Capitolo 12 _ Michele

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Penso e ripenso a come affrontare l'argomento con Gaia, e ad un certo punto mi convinco che tutto verrà naturale, come tutto il resto tra noi.

Mi tormentava il fatto di non averle dichiarato i miei sentimenti prima d'ora, ma non potevo farlo prima del suo matrimonio. Ho preferito aspettare oggi per non crearle confusione in testa, e sono certo che è stata la decisione giusta. Dopo gli sguardi di ieri, la sua felicità nel vedermi, il modo in cui abbiamo ballato, mi ha fatto capire che una parte del suo cuore, seppur piccola, è riservata a me.

Sono fuori dal bar e cammino avanti e indietro sulle mie scarpe sportive, ormai consumate, mentre immagino mille scenari su come finirà; trovo conforto nel sapere che siamo abbastanza maturi da parlarne serenamente. Il fatto che ora non possiamo cambiare le cose è l'unica mia àncora di salvezza, e per il nostro bene è meglio così. Dovremmo solo esser onesti l'uno con l'altra e trovare il giusto compromesso per non farci del male e stare bene con noi stessi, lavorando sulla nostra amicizia.

Sento dei passi avvicinarsi e nel voltarmi la vedo arrivare, ancora più bella con i capelli mossi, residuo dell'acconciatura da sposa di ieri.

«Ehi.» La saluto mentre un sorriso di apre sul mio viso.

«Ciao!» Ricambia anche lei con un bellissimo sorriso, che non mi permette di distogliere lo sguardo dal suo volto.

«Sei uno schianto...» Le parole escono dalla mia bocca senza alcun filtro, ma aggiungo subito «Ti chiedo scusa per questa iniziativa spontanea... io non... è stata...» Farfuglio in improvviso imbarazzo e pentendomi di averle chiesto di incontrarci.

«No, figurati! Spontanea... va bene, cioè...mi fa piacere esser qui!» Risponde in tono amichevole, cercando di togliermi dall'impasse in cui mi stavo per bloccare.

«Be', ho pensato che fosse ora... capisci...confrontarci. Vado dritto al punto: non posso più nascondere la confusione che provo quando penso al nostro rapporto, c'è qualcosa di più dell'amicizia, ma è anche una sensazione strana. Non so spiegarmi...» La guardo, nella mia sicurezza momentanea, per vedere la sua reazione.

«Testa e cuore entrano in conflitto. Un momento credi sia tutto reale, che forse è possibile, ma il momento dopo ragioni e pensi che sia solo pensiero, illusione. Un cubo di Rubik mentale che non riesci a risolvere. Pensi al tuo bene, a quello dell'altro, e ti tiri indietro.
È quello che provo io, da quando ti ho conosciuto.» Esprime il mio pensiero a parole, mentre distoglie lo sguardo e si guarda i piedi. Non posso credere a come siamo allineati.

Le sollevo il volto posando una mano sotto il suo mento, voglio guardarla negli occhi. Il suo sguardo è carico di tristezza ed emana una tenerezza da straziarmi il cuore, e l'abbraccio stretta.

Rimaniamo così per qualche minuto, come se questo momento potesse durare per sempre.

Ancora chiusi nel nostro abbraccio le sussurro se le va di passeggiare e sento la sua testa muoversi sul mio petto per acconsentire alla mia proposta.

«Non avrei potuto esprimere meglio l'idea di come lo abbia fatto tu. E da una parte sono sollevato nell'avere conferma di essere sulla stessa lunghezza d'onda.» La incito mentre ci avviamo lungo la via.

«Anche per me è un sollievo parlarne e sapere che anche tu provi qualcosa per me, o comunque hai un po' di confusione. Non lo credevo possibile. Una come me che piace ad uno come te? Non pensavo potesse capitare l'impossibile!» Mi risponde, cadendo nell'autocritica. Vorrei avesse la possibilità di guardarsi con i miei occhi, almeno una volta.

«Ma cosa vuol dire? Non è l'apparenza quello che conta! Tu sei una donna solida nei tuoi valori, esprimi sempre con chiarezza le tue idee, sei determinata, ti curi degli altri... è questo che conta veramente, come sei dentro. Non posso credere che ancora ti giudichi solo per il tuo aspetto esteriore!»

«Sì, ma io...» Insiste nella sua idea, ed io non posso permetterlo.

«No, Gaia, basta, ti prego! Devi circondarti di persone che ti stimolino ogni giorno ad essere migliore, non che ti giudichino per come appari.» Cerco di convincerla di quello che le sto dicendo.

«Okay...» Sospira e si stringe nelle braccia.

Cerco di tornare alla nostra discussione. «Hai capito ora perché non volevo venire al tuo matrimonio? Perché è stato così difficile ieri per me?»

Mi guarda e mi fa cenno di sì con il capo.

«Non so come sia possibile cercare di mantenere la nostra amicizia, anche se non voglio allontanarmi da te. Ma non posso permettere che ci facciamo del male.» La sua voce è flebile, e prende la via più facile che ci sia.

«Non c'è bisogno di allontanarsi. Siamo maturi abbastanza da gestire questa situazione. Tu nutri sentimenti profondi per Gabriele ed io sono troppo rispettoso nei tuoi confronti per farti commettere errori. Possiamo gestire questi sentimenti e trarne beneficio per creare un'amicizia solida, un po' come il ragazzo della tua migliore amica.» Cerco di convincerla che è possibile, che possiamo farcela.

«Roberto? Non puoi pensare ad una cosa del genere! Io e Roberto abbiamo un vissuto... siamo due anime gemelle che hanno deciso di separarsi. Lui è il mio rimpianto più grande, ma anche la mia maggior soddisfazione di vita. Ora entrambi siamo felici di quello che abbiamo.» Il suo tono è diventato duro, tagliente. Non sapevo di toccare un tema così vivo e dolente per lei, ma le sue parole mi fanno male.

«Io credo che tu sia prigioniera della tua mente e non del destino che ti sei voluta costruire e di cui tanto parli, ma che non è in grado di darti felicità. Dai importanza a quello che hai e non a quello che vorresti essere: felice.» Dico quasi urlando.

Si gira di scatto e si blocca. Mi punta un dito al petto e fa per pronunciare qualcosa, ma si ferma e vedo ad un tratto una lacrima scivolare veloce lungo la sua guancia pallida.

«Scusami, non sapevo, non avrei mai osato...»

«Non preoccuparti. Scusami tu per la mia reazione, ma è un argomento off limits.» Mi risponde mentre si dondola sui piedi.

«Ehi, ti prego, non far così. Non volevo dire veramente ciò che ho detto.» Non risponde, ma si butta tra le mie braccia e non posso far altro che consolarla.

«Ti aspetterò, ora e sempre. Se non sei pronta per questo, per la nostra amicizia, lo capisco. Ma dovrai sempre ricordarti che io ci sarò sempre per te.» Sussurro queste parole nella speranza di un ultimo appiglio.

Poco dopo si allontana e con sguardo vuoto bisbiglia «È ora che io vada.»

Senza aspettare risposta si volta e si incammina velocemente verso il bar. Non riesco a muovermi, bloccato sulle gambe che sento molli, e mi domando se ho fatto veramente la cosa giusta.

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