I compromessi li accetta solo il Diavolo

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Ebbene, la vita è stata piacevole; l'ho apprezzata; sì, signore, la vita mi piaceva. A volte penso che, se sapessimo tutto, saremmo molto più contenti di andarcene.

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde




È trascorsa una settimana da quando Veera ha visto Till l'ultima volta.

Sono stati giorni lunghi, li ha vissuti con il terrore di voltarsi e trovarlo da qualche parte, nascosto nell'ombra, le zanne affilate già pronte a mordere e distruggere.

Non può dire a nessuno ciò che le sta succedendo. Le direbbero che è matta, che è tutta colpa dell'LSD. Però gli acidi non le hanno mai causato allucinazioni tanto vivide, reali. Appena la mente ritorna a Till, Veera ha i brividi e le manca l'aria. È ansia costante, appiccicata dietro la nuca e pronta a sussurrare senza tregua paranoie e deliri.

È sabato, Greg le ha chiesto di fare un giro. Ha rifiutato per tutta la settimana, deve trovare il coraggio di uscire di casa e ricominciare a vivere.

Si sente impotente. Non sa che cosa fare, come muoversi. Non capisce perché Till voglia portarla con sé, e non vuole andarci, perché lui può portarla solo in luoghi orribili.

Non può chiamare la polizia e dire che le sue allucinazioni la tormentano. Sarebbe folle, e le consiglierebbero di trovarsi uno strizzacervelli, non di fare una denuncia assurda.

Non saprebbe nemmeno come spiegarlo, e come gli racconterebbe delle sue mille facce? Talvolta una creatura mostruosa, talvolta un essere umano che si insinua nei sogni e scava nella realtà.

Non riesce a truccarsi neppure, però. Ha paura, le sue dita non smettono mai di tremare. Ha evitato Judith il più possibile, si è chiusa in se stessa e non ha mai smesso di pensarci. Non ci riesce.

Ma lei è forte, lei può andare avanti; quella è solo una prova, ed è certa di poterla superare. Ha affrontato di peggio.

Greg arriva con dieci minuti di ritardo. Saluta Judith, le chiede se vuole unirsi a loro, ma lei rifiuta, quella sera ha un appuntamento.

Veera si siede sul sedile del passeggero, quando sarà ora di tornare a casa non avrà le capacità mentali necessarie per mettersi alla guida, perciò preferisce scroccare passaggi. E poi, se non si muove a finire di scrivere il libro, esaurirà tutti i soldi sul suo conto in banca fra bollette da pagare e spese di routine.

«Non tocco niente a parte le sigarette da una settimana», dice Veera, guardando fuori dal finestrino. Il paesaggio scorre, gelido. Sono le solite temperature dei paesi del nord, così fredde da paralizzare gli arti. È come essere ingabbiati fra le montagne innevate. Ha scelto di trasferirsi lì perché la casa che condivide con Judith non è in centro città, e i rumori non sono mai fastidiosi e incessanti. Lì c'è silenzio, c'è pace, e hanno una vicina che prepara sempre dolci e non dimentica mai di lasciargliene un pezzo.

«Beh, hai resistito un bel po'», ironizza Greg, è nella sua stessa situazione. La vita è difficile, ferisce, e spesso è insopportabile, insostenibile. Le droghe diventano l'unico mezzo per evadere da una realtà altrimenti tragica. Colorano il mondo, eppure dall'altro lato ti portano ad appassire come un fiore senza luce.

Nell'aria si disperde una musica di dubbio gusto, ha un volume altissimo, quasi assordante. Veera scende dall'auto con Greg e si infilano nel bosco, lì nessuno disturba mai i giovani che vogliono improvvisare feste. Si guardano intorno, notando tanti volti conosciuti, e presto si perdono fra una conversazione e l'altra.

La morte non dormeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora