"La vita sceglie la musica, noi scegliamo come ballarla"
(John Galsworthy)LASCIAR ANDARE
-Tutto bene nonno stai tranquillo, tra un attimo parlo con il medico -
Una voce familiare risuona bassa e pacata nelle vicinanze. Apro gli occhi molto lentamente, le palpebre sono più pesanti che mai.
- Si è svegliata ora, ti richiamo-
Tommaso mi sta guardando e mi da un buffetto su una guancia.
- Me lo immaginavo meglio un primo appuntamento – mi dice ironico con un sorriso.
Mi torna tutto in mente, le sue parole al negozio di antiquariato, la discussione, il chiodo, il viaggio in macchina...oddio la banana. Alzo il braccio e vedo che la mano è medicata con cura.
- Ti hanno dato qualche punto e l'hanno fasciata. Hanno appena finito e ora che ti sei svegliata ti faranno anche una tac, hai battuto la testa e visto anche l'episodio...in macchina...Sospettano un leggero trauma cranico -
Non ho voglia di rispondere, rimango in silenzio e chiudo ancora gli occhi facendo finta di dormire. Sento che lui si alza e oltrepassa le tende tirate che ci separano dalle altre persone. Siamo nella stanza dedicata ai pazienti in osservazione del pronto soccorso. Ho riconosciuto subito il posto perché ci sono già stata una volta. Lo sento parlare con qualcuno ma non capisco cosa dice, poco dopo ritorna accompagnato da altri passi. Una mano fredda mi tocca il braccio destro e sono costretta a riaprire gli occhi. E' un medico, mi informa sulle mie condizioni e mi rispiega quello che mi ha già detto Tommaso. Ha lo sguardo gentile, ma aspetto a tirare le conclusioni perché visto come si è dimostrato oggi l'uomo fantastico dei mostro-ffin non vorrei fare lo stesso errore, magari questo medico alla fine si rivelerà un cinico dottore a cui non gliene frega nulla della mia salute. Mi portano via e io faccio un cenno di saluto al mio "cavaliere".
- Starò bene, ci vediamo- gli dico prima di sparire dietro l'angolo. Andare in giro con il letto è proprio uno spasso però, lo voglio dire.Dopo la tac mi fanno aspettare un eternità sdraiata sulla lettiga fuori nel corridoio, riesco a fare anche un altro pisolino e quando mi risveglio il portantino mi sta riaccompagnando in stanza. Sto molto meglio e vorrei quasi alzarmi, ma sento che sono ancora debole, le gambe non reggerebbero e sinceramente per oggi preferirei evitare un altro capitombolo. Mentre passiamo dal corridoio guardo un orologio appeso al muro, sono le quattro del pomeriggio. Caspita devo esser stata via una vita, mi dico. Vengo riportata fino al mio posto nella stanza d'osservazione. Il portantino nella sua vita segreta deve essere un ninja perché mi rimette esattamente dov'ero senza sbattere da nessuna parte e senza fare il minimo rumore. Infatti non sveglia nemmeno Tommaso che si è addormentato sulla sedia. Ma cosa ci fa ancora qui? Mi chiedo. Lo osservo. Ha la faccia imbronciata, ma questa espressione gli dona. Quel labbro corrucciato e quelle ciglia lunghe e nere...fanno tenerezza. Mi piacerebbe fargli una carezza ma poi realizzo che non posso e che la botta in testa mi ha davvero fatto male. Non riesco proprio ad inquadrarlo questo uomo. Mi sembrava così gentile e attento, oggi invece si è comportato da insensibile con suo nonno. Però devo ammettere che con me è stato carino, dopo avergli fatto la fiancata della macchina è ancora qui che mi aspetta. In fondo non mi conosce, sarebbe già potuto andare per gli affari suoi mollandomi qui in balia del destino.
Decido di svegliarlo, gli do un colpetto sul ginocchio con la mano buona. Lui fa uno scatto, si è spaventato. Si siede composto sulla sedia dalla quale stava scivolando e mi guarda. Ha tutti gli occhi arrossati.
- Ciao – gli dico.
- Ciao – risponde lui appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
Così facendo si è sporto in avanti e ora è molto vicino a me, come quel giorno a colazione. Riesco a vedere che ha una piccola cicatrice sopra il sopracciglio, non l'avevo ancora notata.
- Sono caduto dal seggiolone – mi dice, come per rispondere alla mia domanda silenziosa dopo essersi accorto che la stavo fissando.
- E' stata la caduta a farti diventare bipolare?- gli chiedo, questa volta a voce.
- In che senso? – dice perplesso.
- Nel senso che nelle colazioni che abbiamo fatto insieme tu sei sempre stato cortese e carino. Oggi invece ti sei comportato malissimo dicendo quelle cose davanti a tuo nonno, proprio maleducato -
Lui spalanca gli occhi e sembra sorpreso, come se finalmente avesse compreso qualcosa.
- Ora capisco il senso del tuo monologo da fuori di testa – dice lui ridendo e scuotendo al testa.
- Cos'hai da ridere? – sbotto.
- Niente...non hai capito, o meglio...hai frainteso – risponde.
-Cosa?- chiedo impaziente.
- Quando ho parlato del fatto di collezionare. Hai frainteso. – alza la testa verso il soffitto e mette le braccia dietro la testa, sorride e sembra stia ricordando qualcosa.
- Quando ero piccolo..- comincia – andavo sempre da mio nonno in negozio. Mi piaceva stare li, ma soprattutto mi piaceva stare li con lui mentre mi raccontava un sacco di storie su quello che avevamo in negozio. La maggior parte non so nemmeno se siano state vere o inventate, ma non mi importa. Mi divertivo ed ero davvero affascinato. Ma a un certo punto ho smesso di andare. Sono stato sopraffatto da un sentimento di rabbia verso mio nonno-
-Perché?- gli domando-
-Perché lui vendeva le cose che avevamo li, cose a cui mi ero affezionato. Non capivo come riuscisse a darle via. So che non ce ne facevamo nulla e so che erano li a prendere polvere e basta, ma facevano comunque parte della nostra vita. Lui le lasciava andare e basta, come se non fossero mai state sue. Ogni volta mi diceva "Tommy devi imparare che le cose, le persone, tutto quello che pensi ti appartenga in realtà non è una tua proprietà. Impara a lasciar andare...". Non capivo il senso della frase e forse, visto che sono tutt'ora sono un po' materialista, ancora non l'ho capito bene. Fatto sta che oggi hai frainteso. Il collezionare era riferito a me, non a mio nonno. Sono io quello che "non lascia andare", ed è forse per questo che mio nonno non si fida a lasciare il negozio in mano mia, oltre al fatto che di antiquariato non ne capisco un tubo, ha paura che io non riesca a vendere nulla per la paura di dovermene separare -
Lui abbassa la testa e torna a guardarmi. Io mi sento un'emerita idiota. Non so cosa dire, me ne sto qui con la bocca aperta che non emette suoni.
- Non serve che dici nulla....capisco la tua reazione, anzi la apprezzo, almeno so che ci tieni alla finestrella – dice lui strizzandomi l'occhio, ancora una volta ha letto tra i miei pensieri.
- Mi..mi dispiace molto – gli dico balbettando.
- Non preoccuparti – ribadisce lui – è a me che dispiace, soprattutto per la tua povera testolina e per la mano -.
Gli sorrido. E' davvero un ragazzo gentile. Troppo. Ed io? Sono io la stronza. Vorrei dirmi milioni di parolacce e seppellirmi tre metri sotto terra dalla vergogna, ma oramai è andata così, l'unica cosa che posso fare è recuperare.
- Appena mi dimettono potrei offrirti qualcosa alla "Les bonnes choses" per farmi perdonare? - provo a chiedere con un mezzo sorriso.
- Certo, tanto ti hanno anche pulito i capelli quindi sei presentabile – mi dice lui facendomi un altro occhiolino.
Capisco che mia ha davvero perdonata per il casino che ho combinato oggi, ora sono più serena, e mi sale già la colina in bocca pensando a cosa mangerò più tardi. Deve ringraziare il santo che mi ha lavato le ciocche piene di banana poi.
- Allora hai deciso qual è il tuo dolce preferito? – mi domanda rompendo il silenzio che si è creato mentre sto pensando.
- Te l'ho detto - gli rispondo – mi piacciono tutti!-
- Ma ci sarà uno che preferisci – ci riprova lui.
- Mah, gli abbino molto al sentimento o l'azione del momento, ma non c'è uno che mangerei in qualsiasi momento indipendentemente dalla situazione-
Lui scuote la testa, ha capito che deve rinunciare. Ma devo avere un dolce preferito per forza? Non capisco perché ci tiene così tanto a saperlo.
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Muffin a colazione
ChickLit"Sei un viscido bastardo, ti voglio fuori da qui entro stasera". Questo è il biglietto che sto lasciando al mio fidanzato questa mattina. Per essere precisa lo lascio in bagno. Un bel post-it giallo attaccato al suo spazzolino. Quel maniaco dell'ig...