Cieca.

Capitolo 3-Che Tormento

La castana dal naso all'insù non faceva altro che girarsi e rigirarsi nel letto, ma lui continuava a tormentarla.
<<Sarà il nostro piccolo segreto, ok Tris?>> le sussurrò vicino al suo orecchio.
Annuì a fatica.
La ragazza provava puro terrore e lui lo percepiva nonostante lei volesse nasconderlo a tutti i costi: sarebbe risultata debole ai suoi occhi, ma non capiva che lei non avrei mai potuto essere più forte di lui.
Non vedeva l'ora che fosse il mattino dopo così avrebbe potuto andare a scuola e preoccuparsi per essa come qualsiasi normale adolescente, però la normalità non le si addiceva.
Sapeva che avrebbe dovuto sopportarlo comunque, vista la comunicazione mentale, ma almeno non avrebbe dovuto guardarlo, quindi avrebbe avuto un po' di tregua.
<<Lasciami in pace>> disse trovando coraggio.
Lui rise di gusto e si sedè accanto a lei.
<<Chiedi troppo>> le sfiorò il viso con la l'indice della mano destra.
<<Non toccarmi>> quasi ringhiò Beatrice.
<<Beh>> allargò il suo sorriso da maniaco, <<un pensierino ce la farei>> il suo dito scese fino ad arrivare all'orlo della maglietta della ragazza, che subito si allontanò e si girò dall' altra parte.
<<Sparisci>> gli ordinò.
Aveva davvero paura, non solo del fatto che avrebbe potuto molestarla, ma anche del fatto che magari se non ci fosse stata ci avrebbero rimesso le persone che amava.
<<Tranquilla Tris, non ho intenzione di fotterti per ora: non è nelle mie priorità>> tentò di tranquillizzarla e lei emise un sospiro di sollievo.
Iniziò ad accarezzarle i capelli delicatamente e sarebbe stato pure piacevole se l'azione non l'avrebbe svolta un demone assetato di sangue.
<<Cosa vuoi?>> gli domandò la banshee dopo qualche minuto.
<<Vendetta>> rispose maligno il nogitsune facendola rabbrividire e deglutire.
<<Tranquilla, non ho ancora intenzione di farti nulla e non farmi cambiare idea; parlo dei tuoi stupidi amichetti>> sorrise immaginando come sarebbe stato bello torturare quegli insulsi ragazzini, secondo il suo punto di vista.
<<Perché?>> chiese ancora la castana.
<<Loro hanno interrotto il mio gioco e io interromperò le loro vite>> affermò convinto, come se il suo ragionamento fosse giusto.
<<E ne vai fiero?>> si girò lei guardandolo con disprezzo.
<<Ho un dejavuu>> le sorrise divertito lui.
<<Dovresti farti schifo>> disse acida la ragazza.
<<Attenta a come parli, tesoro>> le afferò il viso senza farle male, <<Potresti rimanerne ferita anche tu altrimenti>> la minacciò.
<<Lo preferisco rispetto a continuare a vivere sapendo di non aver provato a difendere i miei amici>> ammisse coraggiosa Beatrice.
<<Se io fossi in te penserei alla mia inculimità>> cercò di farla ragionare a modo suo, fallendo miseramente.
<<Ma io non sono te, tesoro>> lo prese in giro.
Strinse più forte il suo viso, iniziando a farle male.
<<Ricorda che non mi farei scrupoli ad uccidere nessuno, giocattolino>> la minacciò.
Annuì e lui lasciò completamente la presa sul suo volto.
Avrebbe voluto urlargli di smetterla di spaventarla e che non era il suo giocattolino, ma decise che per ora era meglio starsene buona e zitta, così da non farci andare di mezzo il suo branco, ma non capiva che stava facendo esattamente quello che voleva lui: sottomettersi.
È brutto da dire, ma è così.
Non era consapevole del fatto che piano piano sarebbe andata fuori di testa, che la sua sanità mentale sarebbe andata a puttane, ma come poteva saperlo?
Era tutta colpa sua, colpa del nogitsune.
Ma lui a chi attribuiva la colpa?
A quella povera donna di Sheila, che fondamentalmente non ne aveva.
Se lui non fosse un essere egoistico non sarebbe accaduto niente di tutto ciò.

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Non chiuse occhio quella notte.
Si alzò dal letto stremata con molta fatica.
Lui era giustamente sparito, altrimenti suo zio Deaton avrebbe cercato di ucciderlo e sarebbe morto prima quello che voleva assassinarlo.
Beatrice sbuffò sonoramente.
Questa situazione continuava da solo due giorni e già non ne poteva più.