La morte

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Di morte mangerai, che mangia gli uomini, 
e il morir finirà, morta la morte

William Shakespeare


La camera di Veera ha le pareti tinte di nero e il pavimento a scacchi. Tutto è tappezzato di poster, l'armadio è stato ricoperto di adesivi colorati e scritte con il pennarello indelebile.

La sua coinquilina la rimprovera tutte le volte che vede comparire una nuova frase, parola, o un nuovo disegno sui mobili che non dovrebbe scarabocchiare, ma ormai sono troppo amiche per litigare, anche se hanno gusti differenti. Secondo Judith ha rovinato l'appartamento, intaccandolo con il suo stile troppo oscuro.

La stanza di Judith, di fronte a quella di Veera, ha i muri rosa pastello ed è invasa dai pupazzi. Ne ha di ogni forma, colore e origine; dice che le servono per mantenere intatto il buon umore.

Veera si sveglia con un mal di testa infernale. Le tempie pulsano, è un dolore sordo. Si alza, stropicciandosi le palpebre, e raggiunge la cucina. Accende la televisione e abbassa il volume per non svegliare la sua coinquilina. Abbandona il telecomando sul tavolo e aziona la macchinetta del caffè, ha bisogno di svegliarsi e di mettersi subito al computer, deve inserire le allucinazioni che ha avuto la sera prima, alla festa di Lindsay, nel suo ultimo romanzo. 

Sta disperatamente cercando di finirlo, ma il blocco dello scrittore continua a tormentarla negli istanti più bui. Prova paura, terrore puro appena ci ripensa, eppure sa che quello è il momento perfetto per scriverlo, quando ha ancora quelle emozioni che circolano nel corpo ed è certa di poterle trasmettere. 

Uno scrittore non deve cambiare il mondo, non è quello il suo compito. Deve parlare di ciò che sente, dipingere la sua realtà, costruire un pianeta tutto suo, macchiato di demoni e storie passate che bucano la carta, e solo chi ha steso sul bianco quelle parole scure riesce a tradurle.

Il libro che sta scrivendo si discosta molto da quelli pubblicati in precedenza. Ha assunto sfumature lugubri, eppure, per il momento, pensa che sia il suo lavoro migliore. La trama è semplice, e al tempo stesso complicata. Riassumendola, si potrebbe dire che parla di un uomo ossessionato dall'idea di poter creare un luogo nella sua mente in cui vivere per sempre. E, una volta creato, deve scegliere la compagna che starà con lui per l'eternità. Però non sa ancora come scrivere la seconda parte della storia, non riesce a trovare una soluzione convincente, ed è bloccata da un po'. Vuole far vincere la sua protagonista, ma non sa come rimediare ad alcuni errori, perciò va avanti solo di qualche parola al giorno. 

Grazie a quell'allucinazione può riempire il vuoto che le affligge i pensieri, quando non riescono a fluire come dovrebbero sulle pagine e si accartocciano i fogli. Vengono lanciati nel cestino, talvolta non entrano neppure all'interno e finiscono sul pavimento, perdono il loro valore.

Avverte il trillo fastidioso delle notifiche del suo cellulare. Si guarda intorno, non ricorda dove lo ha lasciato. Quando è tornata, la sera prima, non vedeva altro che quel maledetto mostro ovunque, come se si nascondesse nell'ombra a osservarla per trovarla vulnerabile e distruggerla al momento giusto. 

Individua il suo giubbotto, lo ha abbandonato su una sedia. Rovista nelle tasche e lo recupera. È Greg che le scrive, le dice che sta venendo a controllare come sta.

Veera sospira, non ha bisogno di qualcuno che badi a lei, può farcela da sola. Però gli invia una faccina per fargli capire che è sveglia.

Cerca lo zucchero, mette a soqquadro la dispensa, ma non lo trova.  

La morte non dormeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora