Capitolo 16 _ Gaia

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Dopo una mattina di shopping in solitaria e un momento di puro relax con un massaggio rilassante, mi dirigo a casa dei miei genitori.

Apro il cancello e la loro porta di ingresso con le mie chiavi, perché voglio far loro una sorpresa. Appena entrata in soggiorno vedo entrambi dirigersi all'ingresso per capire da cosa erano provocati i rumori; quando incrociano il mio sguardo entrambi mi sorridono affettuosi e mi salutano calorosamente.

«Ehi, tesoro, che bello vederti! Vuoi pranzare con noi? Ho quasi terminato di cucinare!» chiede con dolcezza e premura mia mamma.

«Sì, volentieri! Ero in giro per commissioni ed ho voluto farvi una sorpresa!» Spiego velocemente senza entrare troppo nei dettagli.

«E ci sei riuscita!» Interviene papà, ma noto subito che mi guarda con occhi preoccupati, perché non è da me una cosa del genere.

Mia mamma ritorna frettolosamente in cucina per spegnere i fornelli e preparare i piatti, quindi ne approfitto per stare con mio padre e inganniamo il tempo apparecchiando la tavola.

Sento il suo sguardo scrutarmi, come se dovesse chiedermi qualcosa, ma allo stesso tempo è come se si trattenesse.

Terminiamo di sistemare le posate e mia madre arriva con i piatti. L'aiutiamo a posarli sul tavolo e subito mi accorgo che ha cucinato gli spaghetti alla carbonara, il mio piatto preferito.

«Inconsciamente sapevo saresti passata! Non faccio la carbonara da un bel po'» Dice soddisfatta e senza riuscire a smettere di sorridere.

Dopo qualche scambio di parola, mio padre mi chiede se sto bene o se c'è qualcosa che mi turba, perché intravede qualche venatura di tristezza nei miei occhi. Ai genitori non si possono raccontar bugie, perché ci conoscono meglio di chiunque altro, quindi cerco le parole migliori per raccontare quanto avvenuto ieri e per far sì che possano darmi qualche suggerimento.

«Be', ieri è stata una giornata un po' particolare e conoscete Gabriele, quando si impunta su qualcosa sa essere pesante.»

Mi guardano, comprensivi, e mi incitano a proseguire nel racconto. Le parole fuoriescono come un fiume in piena e si fermano su ogni dettaglio.

«Devi sapere tu cosa fare. Per noi l'importante è la tua felicità. Sappiamo che siete diversi e avete sempre fatto di tutto per far funzionare il vostro rapporto, il vostro esser complementari. Non devi ritenerti responsabile del vostro matrimonio. Tu hai chiesto, lui ha risposto. Vi siete sposati, ognuno con le proprie responsabilità.» Il tono della voce di mio padre è tra il severo e il dolce.

«Sì, tesoro, come dice papà per noi è importante che tu sia felice. Guarda noi! Anni di sacrifici nella giovane età, ma abbiamo poi trovato le nostre strade e ora siamo felici. Ricerca la tua luce, cerca di esser felice come lo eri un tempo. Hai persone fantastiche vicine e sono certa che ti staranno accanto anche in questo periodo.» Aggiunge mia mamma, nella sua dolcezza.

«Roberto in primis!» Esclama mio papà, e tutti sorridiamo per il modo in cui è intervenuto.

Ripenso alle loro parole e sono anche contenta che hanno saputo comprendere la situazione. Il fatto che siano consapevoli della spalla che è per me Roberto mi riempie il cuore di gioia, specie a ripensare al modo in cui hanno sofferto silenziosamente quando abbiamo deciso di rimanere amici.

«Sì, avete ragione. Devo farmi forza e affrontare le varie questioni di petto. Grazie mille per le vostre parole.» Rispondo ad entrambi e nei ricordi pranziamo e beviamo il caffè insieme. Vederli di fronte a me, oggi, mi fa pensare come a volte per raggiungere la felicità bisogna far sacrifici e saper lasciare andare qualcosa, se è per il proprio bene.

Sono le quattro del pomeriggio quando li saluto e mi incammino per andare in palestra.

Nel tragitto mi chiedo se Michele sarà nella struttura oppure no, ma ho preferito non avvisarlo. Vorrei che il tutto avvenga in maniera naturale. Se gli avessi anticipato che volevo incontrarlo saremmo caduti in formalismi e cliché non necessari.

Arrivata al parcheggio prendo la mia borsa e cerco con lo sguardo la sua auto, ma impiego un po' ad individuarla, tanto da iniziare a pensare che non ci sia. Mi accorgo di avere il fiato corto e guardo le mie mani che tremano, ma devo farmi forza e affrontare almeno questa faccenda. Devo combattere per quello che voglio, non avrò nulla da perdere e non vorrei avere altri rimpianti in futuro.

Varco la porta di ingresso della palestra e trovo come sempre Marta al bancone della reception.

«Ciao Marta, come stai?»

«Ciao Gaia, tutto bene e tu? Com'è andato il tuo matrimonio?» Mi chiede con tono gentile.

«È stato tutto fantastico, grazie! Ora sono pronta a tornare ai miei allenamenti!» Le rispondo mentre oltrepasso il tornello per accedere agli spogliatoi.

«Bene! Chissà Michele come ti farà sudare oggi per farti perdere le calorie accumulate l'altro ieri!» Dice con innocenza, ma mi si ferma il cuore quando inconsapevolmente mi conferma che Michele è in sala. Spero non si sia accorta del mio sguardo glaciale. Senza aggiungere altro corro giù per le scale, verso gli spogliatoi.

Appena indossati shorts e maglietta salgo in sala attrezzi e, come di consueto, cerco un tapis roulant libero per iniziare il riscaldamento. Mi guardo intorno in cerca di Michele, ma non lo vedo dalla mia visuale.

Passano quindici minuti e di lui non c'è traccia, quindi inizio a pensare a quanto il destino può esser veramente beffardo; se non avessi voluto incontrarlo lo avrei incrociato in un momento inatteso, ed ora invece che ne sento la necessità questo non accade.

Ne approfitto per fare altri esercizi, quindi inizio il mio percorso tra addominali, macchinari e kettlebell, e scopro che frequentare la palestra a quest'ora è una dolce sorpresa: non è troppo affollata, i macchinari sono quasi tutti liberi e anche gli istruttori di sala sono più disponibili a spiegarti nuovi esercizi.

Sono sulla pressa per lavorare sui muscoli e sulla tonicità delle gambe quando sento la sua voce in lontananza, mentre parla con qualcun altro. Mi fermo per scendere dallo strumento, perché ho bisogno che si accorga della mia presenza. Non impiega più di qualche secondo per posare il suo sguardo su di me.

Dondolo sulle gambe un po' in imbarazzo, sia per come potrei rendermi ridicola sia per la paura che lui non voglia riprendere la discussione di ieri.

«Torno tra un attimo.» Gli sento pronunciare queste parole e il battito del mio cuore accelera, ma lo osservo dirigersi energico nella mia direzione.

«Ehi, ciao.» Sussurro in un sorriso.

«Ciao! Come stai oggi?» Mi chiede in maniera delicata, come se temesse una qualche risposta negativa.

«Bene, grazie. Sono venuta qui per parlarti. Ho bisogno di chiederti scusa e sento anche la necessità di terminare il discorso iniziato ieri. Sono stata veramente stupida e spropositata nella mia reazione, quindi vol...«

Mi blocca posando l'indice della mano destra sulle mie labbra. «Non devi scusarti di nulla, e non devi pensare di esser stata stupida ieri. Sono io che ho sbagliato le tempistiche per affrontare l'argomento e ammetto che sono io quello che ha parlato a sproposito, quando ho voluto paragonarmi al tuo migliore amico.»

Rimango senza parole per qualche istante, quindi lui continua «Se vuoi beviamo qualcosa dopo. Dovrei terminare tra poco più di un'ora se puoi aspettarmi.«

«Certo, non preoccuparti. Ti aspetto.» Rispondo subito, per rassicurarlo e per fargli capire che ho bisogno di concludere quanto iniziato ieri sera.

«Va bene. Ci vediamo nella hall?» Chiede per avere conferma.

«Sì, ok, perfetto!» A queste parole lo vedo voltarsi per tornare dal cliente con cui sta facendo allenamento.

Provo una strana sensazione nell'osservarlo mentre si allontana e senza che io me ne accorga lo richiamo.

«Ehi, Michele...» Inconsapevolmente cerco di fermarlo e riavere ancora per un secondo la sua attenzione, e ci riesco. Il suo sguardo emana confusione quando torna di nuovo nella mia direzione, quindi aggiungo «Grazie!» Mi sorride affettuosamente e scuote la testa.

Sorrido anche io e con un umore del tutto nuovo ritorno al mio allenamento, curiosa di quanto succederà tra poco più di un'ora.

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