Capitolo 27 _ Gabriele

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Guardo Gaia dormire nella penombra della stanza creata dalla mia abat jour, e mi chiedo cosa le sia successo nel corso dell'ultimo mese.

È da cinque settimane che non incontra Michele e va molto più spesso in palestra, tanto da aver perso altri chili. È molto più sicura e assertiva, oltre che più bella nelle nuove forme longilinee.

Oggi è domenica e non andrò al lavoro. Non ho avvisato Gaia e non dovrà saperlo, perché la mia assenza è dovuta al compleanno di Sabine e le ho organizzato una gita in montagna per festeggiare e passare del tempo insieme.

Continuo a tradire mia moglie, a farle del male, e lei da anni è ignara di tutto. Rimango un codardo e mi approfitto della sua ingenuità, e molto spesso mi domando perché mi comporto in questo modo dopo tutto quello che mi è stato fatto, dopo aver provato le sensazioni e le emozioni della parte sofferente.

Ricordo ancora quando ho scoperto il tradimento di Jessica, l'unica ragazza ad avermi fatto veramente soffrire tanto.

Era un fine settembre di molti anni fa e Jessica sarebbe dovuta tornare a giorni dalla stagione fatta su una nave da crociera come receptionist. Non la vedevo da quattro mesi e, nonostante all'inizio fosse un ripiego nell'attesa di Gaia, mi ero perdutamente innamorato di lei e attendevo il suo ritorno come un ragazzino di quindici anni. Pendevo dalle sue labbra senza comprenderne il motivo, ma dove c'era lei c'ero anche io, quello che decideva lei per me andava sempre bene. Non mi ero accorto che il nostro legame rappresentava un amore tossico, almeno fino a quel momento. Conservo ancora il suo messaggio in cui diceva che avrebbe ritardato il suo ritorno a causa di un guasto alla nave che li teneva costretti a rimanere ancorati in mezzo al mare. All'epoca ci avevo creduto.

Ritardò il suo rientro di tre settimane e con quanto i nostri amici erano straniti dalla situazione io non avevo fatto caso a nulla, non davo peso alle poche informazioni che mi aveva dato e mi andava bene così, non le chiedevo altro.

Per farle una sorpresa la raggiunsi al porto di Livorno per esser lì quando la sua nave avrebbe attraccato. Avevo in mano un mazzolino di gigli bianchi e rosa, i suoi preferiti, per darle il ben tornata e non riuscivo a togliermi dal volto il sorriso infantile per la semplice felicità di rivederla.

Attesi tre ore da quando tutti i passeggeri furono scesi, ma di lei nemmeno l'ombra.

La chiamai più e più volte, ma non rispose mai al telefono. Sconfitto tornai verso casa e poco prima di arrivare a destinazione lei mi richiamò; ricordo ancora le sue parole, una ad una: Scusami, ma non sono più quella di una volta. Mi sono rifatta una nuova vita e sono più felice. Sono sicura che lo sarai anche tu tra qualche giorno.

Ho sofferto per cinque mesi e in quel periodo ho imparato ad esser più cinico e distante alle situazioni. Mi ero ripromesso che non sarei più caduto in queste situazioni e non avrei mai ripagato con questa moneta nessuna ragazza che avrei frequentato, perché non potevo far soffrire qualcuno nel modo in cui ho sofferto io.

Questi ricordi mi danno le giuste chiavi per percorrere la strada della sincerità che intraprenderò con Gaia questa sera, e mi domando al contempo cosa ci riserverà il futuro per noi.

Non posso rinunciare a Sabine, anche se per molto tempo ho desiderato Gaia. Sono stato uno stupido con lei a pensar di aver vinto quando ho raggiunto l'obiettivo di farla innamorare di me, perché avrei dovuto continuare a far qualcosa per mantener vivo il nostro rapporto. Ha ragione Roberto quando dice che la tratto come un trofeo, posizionato su una mensola a mo' di soprammobile, e ora è arrivato il momento di tirarlo giù e dargli una spolverata.

Sono ancora con gli occhi fissi su Gaia ipnotizzato e rapito dai miei pensieri e dalla sua visione, e faccio miei i suoi particolari: il naso lineare, il piccolo neo sotto l'occhio sinistro che la rende distintiva, le labbra sottili e ben delineate color rosa perlato, i lineamenti del volto che stanno tornando fini e ben definiti come un tempo.

Alzo le coperte curioso di guardare come si è trasformato ancora una volta il suo corpo e per la prima volta comprendo i sacrifici che ha fatto negli ultimi anni per tornare al suo peso ideale. Non l'ho mai supportata in questi anni e inizio a rendermene conto.

Abbasso subito il piumoncino quando si muove nel sonno e una ciocca di capelli scivola sul suo viso; istintivamente gliela sposto con un tocco leggero per non svegliarla.

Decido di alzarmi e preparare la colazione; gliela porterò a letto così da dedicarle un po' di attenzioni e nella speranza di metterla di buon umore.

Mentre preparo i vassoi penso che oggi sarà l'ultima volta che le mentirò, perché ho deciso di affrontare il discorso e vorrei che il confronto sia il più costruttivo possibile, per entrambi. Questa volta lo farò sul serio. Non ci meritiamo di vivere con questo segreto, e devo smettere una volta per tutte di fare il codardo. Non possiamo continuamente dirci ti amo anche quando non è veramente così, non possiamo continuare a credere che siamo anime gemelle e arrivare ad un punto di non ritorno. Ho imparato sulle mia pelle che c'è sempre qualcuno che soffre e qualcuno che farà soffrire, e per quanto odi ammetterlo questa volta sono io il carnefice della nostra storia d'amore.

Raggiungo la camera e provo a svegliarla con un fil di voce «Ehi, Gaia, buongiorno.»

La chiamo un po' di volte finché inizia a muoversi sotto le coperte e quando apre gli occhi dopo esserseli stropicciati intravedo confusione nel suo sguardo.

«Buongiorno. Non ho sentito le sveglie? Ti sto facendo far tardi al lavoro?» Mi chiede con la voce ancora assonata, ma preoccupata per me, mentre si siede sul letto e prende un vassoio.

«No, non riuscivo a dormire, quindi ho pensato di preparare la colazione.» Dico sincero, mentre la guardo con attenzione.

Sul suo volto si apre un ampio sorriso ed è ancora più bella con i capelli arruffati.

«Grazie allora!» Si sporge verso di me per rubarmi un bacio veloce.

«Oggi penso di tornare a casa per cena. Sono stanco ed ho chiesto un permesso, così possiamo stare un po' insieme» La informo, tra verità, omissione e menzogna.

«Wow! Domani nevicherà allora!» Il suo tono è scherzoso, ma preferisco risponderle in maniera evasiva, perché rischierei di intrappolarmi nelle mie stesse parole.

«Sì, potrebbe essere!» Insieme ridacchiamo.

«Potremmo andare a mangiare fuori, che ne pensi? È da un po' che non ci dedichiamo una sera.» Mi propone mentre è concentrata a inzuppare le sue fette biscottate nel caffè-latte ancora caldo.

«Sì, potrebbe esser un'idea, va bene. Oggi sei molto occupata?» Provo a chiederle, così da pianificare al meglio il ritorno dalla montagna.

«No, penso che questo pomeriggio farò un salto in palestra e nulla di più.»

«Come mai andrai di pomeriggio? Non mi sembra tu l'abbia mai fatto prima.» Chiedo curioso e vedo che fa spallucce, e il suo sguardo rimane indifferente.

«Vorrei provare questo orario solo perché penso possano esserci meno persone ad allenarsi, quindi potrei fare gli esercizi con più tranquillità e senza essere in soggezione a causa di qualche alto fustacchione!» Dice con tono scherzoso, ma rimango per un attimo pietrificato.

«Dai, scherzavo sui fustacchioni! Non fare quella faccia!» Con queste parole mi spinge leggermente con la mano sinistra.

«Sì sì, ti credo.» Sono onesto, ma sto facendo i conti con me stesso perché non avevo mai pensato a questo aspetto. Chissà chi avrà incontrato in palestra in questi anni e con chi ha legato. Se tutti hanno l'aspetto di Michele o Andrea, be', ha avuto modo di nutrirsi veramente gli occhi.

Provo una strana sensazione, che non so descrivere, ma cerco di non far trasparire nulla mentre finiamo la colazione.

Mi preparo per uscire di casa con più tranquillità del solito e quando la saluto d'istinto l'abbraccio, anche se è da molto tempo che non vi erano più queste dimostrazioni d'affetto al mattino.

Mi chiedo se questo impulso è dovuto al confronto che avremo questa sera o alla strana sensazione provata. Questi pensieri mi seguono per un po', ma voglio liberarmene subito così da godermi appieno la giornata.

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