapro lui o lei è ancora lì, immobile.
Allora prima che possa essere troppo tardi, scatto fuori dal vecchio rottame di mio padre e raggiungo veloce la vittima: non riesco ad identificare molto, se non che dalla corporatura sembra essere un uomo. Per fortuna indossa un casco integrale che gli copre completamente il viso, il che spero sia stato un bene.
In questi casi è inevitabile sentire il cuore scalpitare contro la gabbia toracica ad ogni passo che faccio, perché temo le conseguenze di quella che è stata una stupida distrazione, e ho paura.
Mi ci vedo già rinchiusa in una piccola cella a mangiare solo pane per il resto della mia vita, penso.
Mi separano pochi passi dalla persona che ho messo sotto, e il fatto che non si muove non mi rassicura per niente. Rimango immobile almeno un paio di minuti a fissare quella sagoma proprio come se fossi in uno di quei negozi di antiquariato ad osservare la nuova collezione e ci fosse un cartellino con su scritto "non toccare".
Non so cosa si fa in questi casi. Certo, non capita tutti i giorni di investire qualcuno.
Devo chiamare la polizia? I suoi parenti? Le pompe funebri? Dio, sono confusa.
Ma la parte ancora cosciente di me, mi suggerisce che forse chi devo chiamare immediatamente sono i soccorsi. Sfilo il cellulare dalla borsa a tracolla, compongo il numero e trepidamente, aspetto che qualcuno mi risponda. Poi accade contro ogni aspettativa: l'infortunato inizia a muovere gli arti superiori e questo mi fa immediatamente riprendere fiato. Attacco subito la chiamata e mi precipito finalmente ai suoi piedi.
Perché ci ha messo così tanto a resuscitare?
Con qualche difficoltà, l'uomo poggia i gomiti sull'asfalto e si dà una leggera spinta.
«S-sei vivo?»
Non dice nulla. Riesco solo a sentire qualche gemito provenire da sotto il casco, segno che probabilmente sente dolore da qualche parte.
Voglio accertarmi che la botta non gli abbia provocato qualche danno, quindi mi piego sulle gambe e provo ad interagire con lui.«Mio Dio, m-mi dispiace, non volevo. Come si sente? È ferito? Riesce a sentirmi?», chiedo preoccupata.
Controllo che non ci sia del sangue sull'asfalto, ma esito nel toccarlo, è completamente coperto dai suoi indumenti e non riuscirei a trovare facilmente ferite o tagli senza peggiorare la situazione.
Neanche questa volta ricevo una risposta. Nonostante sia accanto a lui, non osa guardarmi neanche un secondo, piuttosto si sforza di mettersi in piedi, ma forse un giramento di testa lo blocca.
Cosicché, nel frattempo, provvede ad allentare il cinturino che ancora il casco alla testa e con estrema lentezza inizia a liberarsene, ma prima che possa toglierlo del tutto, afferro un polso e lo blocco.
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Tutta colpa delle Favole.
RomanceAmanda Torres Hernandez ha sempre desiderato il matrimonio da favola, il principe azzurro ed un abito scintillante proprio come quello che ha visto sulla famosa rivista Vogue. Quando incontra Axel, crede di poter finalmente coronare il grande sogno...