25. A casa

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Clare

"No, mamma"

"Sei sicura?"

"Si, mamma"

"Nemmeno un briciolo?"

"Come te lo devo dire? No!" Per l'ennesima volta alzai gli occhi al cielo.

Quel giorno, arrivati a Roma, contattai i miei parenti per rivederli dopo due anni. Il piano fu prendermi e portarmi nel mio paesino, ma il risultato fu cena e pernottamento di tutti quanti in casa dei miei genitori.

Nonostante la gioia iniziale di averli rivisti mi abbia rallegrata, due ore dopo mi ritrovai con il muso lungo per le domande insistenti di mia madre. Iniziò a chiedermi perché preferissi stare in America piuttosto che "a casa", ma nemmeno quella volta riuscì a comprendere che la risposta era sotto i suoi occhi.

Più volte provai a chiedere aiuto ad Arya ma sembrò troppo interessata a guardare un album fotografico con mia nonna. Brook si accorse di qualcosa eppure decisi di fingere un sorriso ogni volta che mi guardava, cioè sempre. Non perché volessi mentirgli ma perché la faccenda mamma rimase una ferita fresca che di sicuro non andava raccontata in quel frangente.

Con due piatti tra le mani mi addentrai sulla mandria di ragazzi in preda alla fame.

"Sul serio?" Attirai l'attenzione di tutti "Ragazzi sto parlando con voi! I miei genitori non stanno capendo niente di ciò che vi sto dicendo e mi faranno tremila domande, ma ne varrà la pena se non la smettete di sembrare morti di fame!"

"Ma Clare..." Si lamentò Rob con la bocca piena "Tu non ci hai mai cucinato tanta roba così buona!"

"In effetti tua mamma cucina per un esercito." Confermò Arya.

"Ascolta bella, ti ho supplicata per ore ma non mi hai filato! Ti meriti di strozzarti." Le dissi puntandole un dito contro. Lei rise forte, fregandosene dei miei lamenti.

"Clareee" Urlò mia mamma "Perché non parli in italiano?"

"Forse perché non mi capirebbero?"

"Ma così non ti capiamo noi."

Tirai un grido di frustrazione e mi incamminai in cucina, forse per rifugiarmi dentro il ripostiglio prima che avessi una crisi di nervi, ma Brook mi tagliò la strada. Mi incastrò in un angolo della cucina, fuori dagli occhi indiscreti, e mi spinse sulle sue gambe.

"Non ti ho mai vista così." Bisbigliò.

"Così come?"

"Nervosa." I suoi occhi studiarono i miei in cerca di qualcosa. Se solo sapessi, Brook...

"Sono un fascio di nervi." Scossi le braccia verso il basso, come per liberarmi dalla tensione accumulata.

"Che cosa sta succedendo?" Mi chiese.

"È una lunga storia, Brook."

"Ma tu sai che io sono il re delle lunghe storie." Mi sorrise, mi avvolse il collo con una delle sue grandi mani e premette quelle labbra così belle sulle mie. Non esitai nemmeno un secondo a ricambiare quel gesto. Assaggiai il suo sapore fresco con movimenti lenti, intensi, pieni di desiderio.

Senza controllo, la mia mano finì sul cavallo dei suoi pantaloni. La sera prima fu lui a giovarmi, di nuovo, divertendosi a baciarmi dappertutto. Succhiò ogni angolo mandandomi in estasi ben due volte. Quella mattina ci eravamo alzati, avevamo radunato tutte le nostre cose ma non eravamo riusciti a fermarci nemmeno lì.
Sentivo come se toccasse a me accontentarlo ma sapevo anche che non era quello il momento adatto.

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