quarantacinque (ブたコ)

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Nella vita, ci sono due emozioni che appaiono futili, ma che consumano interamente la mente: il rimorso per ciò che è stato e l'inquietudine per ciò che potrebbe accadere. Eppure, se avesse dovuto giustificare il suo pensiero, avrebbe risposto che quella prassi di tormentarsi, quel monologo interiore che lo consumava, non era che una forma di autopunizione ingiustificata.

Ma non era mai così semplice, no. La mente, quella dannata mente, aveva deciso di soffocarlo con dubbi e frustrazioni, facendogli credere che ogni cosa fosse colpa sua. Le lacrime che solcavano il suo viso non erano più segno di dolore, ma un riflesso di quel malessere che aveva invaso ogni angolo della sua anima. Colpi e imprecazioni risuonavano nelle fredde mura della sala d'aspetto, mentre la mente di Jimin viaggiava tra mille pensieri, un turbine che non trovava pace.

Erano loro sette, ciascuno perso nei propri pensieri. Mentre Jimin continuava a tormentarsi, gli altri tre-Hoseok, Namjoon e Taehyung-erano rimasti in silenzio, ma non nella stessa disperazione. La loro reazione sembrava diversa, più rabbiosa, forse persino indifferente alla tragedia che si stava consumando davanti ai loro occhi.

"Ragazzi... è finita, quindi?" chiese Namjoon, con la voce che rompevano il silenzio pesante. Una lacrima si fermò sulla sua guancia, ma il suo volto non tradiva la sua vulnerabilità.

"Non dire così... gli Starboys non possono finire così, ragazzi. Non è possibile." Taehyung intervenne, cercando di dare un senso a tutto, ma le sue parole non sembravano bastare a fermare il caos che stava crescendo tra di loro.

"Taehyung, tu spiegami esattamente come... i nostri genitori hanno scoperto tutto! Vuoi vedere come tuo padre reagirebbe ora?" Jimin quasi gridò, il suo dolore diventato rabbia. Ogni parola pesava come un macigno.

"E tu credi che mi importi? Io ho un sogno! Lo sapevate tutti, cazzo! Non posso stare qui a piagnucolare, perché ho ancora una chance. E non lascerò che la paura decida per me." Taehyung non si fece intimidire e alzò la voce, ma il suo sguardo rimase fermo.

"Cosa dici? Vuoi uscire dalla band?" La domanda di Jimin era gelida, incredula.

"Se non vi riprendete, se non trovate una soluzione, sì, sono fuori." Taehyung si alzò, il suo tono deciso ma stanco. La decisione cadeva come una sentenza.

Il resto del gruppo rimase ammutolito. Nessuno parlava, ma tutti sentivano il peso della verità: quella situazione stava schiacciando i loro sogni. Jungkook, incapace di contenere la propria rabbia, cominciò a battere le mani sul tavolo.

"Voglio sapere come diavolo hanno fatto a scoprirci. Abbiamo suonato per quasi due anni senza che nessuno se ne accorgesse! Chi è stato?" La sua voce tremava di frustrazione.

"Ieri..." jungkook intervenne, la sua voce bassa ma tesa. "Siamo stati fotografati. Una persona ci ha visto, ma noi non l'abbiamo mai visto. Non capiamo come sia successo, ma è andata così."

yoongi fissò jungkook, la rabbia che cresceva in lui. "E quando pensavate di dircelo, eh? Non sarebbe stato meglio farlo prima, invece di aspettare che il danno fosse fatto?"

"E tu cosa avresti fatto, yoongi?" jimin gli rispose con una domanda diretta, "Avresti spaccato la faccia a qualcuno? Avresti rotto qualche osso?" La sua ironia si faceva sempre più amara.

Jungkook sbuffò, la tensione era palpabile. "Sì, certo, forse è stata una scelta sbagliata, ma almeno avremmo avuto il controllo della situazione! Non siamo più quelli che eravamo, siamo diventati degli sconosciuti."

"Ce la faremo, ragazzi," Namjoon provò a risollevare il morale, ma la sua voce suonava vuota. Nessuno sembrava crederci.

Gli Starboys, così sicuri di sé e dei loro sogni, stavano per sgretolarsi davanti ai loro occhi. La speranza che avevano coltivato con fatica e sacrificio sembrava ormai lontana, sfocata come un miraggio.

"Non possiamo fare nulla," concluse Yoongi, la voce carica di rassegnazione. "La questione è chiusa. Gli Starboys non esistono più. Non parteciperemo più al festival, né ad altro. Mi dispiace, ragazzi, ma è finita."

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