24. Non ora

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Questo è quello che sento quando mi tocchi. Come milioni di piccoli universi che nascono e muoiono nello spazio tra le dita e la mia pelle.
(Iain Thomas)

Clare.

"Che stiamo facendo, Brook?"

"Che stiamo facendo, Clare?"

Il bisogno di respirare diventò superfluo, pensare non fu necessario, toccarci non ci bastò più.

La conversazione migliore avvenne quando mi sollevai per dargli un bacio a fior di labbra. D'un tratto si fece selvaggio, prese fuoco, divenne un uragano. Non riuscimmo a fermarci. Era il nostro primo bacio.

Non allentò la presa, non disse una parola. La bellezza del gesto fu che avvenne da entrambe le parti, l'uno non si fece avanti prima dell'altro poiché entrambi fummo spinti dal desiderio. Lo volevamo quel bacio, senza un apparente motivo, lo desiderammo più di ogni altra cosa al mondo.

Ci baciammo per ore, ci stuzzicammo a vicenda, dimenticando ogni aspetto circostante.

"Non etichettiamolo per forza come qualcosa." Ansimò.

"Sono d'accordo." Sussurrai.

Non ci spingemmo oltre al bacio e al mio seno scoperto, che lui bació e palpò come se fosse esclusivamente suo. Ci addormentammo quando il sole iniziò a sorgere, anche se avremmo voluto continuare per ore, ognuno nelle braccia dell'altro.

Aveva ragione lui: etichettare l'accaduto non era ciò che ci serví in quel momento, non andava per forza data una spiegazione a tutto. Finalmente fummo d'accordo in qualcosa e mi andò bene così.

A svegliarci fu la suoneria del mio cellulare. Il telefono segnava le dieci del mattino. Tirai un sospiro di sollievo quando il numero fu sconosciuto, se fosse stata Arya quella chiamata avrebbe contenuto qualche cazziatone per essermi svegliata tardi.
Brook mugugnò qualcosa, facendomi sorridere.

"È la signorina Molina?"

"Sì, sono io, chi parla?"

"Mi ha dato il suo numero un mio amico. Mi ha detto che lei lavora al St. Francis Downtown."

"Sì, è così."

"Mi dispiace disturbarla. Mio figlio ha avuto un incidente e vorrebbe parlare con lei."

"Non capisco chi le ha dato il mio numero." A quel punto Brook, che vide il mio sguardo interrogatorio, alzò il busto per ascoltare meglio la chiamata.

"La prego, sono in difficoltà." Il tono di quell'uomo sembrò disperato "Il St. Francis è il migliore in tutto il Carolina, mio figlio ha bisogno di voi. Abbiamo bisogno di parlare con lei!" Un suono di vetri rotti mi fece allontanare il telefono dall'orecchio.

"Chi cazzo è?" Chiese Brook. Gli feci segno di abbassare la voce.

"Signore non so cosa la porta a rimanere in anonimato ma se suo figlio sta male deve contattare direttamente l'ospedale." Risposi.

"Non posso" Ringhiò "Lei è l'unica che può convincerlo."

"In cosa devo convincerlo?"

Il telefono mi venne strappato dalle mani. Brook iniziò a parlare con tono alterato: "Ascolti, chiunque lei sia, se l'ospedale riterrà suo figlio idoneo saremo ben lieti di accoglierlo, in caso contrario non chiami più questo numero!"

Il telefono mi venne riconsegnato. Lo fissai a bocca aperta "Come ti permetti!"

"Io quello lo chiamo importunare." Mi disse.

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