I passi dell'amore

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I giorni passarono pigri, e mentre le mattinate si trascinavano dedite alla pulizia dell'immensa casa, i pomeriggi liberi erano usati per attività di svago, o per studio nel caso di Hermione. Una cosa inspiegabile, visto che la ragazza aveva già finito i compiti da giorni, mentre i suoi amici non li avevano neanche iniziati. Harry si fece battere da Ron agli scacchi dei maghi almeno tre volte ogni pomeriggio, con Ginny a guardare sconsolata le partite, sperando sempre che il moro iniziasse a parlare con lei e la smettesse di cercare di fare a pezzi gli scacchi di Ron. Draco leggeva letteratura magica, uno stile completamente diverso dal libro che gli aveva cambiato l'esistenza. Beh si, lo poteva dire, quel libro gli aveva fatto tradire la sua famiglia e innamorare di una Sanguesporco. Non che i nomi avessero più importanza ora, lei era soltanto Hermione.

Ripensò a quando si era dichiarato, all'illogica pretesa che lei lo accettasse quando aveva appena visto Lenticchia fidanzarsi. Aveva avuto un tempismo da schifo, e un atteggiamento ridicolo, ora lo riconosceva, e capiva anche le parole che lo avevano tanto ferito.

"Oh ringraziarti? Si, ti devo ringraziare" sputò lei "di non rendere necessario dare un tono afflitto al mio rifiuto che sarebbe stato consono se ti fossi comportato più da gentiluomo!"

Se lo ricordava, quella frase era impressa nella sua memoria, e ora la capiva. Quanto era stato superficiale a dichiararsi, e a dichiararsi in quel modo, quando non la prendeva come una cosa seria. Lei era ancora uno stupido gioco, e lui era incuriosito da quel suo nuovo sentimento come un bambino che scopre il mondo, che ancora non sa controllare i suoi istinti. Ora invece capiva, eccome se capiva, e odiava Weasley ancora di più per averla fatta soffrire. Preferire un'oca come la Brown a Hermione! Così intelligente, sveglia, gentile, e carina - no, non bella, lui lo sapeva, ma solo carina. Lei era riuscita a superare i pregiudizi, era stata la prima a credere in lui, e questo lo aveva reso forte della sua decisione. Se non fosse stato per Hermione Granger, lui sarebbe stato ancora a cercare il modo di uccidere Silente.

Aveva la sua immagine impressa in mente, i capelli crespi e senza mai un verso che lei non si preoccupava di curare, la divisa di Hogwarts perfetta, non aveva mai accorciato la gonna o sbottonato la camicia, e quando non aveva la divisa, i pantaloni comodi, mai gonne o vestiti per attirare l'attenzione. Eppure quando passava si era ritrovato a girarsi, quasi incapace di distogliere lo sguardi da un paio di banalissimi occhi castani, ma vivi e lucenti, così diversi dai suoi.

Draco lo sapeva che era considerato uno dei ragazzi più belli della scuola, e i suoi occhi venivano definiti in vari modi: tempesta, ghiaccio, magnetici, ma lui sapeva di che colore erano veramente. Si era messo davanti allo specchio quel giorno in cui la Grifondoro lo rifiutò, per ritrovare nelle sue pupille una definizione di quelle che gli davano le ragazzine adoranti. Una sola parola affiorò nella sua mente: nebbia. Aveva gli occhi del colore della nebbia di Londra, densa e pastosa, di quel grigio che toglieva fascino ai colori e nascondeva la bellezza della città; non erano chiassosi come una tempesta, ma piatti, non brillavano come il ghiaccio al sole, e non catturavano lo sguardo di nessuno. Aveva passato una vita a vedere senza guardare, a sfiorare senza mai catturare l'anima delle cose. Poi era arrivata lei, e quel libro.

Quel libro maledetto! - urlò la testa di Draco mentre sul volto compariva un sorriso involontario. Era solo un accenno, ma bastava.

Mancava un giorno a Capodanno, e sapeva che le ragazze avrebbero avuto da fare dalla mattina per prepararsi non sapeva con quale magia, quindi decise di ridare quel giorno il libro a Hermione.

Sfogliò le pagine a ritroso, fino a ritornare alla prima, quando tutto era iniziato. Rivide la dedica della madre di Hermione.

"... anche se magari non è chi ci aspettiamo."

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