Capitolo 43 _ Gaia

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Ho compreso solo in queste settimane quanto io sia stata ingenua, non sia mai stata me stessa. Ho fatto miei dei valori e dei credo che in fondo non mi appartengono.

Il circolo virtuoso che è la vita non mi ha mai affascinata, devo essere onesta. Ora, però, ho capito che è possibile romperlo e renderlo unico per ognuno di noi, metterci del nostro, così da vivere appieno. Rifletto su queste parole e me ne convinco sempre di più ogni volta che me lo ripeto nella mente.

La maggior parte di noi donne trova un uomo, ci si fidanza, va a viverci insieme, lo sposa e magari ci fa anche un figlio. Si vive in quella bolla delicata e soffice dell'amore, dove si è gentili l'uno con l'altro, si è una famiglia.
Mi chiedo se tutto questo, però, potrebbe essere una menzogna, per alcuni almeno.
Per me lo è stato.

Non mi sarei mai aspettata che un giorno uno sconosciuto qualsiasi avrebbe potuto ribaltare la mia vita; eppure è successo. Con un solo sguardo Michele è stato in grado di mettermi in difficoltà; con i nostri primi contatti leggeri e casuali mi ha messo in soggezione, perché ho scoperto sensazioni che non avevo mai provato prima, fantastiche ed indimenticabili, eppure mi spaventavano.
Michele mi ha annientata, disintegrata e pian piano ricostruita, solo standomi accanto. Lui, i nostri momenti, le sue parole, mi fanno sentire viva, amata. Mi fa sentire me stessa con poco e quasi nulla.

Mi pento solo di una cosa: non essermi fatta travolgere prima da tutto questo, da quello che lui è in grado di donarmi e farmi vivere.

Lo guardo mentre guida lungo l'autostrada, in viaggio per la Toscana, e sorrido da sola. La sua barba nera, folta e ispida, accentua il suo profilo e mi rendo conto solo ora che dimostra molto meno della sua età. Sto così bene in questo momento che vorrei non finisse mai. Si volta verso di me e sorride, alzando un angolo della sua bocca.

«Che c'è?»

«Niente, ti guardo» ammetto, senza paura di essere giudicata.

«Ho visto che mi guardi, ma non è giusto!» ridacchia mentre si concentra nuovamente sulla strada.

«Perché non è giusto? Io ti guardo quando e quanto mi pare!» rispondo con tono austero.

«Perché vorrei mangiarti io con lo sguardo, ma invece lo fai tu. Sai che dovrò recuperare, vero?»

«Ma piantala! È che mi piace guardarti.»

«Ah, sì? E perché?» mi chiede lanciandomi un occhiata veloce.

«Onestamente non lo so. Forse perché non credo ancora possibile che stiamo vivendo tutto questo, e che tu abbia scelto me per ora.»

«Io ho scelto te per ora, per domani, e per sempre» la sua voce è così profonda che un brivido si fa largo lungo la schiena, ma non si accorge della mia reazione e continua «comunque anche io fatico ancora a credere che sia vero tra noi, ma non voglio perdermi altri momenti come i nostri, soprattutto vederti andare in giro con i calzettoni per casa!» Si prende gioco di me imitando con il busto la mia andatura, e non posso far altro che ridere e assecondarlo.

«Bè, allora se ti piaccio così tanto stile casalingo non dovrò trovare un modo per esser sexy, se basta così poco con te!»

«Oh no, se vuoi farmi questo regalo lo accetto volentieri e io ricambierò di certo» ammicca un paio di volte, ma ad un certo punto si fa serio.

«Che ti prende?» gli chiedo preoccupata per il suo cambio d'umore repentino.

«Ti ricordi questa canzone?»

Ascolto per qualche secondo, cercando di ricordare la melodia, le parole, ma non mi torna in mente niente «mmm, no, non me la ricordo. Dovrei?»

«È la canzone che stavamo ballando, io e te, al tuo matrimonio... quando poi sono scappato via...» le parole si perdono nell'aria e ricordo vivamente la sue braccia intorno alla mia vita, sull'abito da sposa, la mia testa appoggiata al suo petto, ma soprattutto ricordo la sensazione di vuoto provata e il freddo che ho sentito quando si è allontanato da me.
Mi concentro sulle parole della canzone e ad un tratto la riconosco: è You are the Reason.

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