Graffi sulla pelle

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Dance with the dead in my dreams,
Listen to their hallowed screams,
The dead have taken my soul,
Temptations lost all control.

Dead skin mask - Slayer 


Dopo aver mandato giù il secondo calice di idromele, Veera inizia a vedere il mondo muoversi. La sensazione estatica dell'alcool la rende leggera e insofferente, spoglia di tutti i dolori che di solito si porta dietro. Ha dimenticato il diavolo e il loro patto, ha represso i fallimenti e abbandonato le cause perse. Ogni pensiero scivola via in grovigli di fumo e sembra annacquarsi. 

Veera pensa, dopo giorni d'agonia e sofferenza pura, di essere felice. Questo perché si alza traballante sulle gambe, un sorriso di sangue tagliato sul viso efebico e gli occhi appena lucidi per l'allegria. 

Dice di voler finire di visitare quella casa, se è vero che dovrà viverci e che le appartiene – e realizza all'improvviso che nel mondo reale non potrebbe permettersi una villetta tutta sua, con il giardino curato nel dettaglio, nel più minuscolo filo d'erba, e dall'aria gotica e maestosa. Le pareti sono tappezzate di riproduzioni di quadri antichi – o, forse, non sono riproduzioni e sono tutti reali. Non saprebbe riconoscerli. Sono raffigurazioni vecchie, appartenute a un periodo passato e ormai morto, figure disegnate nel dettaglio e con colori scuri, tonalità buie.

La sua camera da letto è il doppio di quella che possedeva nel mondo reale, ha un bel letto a baldacchino al centro, sormontato da coperte dall'aspetto caldo e morbido, attaccato a una parete che ha in alto affisso un lampadario scintillante e rifinito nel dettaglio. Veera si rende conto che la scrivania all'angolo, di fronte alla finestra, la invita a prendere posto sulla poltroncina tutta pompata e cominciare a battere parole con la macchina da scrivere di un argento vivo, già munita di fogli bianchi da macchiare. Ha sempre desiderato provarne una, e ora può usarla tutte le volte che vuole. 

E poi c'è la parete a sinistra, tutta occupata da una grande libreria piena di volumi che la invitano a essere sfogliati, studiati; i dorsi sono colorati, organizzati secondo un ordine che non le è chiaro – forse non c'è e basta.

La forza dei libri è immensa. Sono portatori di idee, e le idee non muoiono. Alcuni, una volta letti, ti entrano dentro e non puoi più rimuoverli da te stesso, ti insegnano qualcosa. Altri conservano vecchie memorie e ricordi che potrebbero andar persi. Intorno a Veera sembra tutto intriso di arte, conoscenza, vecchie storie.

C'è sempre modo di sperare nella bellezza e Veera è legata in maniera viscerale all'arte, tanto che è felice di esserne circondata perché si sente immersa nella meraviglia. 

Era piccola in un mondo che voleva tenerla in gabbia, formica di fronte a grandi alberi pieni di ramificazioni e venature intrecciate, e ora si sente quasi in grado di controllare la sua vita; ora il suo vero corpo non è altro che un cadavere divorato dai vermi, eppure la sua anima brilla.

Infine gli occhi di Veera puntano lo sguardo sulla specchiera a destra del letto, vicino all'armadio, e nasce in lei la curiosità che la spinge ad avvicinarsi lentamente. Prende una spazzola fra le dita, rigirandola fra le mani e i suoi occhi si perdono nei ghirigori disegnati sul dorso. Lo ispeziona e lo assapora al tatto quasi con il bisogno di sentire quelle fredde mura più una casa e meno una condanna eterna a cui è costretta. Cerca di vedere ciò che c'è di bello in quel mondo, perché una minuscola parte di lei splende ancora di una bellezza che cerca altro bianco in una vita oscura. 

Decide di guardare nell'armadio e ne apre le ante, scoprendo una miriade di abiti diversi, dai più ricercati a quelli semplici e comodi. Si chiede se ogni cosa presente lì sia stata creata da qualcuno, se delle dita da qualche parte abbiano cucito i tessuti e creato quelle opere colorate da indossare. Si risponde che deve essere stato Till ad aver creato tutto quanto, la conosce così bene che non poteva sbagliare. 

La morte non dormeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora