Regina

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"Ma che diamine...non può evitare di correre lungo un corridoio?!..." Dopo essermi ripresa dalla forte botta alzai lo sguardo e...

"Non può essere...ma...."

Non capirò mai che genere di sentimenti provai in quell'istante, l'intensità fu enorme. Non potevo credere ai miei occhi chi mi trovai di fronte. Era lei, la donna dei sogni, delle visioni o qualsiasi cosa fossero. Vederla fu come prendere una boccata d'aria, dopo essere rimasta troppo tempo in apnea. In quell'istante non seppi se saltarle addosso e stringerla in un abbraccio, come se fossimo due persone che si conoscono da sempre, o se limitarmi alle scuse e alle presentazioni. In realtà pensavo che la scelta migliore fosse la prima, in fin dei conti già ci conoscevamo, in parte e poi avevo davvero bisogno di scoprire chi fosse quella donna che mi stava salvando la vita, facendo credere a me stessa che sarei riuscita a cambiare. Ma nonostante la moltitudine di pensieri che si facevano largo nella mia mente, rimasi in stato di trans a fissarla per secondi che a me sembrarono ore. La mia attenzione venne catturata di primo impatto dalle sue labbra, sempre così belle, di un colore simile a quello di una pesca e le sue guance, inizialmente bianche per lo spavento, ma poi acquisirono la stessa nuance delle labbra. Ed infine quella cicatrice, si doveva essere per forza lei, grazie a quel dettaglio ebbi maggiore conferma che si trattava del misterioso angelo dall'anima ombrata. Sembrava pietrificata e cercava di non lasciare trasparire nessun emozione dal suo viso, l'avevo capito.

Mi scrutò dall'alto con i suoi occhi ambrati, abbastanza lucidi da poter capire che anche ella stava pensando a qualcosa di talmente importante, tanto da lasciarla senza respiro e speravo fosse la stessa cosa che stavo pensando io. Velocemente, in modo molto goffo, come mio solito fare, mi rialzai, quasi saltellando, ero più raggiante che mai, dettaglio comprensibile dal fatto che le mostrai un sorriso a 32 denti mentre le porgevo la mano destra in segno di scuse, per aver alzato la voce in quel modo e magari anche per delle dovute presentazioni. La mia mano a mezz'aria e il mio sguardo emozionato che indugiava sul suo viso, da un occhio all'altro. "Scusami per aver sbottato in quel modo...ehm, sono Emma, Emma Swan..." dissi timidamente e forse anche arrossendo.

" Sbottato", ma come parli stupida?! Mi picchiai mentalmente.

La mora di fronte a me poteva avere qualche anno più di me, sicuramente non le avrei dato più di 24 anni, anche se era alta tanto quanto lo ero io, nonostante lei indossasse delle decoltè nere laccate, perfettamente abbinate al suo completo composto da camicia bianca avvolta dentro una gonna aderente fino sopra a metà coscia e del medesimo colore dei tacchi. Dio era una favola e non capii bene il perchè ma mi fece un particolare effetto vedere le sue gambe avvolte da quelle calze in nylon nere.

Ok ormai ero andata, iniziai lentamente a sudare e a guardare altrove, come se mi trovassi in un museo pieno di antichi reperti, l'unica differenza era che in questo caso di antico c'era solo la muffa agli angoli del soffitto.

"Occorre farmi un ulteriore radiografia signorina Swan o le basta quanto è stato per lasciarmi passare?" domandò, mentre rimetteva degli oggetti all'interno della sua borsa, con un tono completamente diverso rispetto a quello disperato che udii nelle visioni, anche se la sua voce era la stessa di sempre, seppure di un'ottava più bassa. "Oh..S-si, certo!" e mi scansai per farla passare, ma continuando a richiamare la sua attenzione.

"Comunque sono nuova di qui...se vuole potremmo prendere un caffè insieme un giorno!" terminai la frase alzando gradualmente il tono della voce, vedendola ancheggiare verso la sua meta e sparendo dietro l'angolo, ma poco prima di scomparire del tutto tirò la testa indietro e guardandomi fece un sorriso di sghembo, così arricciando naso e sopracciglia contemporaneamente, mi guardò dall'altro verso il basso, quasi a voler fare lo stesso scanner su di me e disse "Dovrebbe lavorare meglio sul suo vestiario Swan, si goda la sua giornata." e sussurrai un flebile "Si, grazie" guardando confusa cosa avesse di male la mia giacca di pelle rossa. Ella però non mi sentì, ormai era già andata via.

Portami a casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora