Lacrime

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18 settembre 2020

Uno spiraglio di luce penetrava tra le tende di una finestra, un leggero venticello di fine estate le scostava lentamente e il frinire delle cicale si faceva sempre più forte, man a mano che io riprendevo conoscenza e ricordavo dove fossi. La stanza era ampia, e malgrado la luce fosse poca, riuscivo a scrutare sagome di armadi, di due sedie che costeggiavano la parete e di un baule posto ai piedi del letto in ferro battuto, sul quale mi trovavo. Le lenzuola blu a righe bianche emanavano un odore di fresco, come della biancheria appena lavata e stesa.

Cercavo di capire come mai mi trovassi in quel posto ma più ci pensavo, più avevo in mente solo il vuoto. D'altronde non era certo la prima volta che mi succedeva una cosa simile...

Improvvisamente la porta si spalancò, facendomi sobbalzare e una suora dall'anziana età e abbastanza in sovrappeso entrò nella stanza quasi correndo, portando in mano un piatto bianco, pieno di brodo e verdura lessa, che per poco non fece cadere a terra. Era evidente il suo stato di preoccupazione: l'espressione spaventata ma al contempo sollevata, come se volesse quasi sgridarmi per qualcosa che avevo fatto, ma nel tentativo di aprir bocca per parlare, ella mi sbattè il cucchiaio in bocca obbligandomi a mangiare quella cosa che io definivo poltiglia.

"Emma...tu... Dio misericordioso!" questo mi rese ancora più confusa, non capii inizialmente a cosa si stesse riferendo. In un attimo le bloccai il cucchiaio con cui fino a poco prima mi stava imboccando con forza e le dissi ormai troppo confusa per ricordare: "Madre, per favore mi parli...I-Io non capisco....A cosa si sta riferendo?..." ma lei si arrabbiò e sbattè il piatto su un vecchio comodino di legno, che si trovava alla mia destra e per la rabbia quasi imprecò "Emma, sei un disastro! Ormai è la terza volta che finisci nella stessa situazione, non ti basta ancora eh?! Rammenta quali sono le tue responsabilità, non puoi sempre rovinare la vita degli altri solo perchè ti senti tagliata fuori dal mondo! Ricorda che hai un fratello a cui badare, non sei più una bambina, smettila di essere così egoista e comincia a crescere....Ah!" e per concludere mi tirò un ceffone in pieno volto, sfogando la sua rabbia e tagliandomi leggermente la guancia con l'anello che indossava al suo anulare sinistro, poi se ne andò sbattendo la porta, lasciandomi sola in quel letto a piangere su me stessa, sulle coperte fresche che mi ricordavano la mia infanzia, mille pensieri mi assalirono la mente e tanti ricordi mi tormentarono sia belli che brutti...Ripensavo a mia madre e più cercavo di ricordare il suo sorriso più i singhiozzi si facevano rumorosi e frequenti, quasi insostenibili. Le lacrime scendevano copiose, così come il sangue procurato da quella ferita sul volto... Così come i numerosi tagli che ogni sera mi procuravo nel bagno di quell'orfanotrofio: cercavo di scappare da quel dolore che mi portavo dentro da anni ormai, era diventato insostenibile e dovevo sbarazzarmene, dovevo trovare il modo di farlo, necessitavo di una cura e l'unica in grado di alleggerire quel peso fu la strada dell'autolesionismo. E' semplice immaginare come possa una cosa simile aiutare a porre fine a tutto quel dolore, combatti il dolore con del dolore ancora più forte.

"In questo modo si riesce a soffrire di meno" mi ripetevo in continuazione nella testa, ma sapevo che dovevo smettere. Avevo Neal a cui pensare, quel bambino non ce l'avrebbe mai fatta senza di me ed io ero solo un egoista a cui piaceva far stare male gli altri. Dovevo cambiare e trovare una soluzione per garantire a lui un futuro almeno dignitoso. Mi rannicchiai su me stessa, avvolta nelle coperte e piansi, piansi tutto il dolore provato fino a quel momento, osservando i tagli che mi ero procurata la sera prima e sentendomi così disprezzata da me stessa. Io mi odiavo, odiavo con tutta me stessa quello che era diventato mio padre anche a causa mia, odiavo me stessa per l'improvvisa scomparsa di mia madre, ma soprattutto odiavo me stessa per non riuscire a garantire a mio fratello quel supporto di cui avrebbe avuto bisogno.

Così mi feci forza, mangiai la poltiglia anche se solo per riempire lo stomaco e mi alzai, e dopo essermi data una pulita e aver tamponato per bene la ferita, andai da Neal , che spensierato stava giocando con un trenino, sul tappeto della camera che condivideva con altri 2 bambini. I suoi riccioli castani gli coprivano gran parte del volto ma appena mi vide potei guardare il suo sorriso allargarsi. Gli andai in contro e saltandomi letteralmente addosso esclamò di gioia "Allora sei sveglia! Suor Rosa dice di averti salvato la vita un'altra volta questo mese... Ma cosa voleva dire?" chiese il bambino incuriosito, guardandomi con il viso un pò storto. "Oh beh, vedi l'altra sera avevo molta fame e beh, ecco si diciamo che mi ha trovato a divorare tutti i... biscotti della credenza e mi ha...si diciamo salvata. È così...immagina che mal di pancia a mangiare tutti quei biscotti!".

Fortuna che mi credette, una cosa che avevamo in comune io e lui era di certo l'astuzia e il saper riconoscere una bugia da una verità. "Anche a me è venuta voglia di biscotti! Ne andiamo a prendere un pò di nascosto?" chiese Neal con sguardo supplichevole, quasi sembrava un cucciolo che non mangia da settimane, così colsi la palla al balzo per passare del tempo insieme "Certo ragazzino, ma non dimenticare di mettere prima in ordine i giochi che hai usato, se vuoi ti do una mano..." "Si! Facciamo presto dai!" esordì il piccolo.

Qualche minuto dopo eravamo seduti su due sgabelli a mangiare i nostri biscotti preferiti, mentre parlavamo dell'ultimo film che aveva visto Neal, ovvero Mary Poppins. Io lo reputavo un capolavoro quel film, forse perchè fu il primo che vidi grazie a mia madre e con la quale imparai tutte le canzoni a memoria. "E' stata bellissima la scena con i pinguini, credo sia la mia preferita! Ma come fanno dei pinguini a fare i camerieri?" mi distrasse da quei pensieri e mi fece tornare alla mente quella scena dei pinguini che subito mi mise gioia " Bah, non saprei ragazzino, saranno ammaestrati" risposi mentre portavo alla bocca l'ennesimo biscotto al cacao. Ma poco dopo ci interruppe una ragazza, che come me e Neal viveva nell'orfanotrofio: "Emma, ti cercano..." disse con respiro affannoso "la madre superiora ti sta cercando, dice che è importante", io sbuffai per far vedere a Neal che non c'era nulla di cui preoccuparsi, ma dentro stavo morendo di paura: se ci avessero separati io che avrei fatto? In quel momento mentre mi dirigevo verso l'ufficio principale mille paure iniziarono ad assalirmi, ma cercai di stare più calma possibile e finsi di avere la situazione sotto controllo.

Entrai e lei stava seduta sulla sua solita poltrona di pelle nera con rotelle, un lusso insomma rispetto alle sedie sulle quali studiavamo noi ragazzi. Mi guardò da capo a piedi, facendomi sentire un verme, prese una penna e la analizzò, osservandola, per poi iniziare a parlare.

"Swan, mi sono giunte tue notizie." disse con un tono monotono, che mi fece gelare il sangue nelle vene, "Malgrado il tuo rendimento scolastico sia uno tra i più alti rispetto a molti altri, mi spiace dirti che tu necessiti di aiuto..." "Ma Madre Superiora io posso farcela anche da sol-"

"Ho detto che hai bisogno di aiuto, ti serve un supporto psicologico, necessiti di una guida. Dopo lo spiacevole incidente accaduto l'altra notte in bagno e altre due volte in questo mese, io non posso dirti altro che questo." "Si ma Madre io pos-"

"Emma! Questo non è uno scherzo , lo sai vero?! Hai tentato di ucciderti ben tre volte, per quanto io ne sappia... Hai bisogno di aiuto" disse con tono afflitto togliendosi gli occhiali da vista e massaggiandosi una tempia. " Mi dispiace ma ho preso la saggia decisione di mandarti in una comunità terapeutica riabilitativa, dove potrai parlare dei tuoi problemi liberamente. Per quanto riguarda Neal potrai vederlo ma dovrai ridurr-"

"B-basta la prego..." singhiozzai. Lacrime, altre lacrime, ero stufa di piangere. Non sopportavo l'idea di dovermi allontanare da mio fratello ma se ne valeva il suo bene avrei dovuto fare solo come mi era stato detto di fare. " Va bene ho capito" dissi con voce flebile, con le braccia incrociate sotto al seno fissando il pavimento, perchè sapevo che se avessi alzato la testa sarei potuta cadere dallo sconforto da un momento all'altro. Mi voltai per uscire da quella stanza, ma la Madre Superiora mi blocco un'altra volta: "Swan tutto questo è per il vostro bene, sii forte", così annuii e uscii.

To be continued...

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