La morte sanguina

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«Credi ancora che sia un sogno, non è vero?»
«Ma certo, è solo un'invenzione della mia mente.»
«Questo vorrebbe dire che non sono reale?»
«Temo di sì, ma non mi sorprende che io sogni un mezzo matto.»
«Ma dovresti essere mezza matta anche tu per sognare uno come me.»
«Evidentemente lo sono... mi mancherai quando mi sveglierò.»

Alice in Wonderland



Il sonno è il dolce abbraccio di una madre premurosa.

Veera dorme bene, quella notte. Nessun incubo viene a farle visita, non che lei ne abbia memoria al risveglio.

Si alza, sfrega i dorsi delle mani contro le palpebre e sbadiglia.

Deve riavere il controllo della sua vita, eseguire i meccanismi di sempre per lavorare almeno un paio d'ore al giorno e sentire di star costruendo qualcosa di utile. Non riesce a stare ferma troppo a lungo, le è sembrato di morire per una settimana, e dopo quel lungo coma deve riattivarsi, tornare alla vita di sempre.

L'ultima visita della morte l'ha lasciata sopraffatta da sensazioni contrastanti.

Ne vuole ancora, eppure rinnega di volerlo. Quando assaggi l'assenzio poi ne desideri altri sorsi, anche se ti distrugge la gola e brucia tanto da corrodere la carne.

Deve smettere di essere succube di quella storia. Sparirà, prima o poi.

Non può essere reale, non vuole ancora crederci. Non ha più avuto notizie di Samael da quel giorno, ma non ha neppure provato a cercarlo. È certa che sia morto per davvero, ma non vuole avere alcuna conferma perché la destabilizzerebbe.

Non comprende più cos'è reale e cosa non lo è. È infilata in un tunnel disordinato, pieno di follia, e non riesce più a uscire.

La morte, nella sua testa, è sempre stata la causa del male presente sulla Terra. La certezza di morire è qualcosa che destabilizza. Viene data agli umani la vita, ma ha una data di scadenza. È ingiusto, crudele. È un gioco sadico. Lottare per tutta la vita in cerca della sopravvivenza, per poi spegnersi comunque.

Till, però, vuole farle credere che non sia la verità. Lui non vuole mostrarsi per ciò che è, nega tutto. Le mette di fronte una realtà incerta, improbabile; le fa credere che il mondo in cui vuole condurla, trascinandola per mano, sia un luogo edenico, pieno di luce e bellezza, spoglio di male. Ma come può credere a quelle parole, se a pronunciarle è proprio la morte?

Quella mattina, dopo aver bevuto un caffè amaro e aver aspettato di vedere la sua coinquilina uscire di casa, Veera ha deciso che non ha più tempo da perdere. Se continua a rimanere ferma diverrà vittima di Till, delle sue stesse debolezze.

Si avvia verso la cucina, prende un coltello e poi torna in camera. Si siede sul letto, la lama nascosta nelle maniche larghe della sua felpa le accarezza gelida la pelle. Chiude gli occhi e aspetta.

Non ha molta pazienza. Di solito non ha bisogno di cercarlo, è lui a comparire nei momenti più disparati.

«Till», lo chiama, «penso di volerti seguire, ho solo qualche domanda», pronuncia ad alta voce, certa che lui non si farà scappare quell'occasione.

Si chiede, per un momento, se sia necessaria l'assunzione di sostanze particolari per vederlo.

All'inizio non compare niente. La sua camera da letto rimane la stessa, disordinata e con le pareti tinte di nero, il pavimento a scacchi e una marea di mobili scelti su un catalogo Ikea.

La morte non dormeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora