14. Resta ancora un po'

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Dovevo immaginarlo che dando conto ad una come lei, avrei soltanto perso il mio tempo prezioso, quando invece ho un mucchio di lavoro da sbrigare.

Mi sono allontanato da dieci minuti e spero che sia stata in grado di sopportare un po' di solitudine e che non le sia venuto in mente di andare a curiosare in giro.

Non sopporterei che invadesse così tanto i nostri spazi.

Però non mi stupirei se ciò accadesse. È una ragazza che non conosce le buone maniere, così scomposta e poco responsabile. Lo penso dalla prima volta che l'ho vista, altrimenti il nostro incontro sarebbe stato decisamente molto diverso.

Se non fosse stato per quel piacere che dovevo rendere a mio fratello, non avrei accettato neppure sotto tortura di andare a prendere Amanda. Ho anche dovuto attendere quando sono arrivato da lei, e questo è davvero ingiustificabile.

Quando mi accorgo di stare rimuginando troppo sulla cosa, schiodo i piedi da terra e torno dentro, entrando dalla porta sul retro. Raggiungo velocemente la cucina, dove spero di trovarla ancora lì, buona e paziente, anche se sono quasi certo che non sappia neppure il significato dei due termini. Come immaginavo — anzi, come temevo — però, lei è sparita.

«Ecco perché non posso fidarmi di te», do voce ai miei pensieri, emettendo uno sbuffo sonoro.

Non oso immaginare fin dove l'abbia spinta la sua curiosità.

Magari le è scappata la pipì e starà cercando un bagno. Il problema è che non gliel'ho indicato e così finirà per cercare ovunque.

Spazientito, decido di iniziare la ricerca e, quando l'avrò trovata, le spiegherò le regole di questa casa. Valgono anche per lei. Nonostante sia l'amica di mio fratello, per me è solo un'ospite qualunque e, soprattutto, indesiderata.

Spero solo non sia al piano di sopra, ma per saperlo devo raggiungerlo. Metto un piede sul primo gradino delle scale ma sono costretto a fermarmi quando una musica, quella musica mi giunge alle orecchie con una prepotenza inaudita. È bella, ma è lei che la suona divinamente, eppure mi fa così male udirla.

Non sento solo le note che si susseguono una dopo l'altra come una ninna nanna, percepisco anche tanta fragilità e un dolore recondito.

Resterei ad ammirarla per tutto il giorno mentre suona quel dannato pianoforte, perché ha un talento innato, non posso negarlo. Ma quando la musica si interrompe per poi riprendere solo dopo qualche secondo, vorrei che smettesse definitivamente perché mi riporta indietro nel tempo. Questa volta però mi accorgo del fatto che, per la prima volta, ha saltato alcune note e ne ha sbagliate circa un paio.

Per un istante dimentico il vero motivo per il quale stavo andando di sopra e mi lascio trasportare dal suono soave che sembra dare vita ad ogni oggetto inanimato di questa casa. I miei piedi si muovono da soli, conoscendo a memoria il percorso, ma si arrestano non appena incontrano un ostacolo.

Amanda.

Ecco dove era finita. Dovrei essere arrabbiato con lei per avermi disobbedito, ma quando sto per comunicarglielo mi accorgo del tremore che pervade le dita della sua esile mano. Mentre mi da le spalle, appoggiata allo stipite della porta, mi sembra come paralizzata.

La musica, sembra averla fatto. Proprio come un incantesimo, una ipnosi. Mi sistemo contro la parete dietro di me, e resto a guardarla per una manciata di secondi, forse qualche minuto.

Non posso essere arrabbiato con lei se anche io ho fatto lo stesso per tutti questi anni. L'ho spiata, l'ho ascoltata per ore...senza mai entrare in quella stanza per invitarla a non smettere mai più.

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