29. Come stai?

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Clare.

Avevo assunto un sorriso da ebete quando mi aveva detto di aiutarlo a capire cosa volesse. Per la prima volta non ero stata io ad esprimermi, ancora troppo scossa da tutto ciò che era successo negli ultimi giorni, non ero riuscita a capirlo. Avevo parecchie cose che mi stressavano e una se ne era appena aggiunta: Brook e il suo stato di salute.

Dopo aver parlato di noi, discorso che mai mi sarei aspettata arrivasse così esplicito da parte sua, lo avevo aiutato a mettersi al letto dove avrebbe trascorso le prossime 24 ore. Le mie domande non sarebbero tardate ad arrivare ma prima decisi di lasciarlo riposare. Si addormentò appena spensi la luce e ammisi di essermi fermata a guardarlo, ad ammirare quanto fosse bello.

Avevo messo KO la casa, che notai fosse diventata un porcile. C'erano mozzoni di sigaretta ovunque, bottiglie vuote sparse per il tavolo, fogli accartocciati, polvere e... Un preservativo. Mi appoggiai allo stupide della porta del bagno, fissando quel lurido oggetto di lattice. Presi un lungo respiro, poi un altro e un altro ancora.

Non state insieme, non lo siete mai stati, ha tutto il diritto. Mi dissi. La logica mi diceva questo ma in fondo al petto sentivo essersi inclinato qualcosa.

Non è venuto al letto con te perché glielo hai esplicitamente chiesto. Certo,  perché sarebbe stato impossibile fermarci. Il desiderio che provavo per lui andava oltre ogni ragionamento. Avevo avuto paura quando avevo realizzato che mai mi ero spinta oltre in un rapporto con un ragazzo, senza che quest'ultimo fosse effettivamente il mio ragazzo. Sapevo di avere la mania di tenere tutto sotto controllo ma odiavo non farlo, anche perché da parte mia non sarebbe stato solo sesso.

Come dovevo comportarmi? Perché ero in preda al panico? Perché avevo soltanto voglia di sbattergli in faccia quel preservativo sporco e dirgliene quattro?

Le mie domande furono interrotte dallo scoccare della serratura. Chiusi la porta del bagno, trovandomi Mark alle spalle.

"Che paura." Dissi, portandomi una mano sul petto.

"Dov'è Brook?" Non ero mai stata di parte, in nessuna situazione, soprattutto nel mio lavoro, ma mi venne spontaneo pensare che era ironico venirlo a cercare proprio in quel momento.

"Sta dormendo."

"Devo parlargli." Provò a fare un passo verso la camera da letto di Brook ma d'istinto lo bloccai.

"Mark aspetta!" Gli misi una mano sulla spalla "Non sta bene, ha bisogno di risposare, puoi dirlo a me."

"Sei la sua segretaria?" Mark era un uomo molto cordiale ed educato, sentirlo rispondere in toni poco carini mi fece girare le palle.

"No ma Brook non è in grado di parlare in questo momento, sai bene che succede quando viene forzato a farlo." Non volevo alludere al suo infarto ma fu inevitabile. Mark mi fissò a lungo fino a tirare un sospiro.

"Che cosa ha fatto?" Era ricaduto nel limbo dello sconforto.

"Ti giuro che non lo so ma un'infermiera ha detto di aver svolto un esame invasivo."

Lo vidi indietreggiare fino ad andare a sbattere contro il divano. Si afflosció su di esso con le mani tra i capelli. Ci fu qualche minuto di silenzio accompagnato dai suoi sospiri.

"Le sue cartelle cliniche sono sparite." Disse.

Corrugai la fronte: "Come possono essere sparite?"

"Le ha prese lui." Allargò le braccia in segno di resa.

Brook aveva rubato le sue cartelle cliniche per farci cosa?
Mi sedetti sul divano a fianco a lui, lasciando che regnasse il silenzio prima di parlare. Iniziò a cadere l'imbarazzo, non sapevo cosa fare, io non ne sapevo nulla della loro discussione e avrei preferito fosse stato Brook a ricordarmelo. Quando alzai lo sguardo vidi Mark perso nei suoi pensieri mentre fissava la foto di cui tanto ero curiosa. Raffigurava due bambini, uno più alto dell'altro, che venivano abbracciati da una donna. Ero convinta che quelle foto centrassero qualcosa con il passato doloroso di Brook, ricordai la sua reazione la prima volta che entrai in casa sua. Non avevo mai chiesto niente, ero convinta che quando fosse arrivato il momento mi avrebbe raccontato tutto. Aveva citato di un padre adottivo, Mark, e un padre naturale. Non sapevo nient'altro. Quindi stare lì, con Mark da consolare su qualcosa che non conoscevo, mi fece sentire inappropriata.

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