Capitolo 51 _ Michele

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"Rebecca!? Dove sei? Dobbiamo prepararci per andare a prendere la mamma in stazione" cerco la piccola peste tra le stanze di casa, e come sempre inizia la caccia al tesoro.

Sono passati quasi sei anni dal giorno in cui l'ho presa in braccio per la prima volta e l'ho guardata. Come immaginavamo, ha riempito le nostre vite e l'amiamo più di qualsiasi altra cosa al mondo.

È una bambina piena di energie, si accontenta nella semplicità, parla poco, ma quando lo fa di sua iniziativa ci lascia sempre un po' basiti per gli argomenti sui quali dispensa parole. È molto riflessiva, come sua madre.

Tra due mesi compirà sei anni, e più cresce più vengono rimarcate delle somiglianze con noi nell'aspetto fisico, soprattutto con Gaia.
È abbastanza alta per la sua età, con i capelli castano chiaro, tendenti al biondo, il viso lineare e dalla forma di diamante, labbra sottili eppure carnose, il nasino bello dritto, e gli occhi verdi come i miei, forse l'unica cosa che ha preso da me.

"Rebe, amore, dove sei?" Chiedo ancora una volta, non trovandola.

Sento un ticchettio sull'alta dell'armadio della cameretta, quindi sorpasso la soglia incuriosito.

"Rebe?" La chiamo di nuovo, per esser certo di aver sentito bene la provenienza del suono.
Ed ecco ancora il rumore.

Mi dirigo piano verso il suo grande armadio bianco con le ante a persiana, e cerco di intravedere la sua sagoma tra le liste di legno.

Apro piano il mobile, e le sorrido nel vederla seduta con le gambe incrociate e il labbro inferiore della bocca verso l'esterno.

"Che ci fai qui dentro, signorina?" Le domando calmo, accorgendomi che tra le mani ha una foto di noi tre in una vacanza fatta in Toscana, a Siena.

"Niente" la sua risposta è tagliente, come a volte sono quelle di sua madre.

"Te l'ho già detto, non è possibile non fare niente. Si fa sempre qualcosa, in ogni istante."

"Mmm" il verso è la sua unica risposta. Si alza e si incammina verso il letto, posando la foto sul comodino e iniziando a svestirsi per cambiarsi e uscire di casa.

"Sei triste oggi?" provo a chiederle, avvicinandomi con dei indumenti puliti da farle indossare.

"No, sono arrabbiata."

Arrabbiata? Penso tra me, e faccio attenzione a non farmi sfuggire un sorriso.
"E come mai?"

"Papà, perché tu e la mamma non siete sposati?"

Le sue parole sono come una freccia dritta nel petto.
"Perché questa domanda, tesoro?"

"Oggi a scuola mi hanno detto che sono pochi i genitori non sposati, e volevo capire perché tu e mamma non siete sposati. Federico mi ha detto che non andrò nella sua scuola il prossimo anno perché la sua mamma e il suo papà sono sposati, e voi no."

È impressionante come una bambina di sei anni possa chiedere una cosa del genere, e mi domando anche perché mai un bambino della stessa età possa fare certe allusioni.

"Bè, perché siamo comunque felici insieme, non ci serve esser sposati per esserlo. Abbiamo avuto te a dimostrazione del nostro affetto" le dico mentre l'aiuto a sistemarsi la felpa.

"Sì, ma perché non vi sposate domani?" Chiede battendo ripetutamente le braccia lungo i fianchi.

"Domani?" sono sbalordito dalla sua tenacia. In questi momenti mi ricorda proprio Gaia, e non so se debba esserne felice o no, almeno per me.

"Tu vuoi che ci sposiamo?"

"Sì"

"E perché?" cambio le carte in tavola, e ora voglio essere io quello a fare domande.

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