I ricordi di Veera

180 43 168
                                    

I'll be the thorns in every rose
You've been sent by hope
You'll grow cold 
I am the nightmare waking you up
From the dream of a dream of love
HIM - Vampire heart 


L'acqua del mare abbraccia gli scogli con un'energia tutta sua. Il sole non è ancora calato – Veera ha quasi l'impressione che in quel mondo non possa sfumare, come se l'universo fosse costretto e ingabbiato in un attimo infinito e immobile. È un grosso cerchio infuocato che interrompe il cielo amaranto, brilla con il suo riflesso sul mare in tempesta. C'è vento, lo dicono le onde che continuano a suonare la loro melodia incantevole e soffice, graffiano le rocce e raccolgono il sale. 

L'atmosfera salmastra gonfia i capelli di Veera, diventano una matassa ingestibile, ma non dà alcun peso al suo aspetto. È troppo scossa, tremolante, spaventata... e incantata di fronte a uno spettacolo che non ha niente di inquietante. L'aurora boreale brilla, illogica, in cielo. Sono colori che si mescolano, quasi tracce di tempera sulla tavolozza di un pittore curioso di scoprire nuove sfumature. Quel mondo è bellissimo, può ingabbiare degli istanti speciali per riproporli ogni qualvolta qualcuno abbia voglia di osservare il cielo e trovarci un tramonto, o la bellezza effimera dell'aurora.

Veera ha le ginocchia circondate dalle braccia scosse dai brividi, strette al petto in una dolce e finta protezione che tenta vana di infonderle calma e sicurezza. Si è mordicchiata le labbra fino a farle sanguinare, strappandosi con i denti le pellicine morte, dovute a quella perenne screpolatura che le increspa la bocca e la rende più del colore delle fragole. «Perché non me lo hai detto subito?», chiede, sul volto un cipiglio infastidito, una rigidità nei lineamenti che le impedisce di avere la solita aria dolce, efebica.

«Non potevo venire da te e dirti: "Ciao, sono la morte, ti inseguo nei sogni lucidi da quando sei una bambina perché voglio che tu venga con me"», dice Till, e mima le virgolette con le dita un po' come farebbe un umano – si è contemperato a quell'esistenza, si è adattato dopo anni trascorsi a osservare le persone vivere e ora sembra uno di loro, può mescolarsi alla perfezione fra gli individui più anonimi.

«Quindi hai deciso di illudermi che l'idea del romanzo fosse mia e fosse geniale, quando non lo era affatto.»

«Sei tu quella che ha deciso di scrivere un libro su di me. Non te l'ho certo ordinato io.»

Veera stringe i pugni.

Si sente stupida, inutile, insignificante.

Finalmente, dopo due romanzi ben scritti, ma dalle trame banali, pensava di aver raggiunto un gradino del suo talento da cui scendere sarebbe poi stato impossibile. Invece no, è solo stata tirata su con la forza, ha creduto di aver visto in sogno una storia impeccabile, intrigante, e in realtà quella non è neppure una sua idea. È un colpo basso, la fa vacillare in quanto scrittrice, le fa dubitare di sé e del suo talento.

«Mi sento così inutile...»

È un mormorio basso, quasi inudibile, ma Till può sentirla.

«L'hai comunque scritto tu, quel libro. Non hai inventato niente, è vero, però l'hai riportato lì parola per parola e l'hai fatto bene. Non sei inutile, sei in grado di fare il tuo lavoro.»

Veera si sente rincuorata appena da quel tentativo di risollevarla. In realtà, però, non è in grado di risalire alla fonte concreta del suo male. Scoprire la vera identità di Till l'ha scossa, ha ribaltato ogni sua certezza. Non che non ne fosse già consapevole, ma è come se ora ne avesse la conferma. Non sa più che cosa vuole, né chi è. Le sembra di aver perso se stessa per sempre fra i meandri di quei ricordi rancidi.

La morte non dormeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora