❝Il richiamo della morte è un richiamo d'amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una delle grandi, eterne forme dell'amore e della trasformazione.❞
Hermann Hesse
❆
Veera ha aiutato Judith a medicarsi le braccia, a fasciare le ferite e farle smettere di sanguinare. Ha ripulito il sangue, placato le sue lacrime con rassicurazioni infantili e ritrovate nei ricordi di quando sua madre le raccontava che non doveva preoccuparsi dei brutti sogni perché non erano reali.
Judith è andata a dormire, Veera ha acceso il computer e ha iniziato a scrivere, ha bisogno di svuotare la sua mente da ogni cosa, e in modo paradossale la svuota imprimendo tutto ciò che ha visto, tutto ciò che ricorda, sulla carta. Non sa nemmeno più perché si ostina a proseguire con quel libro, non vedrà mai la luce, non è frutto del suo lavoro a tutti gli effetti – Till appariva nei suoi sogni, il suo continuo parlare di un mondo alternativo, con così tanta ossessione e con quel tremolio luccicante di follia negli occhi, deve averla condizionata inconsciamente e l'ha portata a scrivere quella strana storia.
Però Veera non vuole mollare. La scrittura è tutto ciò che le rimane.
Forse, più che perdersi fra parole tristi e intrise di sangue, Veera vorrebbe un abbraccio.
Non un abbraccio qualunque. Ha bisogno di qualcosa di semplice, all'apparenza, ma in realtà impossibile. Vorrebbe soltanto un abbraccio di sua madre, vorrebbe stringerla e sentirsi dire che lei le manca, che non ha mai voluto mandarla via.
Ha pensato spesso di tornare a casa, dopo aver perso il bambino. In fondo i suoi genitori avevano ottenuto ciò che volevano, nessuna reputazione sarebbe stata macchiata. Però è sempre stata certa che il rapporto in famiglia non sarebbe più rimasto lo stesso. È un grande e profondo rimpianto quello sente, un lontano rimorso per aver distrutto tutto. Anche se si sforzassero di rimettere insieme i pezzi, ogni crepa sarebbe comunque visibile. Ogni abbraccio non riuscirebbe a essere spontaneo. Veera non riuscirebbe neppure a gettarsi nella braccia di sua madre e piangere tutte le lacrime che non si concede mai di far scorrere; si bloccherebbe un momento prima di muovere un solo muscolo, perché non è più un gesto spontaneo.
Lei ormai è un'estranea, non sa neppure come il tempo abbia segnato il suo viso negli ultimi anni, non sa se adesso ha i capelli bianchi o sono ancora castani, non sa se li ha tagliati o sono più lunghi. Piccole cose che all'improvviso le fanno un male infernale, un dolore che scalcia fra le interiora e le ricorda, ancora, che sta proteggendo un mondo che le ha soltanto dato tagli e cicatrici.
Non vuole più stare lì da quando quei ricordi le sono tornati all'improvviso. È come se adesso vedesse tutto ciò che ha perso, tutte quelle memorie sono in un cassetto che qualcuno ora ha aperto.
La porta cigola, Veera rabbrividisce e per un momento ha il terrore di trovarsi Till sulla soglia. Invece c'è Judith, ha l'aria triste e gli occhi assonnati.
La guarda per un po', stranita dal vederla di fronte al computer a quell'ora della notte. «Non voglio dormire da sola. Vieni di là? Questa stanza è cupa.»
Veera annuisce, spegne il portatile e la raggiunge in camera.
Si addormentano insieme rinchiuse fra le pareti rosa e i pupazzi colorati che le fissano con occhi di plastica.
Veera pensa che forse quel piccolo angolo del mondo di Judith è un pianeta davvero speciale, non le dispiacerebbe vivere lì, sommersa dalla dolcezza. Per un momento, stretta alla sua migliore amica – l'unica con cui abbia un rapporto tanto profondo da condividere le coperte per tutta la notte e non solo per un paio d'ore – Veera pensa che il mondo di Till non potrebbe mai darle quell'affetto cresciuto negli ultimi anni, quella sicurezza che ormai sa di casa.
STAI LEGGENDO
La morte non dorme
Horror[Completa] Till è vittima di un'idea disperata, folle, a tratti delirante. Vuole vivere per sempre, essere immortale, ma non nel mondo che tutti conosciamo. Vuole essere a capo di un universo tutto suo, uno spazio in cui non esistono le stagioni, né...