Capitolo 5° - La banana

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"Non ci è dato di scegliere la cornice del nostro destino, ma ciò che vi mettiamo dentro è nostro"
(Dag Hammarskjöld)

"Non ci è dato di scegliere la cornice del nostro destino, ma ciò che vi mettiamo dentro è nostro"(Dag Hammarskjöld)

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LA BANANA

Quante possibilità ci sono che proprio Lui, l'uomo dei mostro-ffin, ragazzone dalle spalle larghe che mi fissa sulla porta sbalordito, si anche il nipote del mio adorato signor Paolino?
Quante possibilità possono esserci? Continuo a chiedermelo mentre lo guardo, altrettanto stupita e silenziosa. Mi rendo conto di avere la bocca spalancata dalla sorpresa e la chiudo velocemente, il rumore dei miei denti che sbattono fra loro rimbomba nella stanza e la situazione si fa ancora più imbarazzante.
- Qualcosa mi dice che voi due vi conoscete già -
Interviene il signor Paolino per rompere il silenzio.
- Si..- risponde lui, ma con poca convinzione.
Il suo sguardo cambia e smette di guardarmi concentrandosi sul nonno seduto davanti a lui. Mi sembra arrabbiato ora, prima di distogliere lo sguardo mi ha fulminata e penso che sia adirato per la buca che gli ho dato a colazione.
"Beh, non era mica un vero appuntamento!" continuo a dirmi, ma non so come mi sento in colpa lo stesso. Forse ho sbagliato a non andare in pasticceria stamattina, forse quest'uomo ci teneva davvero a fare colazione con me e prova un certo interesse. Non ho tempo di continuare a pensare perché il mio capo comincia a parlare e mi tira piano per un braccio come per scrollarmi dai monologhi che sto facendo con me stessa, come se sapesse che qualcosa non va.
- Chiara perché non mostri a Tommaso il negozio? E' così tanto tempo che non viene qui che sono sicuro gli farà piacere vedere quante cose nuove siamo riusciti a collezionare -
- Già...collezionare, non vendere..- dice Tommaso, con tono amaro a voce bassa, ma non abbastanza da non essere sentito. Il nonno comunque fa finta di niente e mi fa segno con la mano di avviarmi in negozio. Io ubbidisco e comincio a spostarmi in avanti, ma sono io quella davvero arrabbiata adesso. Mentre lo sorpasso sbatto appositamente su di lui dandogli una spallata, e per capirci, in modo poco amichevole. Come si permette questo tizio di venir qui e pensare di sapere tutto su questo negozio? Sarà pure il nipote del proprietario ma non sa un cavolo di questo posto. Quello che ha detto sembrava una sentenza sputata su di una realtà che va avanti da tempo , ma assolutamente non veritiera. Ha piuttosto espresso un suo pregiudizio del cavolo, facendo una gran figura di merda. Ci credo che suo nonno non vuole lasciargli il negozio e non si fida. Ho già cambiato idea. Penso che accetterò l'offerta che mi è stata appena fatta. Non permetterò a un altro stupido uomo di rovinare qualcosa di bello nella mia vita, e in questo caso quella "cosa" è "la finestrella".
A passo di carica mi dirigo verso il bancone dove ho lasciato la borsetta e inizio a frugarci dentro. Anche un pazzo capirebbe che sono furiosa e prenderebbe le distanze, ma lui no. Lui mi prende delicatamente per un braccio costringendomi a girarmi verso di lui. Lo incenerisco con un occhiata e rimango muta.
- E quindi sei tu...- mi dice con un sorrisetto.
- Io cosa? – gli chiedo sbuffando, tornando a girargli le spalle.
- Sarai tu la persona con cui dovrò condividere la gestione di questo posto – dice lui come se fosse la cosa più ovvia della terra.
- Ascoltami bene – gli dico voltandomi nuovamente, e sono certa di avere lo sguardo di una belva assetata di sangue perché tutto ad un tratto lui ha un espressione atterrita con tanto di occhi spalancati.
- Tu non sai nulla di questo posto, da anni che lavoro qui non ti ho mai visto varcare quella porta e tanto meno preoccuparti su come va o non va l'attività. Ti sei tenuto alla larga da qui e adesso ti permetti, per lo più davanti a tuo nonno che ha sacrificato qui dentro tutta la sua vita e si è spaccato la schiena, di venir a dire che La Finestrella non funziona? Che collezioniamo le cose e non le vendiamo? Te lo ripeto in modo da essere molto chiara...Tu non sai nulla! Non sai proprio un bel niente. E non permetterti mai più di dire qualcosa o di parlare di qualcosa di cui non sai in mia presenza! – per essere più convincente sbatto anche la mano sul bancone, un tonfo risuona nella stanza a segnare la chiusura della discussione. Lui mi fissa ancora con quell'espressione, poi guarda la mia mano ed inorridito esclama:
- Oh cazzo! -
Ma cosa diavolo vuole ora questo? Ho lo smalto un po' grattato e non di un bellissimo colore e allora? C'è da farne una tragedia? La mano comincia a pizzicarmi e mi convinco a guardarla, ancora ben piantata sul bancone. La alzo e la giro davanti agli occhi.
- Porca vacca...- faccio io con voce flebile guardandomi ancora da più vicino la mano. Non è possibile, non può essere possibile. Chi cazzo l'ha lasciato li? Chi cazzo ha messo lì quel chiodo? La mano sanguina, il chiodo mi si è impiantato nel palmo e l'ha trafitto da parte a parte. L'adrenalina data dalla rabbia sta passando e io comincio a sentire il dolore, che in un primo momento non ho sentito. Oddio il sangue, il chiodo, la mano, oddio, ma è davvero la mia mano? Ma chi cazzo l'ha messo li? Svengo.

Quando mi sveglio sono  seduta in una macchina in movimento. La testa è appoggiata al finestrino e vedo la pioggia battere forte sul vetro. Ma quando ha cominciato a piovere? Un dolore alla mano mi distrae, sposto lo sguardo e la trovo tutta fasciata in degli stracci insanguinati. Istantaneamente ricordo tutto quello che è successo e realizzo che molto probabilmente mi stanno portando in ospedale. Si ma chi? Sposto piano la testa per voltarmi e sento che anche quella mi fa un gran male, devo averla sbattuta cadendo. Tommaso sta guidando, è spazientito dal traffico che continua a farci fermare lungo la strada e sembra preoccupato. Una goccia di sudore scivola dalla sua fronte e lui l'asciuga frettolosamente con la manica. Sarà anche lui un cretino, ma è proprio un bel pezzo di cretino.
Non so perché faccio questi pensieri ora, sarà il colpo?
Sento un'improvvisa ondata di nausea salire dallo stomaco e la testa comincia a girare vorticosamente. Apro il finestrino giusto in tempo e rimetto la banana mangiata prima di arrivare in negozio stamattina. Sento lui imprecare alle mie spalle, me ne frego e comunque meglio fuori che dentro no? Dovrebbe essere contento. Apro gli occhi bagnati dalle lacrime, la gola mi brucia per lo sforzo. Mugolo. Bene, gli ho fatto la fiancata, adesso il suo Suv bianco ha una bella striscia giallina nuova di zecca sulla portiera. Che schifo, che figura di emme. Svengo di nuovo con la testa a penzoloni mentre l'ultima cosa che vedo sono i miei capelli che vanno a far visita alla banana. Merda.

Grazie di aver letto il quinto capitolo del mio libro

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Buone letture, un abbraccio.

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