Confusione

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Le allusioni, hanno un bel potere: quello dell'incertezza.
Ti spingono a fare domande così particolari e confusionarie che l'interlocutore a cui ti riferisci non sa che rispondere.
Non sanno esattamente a ciò che ti stai riferendo e cadono nel silenzio più assoluto, facendo in modo che quelle allusioni rimangono vuote, senza una risposta.

E io ho chiesto di Jonathan.
Il mio migliore amico. Il mio primo amore.
Ma a cosa volevo alludere precisamente?
Se era il mio fidanzato, o perché non fosse lì?
Forse entrambi, ma questo era importante per iniziare a mettere al loro posto qualche tassello, ma devo dire che non mi sono di aiuto.
Nessuno mi da delle risposte perché "devo ricordare da sola", "non devo sforzare la memoria", "non devo basarmi su una realtà altrui".

E con queste mille domande che vorticano in testa, con queste non risposte date da mia madre, che cado nelle braccia di Morfeo.
Mi sono addormentata con gli occhi di mamma spenti e velati di lacrime.
Perché piangeva ora?
Per me? O per quello che mi avrebbe forse rivelato?

Ma soprattutto, dov'è il mio migliore amico quando serve?
L'ultima cosa che ricordo di lui, e che abbiamo litigato in estate per poi fare pace prima di andarmene al collage. Perciò cosa è successo dopo?
È passato un anno, ma ci sentiamo ancora no?
O anche questi ricordi sono stati compromessi?

Ho vuoti di memoria assurdi e sto pensando seriamente che la mia vita è stata così caotica da non ricordare a stento, nemmeno chi sono io.
Queste domande mi perseguitano anche nei sogni, e cerco chiarezza.
Ma è come cercare una ago nel pagliaio.
Impossibile.

Così abbandono gli interrogativi e cado in un sogno piacevole.
Sogno un prato con mille fiori tutti colorati.
Rossi, gialli, rosa, bianchi.
Dalle rose, ai gigli, alle margherite, ai girasoli, peonie.
Corro liberamente su quel manto verde, a piedi nudi, con un vestito bianco lungo che accarezza dolcemente i fiori ai miei piedi.
I miei capelli sono sciolti, liberi di fluttuare in aria contro il vento; così penso di intrecciare quei stessi fiori a delle piccole ciocche, formando una coroncina.
Mi sento molto figlia dei fiori, figlia di madre natura. Mi fa sentire così speciale, così libera e leggera, e per un momento non conosco cosa sia il male o cosa sia il dolore.
Il sole bacia la mia pelle, riscaldandomi il viso non sentendo più freddo.
Il mio stesso cuore si riscalda e lo sento battere di gioia.
Ma dalla luce al buio è un attimo.
Cado in un vortice nero e oscuro.
Sono spaesata, disorientata e non trovo via d'uscita.
Vago nel vuoto alla cieca, e fa freddo, molto freddo a tal punto da congelarmi.
Come se stesse per arrivare una bufera di neve e travolgermi.
Non trovo una via d'uscita fin quando non incontro un'altra volta quegli occhi azzurri.
Sono apparsi in mezzo a questo buio illuminandomi la via di ritorno.
Sono simili a un porto, un ancora che mi salva ogni qualvolta che cado nel vuoto.
E poi una mano, che si protende verso di me per aiutarmi.
Cerco di afferrarla ma svanisce, e mi ritrovo di nuovo nella vera realtà.

Apro gli occhi di scatto saltando sul letto.
Per un momento mi passa via dalla mente che sono piena di lividi e ferite, ed è lo stesso dolore a farmi ricordare che non devo fare scatti del genere.
Dalle mie labbra esce un lamento molto doloroso, tanto che Ashley sbianca e mi chiede come sto e cosa mi sia passata per la mente.
Molto lentamente mi risistemo sul letto, e riporto l'attenzione su di lei, rassicurandola con un sorriso.

"Sto bene, ho dimenticato di essere ferita e mi sono svegliata di scatto."- la rassicuro.

Ashley abbozza un sorriso e mi guarda negli occhi, con quello sguardo dolce e affettuoso riservato solo per poche persone. È inverosimilmente, quell'affetto, quel calore mi arriva forte e chiaro.

"Hai sognato qualcosa di brutto?"- mi domanda dolcemente.

"No, o meglio a tratti. Mi ero persa nel vuoto fin quando quei occhi azzurri non mi hanno riportato alla realtà. Di chi sono quei occhi? Sono di quel ragazzo vero?"- sussurrò supplicando Ashley di darmi qualche risposta.

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