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jisung non conosceva nulla di quel ragazzo, perché mai avrebbe dovuto aiutarlo? provava tranquillità quando lo vedeva, quelle due volte in cui i loro occhi avevano  fatto capolino tra essi, ma pensò fosse normale, conosci una persona da poco è ovv...

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jisung non conosceva nulla di quel ragazzo, perché mai avrebbe dovuto aiutarlo? provava tranquillità quando lo vedeva, quelle due volte in cui i loro occhi avevano  fatto capolino tra essi, ma pensò fosse normale, conosci una persona da poco è ovvio che sei timido, se poi ci sei stato così vicino ancora di più. non capiva quindi quale fosse il motivo di ritornare in quel negozio. forse per ringraziarlo? probabile. forse per assaggiare uno dei suoi disgustosi frappè? nah. forse per rivedere lui? ma neanche morto.

per questo era così indeciso se andare o meno.

le opzioni erano tante: far sì che la proprietaria del negozio in cui forse avrebbe lavorato da lì a poco facesse arrivare un messaggio a quel ragazzo con un semplice "grazie".

oppure chiedere al suo amico jaemin di dire al suo ragazzo teayong di dire a minho che jisung gli ha detto grazie.

o anche farsi passare in qualche modo il numero di Minho e scrivere ' grazie per avermi trovato lavoro a mai più ' oppure semplicemente tornare in quel cafè.

pensava a questo alle 10 di mattina, perché questo orario? semplicemente perché era tornato a casa alle 6 di mattina ed aveva dormito solo 4 ore. aveva troppe cose per la testa. una di queste era la scuola, non ci andava da una settimana, non si faceva sentire da una settimana, probabilmente non mangiava da una settimana, ma a lui tutte queste cose non importavano, anche gli altri dovrebbero preoccuparsi per te, eppure non lo fanno, quindi perché farlo lui stesso.

non sarebbe andato a scuola neanche quel giorno e probabilmente nemmeno il giorno successivo.

si alzò dal comodo letto su cui era steso a fissare il soffitto e contemplare le sue ragioni di vita irrilevanti, per spostarsi di poco ed andare in cucina - sì, quella era la sua routine da una settimana: letto cucina bagno salotto letto cucina bagno e via così. una noia mortale ma che jisung amava tanto, o meglio, pensava di non aver di meglio da fare, quindi continuava a fare la stessa identica cosa ripetutamente.

perché era andato in cucina non lo sapeva neanche lui, lo faceva ogni giorno ed era diventato un vizio, ma appena arrivava stava impalato davanti al cibo nelle mensole pensando a quanto facessero schifo quelle cose. l'unica cosa che lo salvavano erano i frappè, lui sapeva farli, in confronto a quel ragazzo, che ancora una volta era riuscito ad entrare nei discorsi che jisung faceva al jisung dentro di sé.

anche questo era un vizio forse: pensare a quel ragazzo. non ne capiva il motivo eppure quel ragazzo, ad ogni frase il biondo diceva, il moro doveva esserci.

che disperato.

decise di bere qualcosa, si sentiva la gola davvero troppo secca ed aveva paura di morire. l'acqua per lui è sempre stata qualcosa di malvagio, odiava l'acqua in tutti i modi possibili, e solo l'idea che il suo corpo fosse formato per il settanta percento da essa gli faceva sempre venire i brividi. odiava l'acqua proprio come un gatto, non sapeva perché, aveva sempre bevuto poco nella sua vita, due bicchieri al giorno gli bastavano. sapeva l'avrebbe portato a stare male in futuro, ma a lui non è mai importato più di tanto. l'unica cosa che amava bere però erano i frappè, anche di questo non sapeva perché, solo amava infinitamente qualsiasi tipo di frappè. optò quindi per un semplice frappè al kiwi, non lo faceva impazzire molto, ma lo avrebbe allungato col latte e l'avrebbe gradito di più. fece sempre le stesse cose: bicchiere, frullatore, coltello, frutta, accensione, cannuccia e via era fatto. assaggiò il tutto ed il risultato gli piacque più del previsto, lo bevve tutto e, riposando poi il tutto nel lavello, si risdraiò sul divano in cerca invano di trovare un motivo alla sua vita. 

era stancante stare a casa a non fare nulla, avrebbe preferito uscire, magare andando in quel parchetto, ma era troppo stanco anche solo per salire le scale. accese il cellulare, senza sapere bene il perchè, andò su un social a caso, svogliatamente scrollò le foto a lui davanti. 

una però attirò la sua attenzione; era una coppia, una coppia normale, semplice, felice probabilmente. si stavano tenendo per mano ed entrambi girati di schiena guardavano il paesaggio. com'era possibile che una semplice foto fece sorridere jisung, il quale la stava fissando da forse troppo tempo, sentendo il suo viso formare un sorriso, ed il suo cuore improvvisamente far male. 

si mise a ridere da solo, stava ridendo da solo e lo sapeva, ma non riusciva a smettere.

che disperato.

stava iniziando a smettere di ridere, si stava pian piano rendendo conto che stava ridendo da solo. si stava lentamente rendendo conto di essere da solo, di non avere nessuno al suo fianco, di non aver mai riso veramente con qualcuno, che non mangiava da quasi una settimana, di avere male, sete, voglia di vomitare, di dormire, di andare a scuola, di uscire di casa, di mangiare qualcosa che non fosse frappè, voleva vedere qualcuno, il sorriso di qualcuno, il sorriso di qualcuno grazie a lui, voleva che qualcuno lo vedesse e subito sorridesse, voleva tutto questo ma si rese conto di essere solo, di esser rimasto solo, e probabilmente per colpa sua, il suo comportamento, il suo distaccamento improvviso dal mondo esterno, il suo essere insicuro, il suo star male, li aveva causati lui a se stesso. aveva bisogno di qualcuno da guarire, qualcuno da conoscere, da amare, qualcuno da avere, qualcuno da stringere. si stava facendo male da solo, si stava riducendo allo stare da solo, si stava riducendo a piangere.

 e fu quello che fece, si mise a piangere, aveva realizzato a che punto della vita era arrivato, aveva realizzato di essere solo, aveva realizzato di aver bisogno di piangere, di sfogarsi, di sorridere, di vedere qualcuno, invece era su quel lurido divano, sporco, schifoso, odiato, mal messo, a piangere lacrime salate, facendo bagnare la sottile maglia bianca che lasciava intravedere il suo esile corpo.

aveva abbassato la guardia per un secondo, ed il mondo gliel'aveva fatta pagare. voleva solo che qualcuno lo amasse anche per un misero minuto. 

ma come puoi pretendere che qualcuno ti ami se te prima non provi ad amare? ed era quello che jisung faceva - si chiudeva, lontano da tutti, e solo perché aveva paura di una possibile rottura. 

piangeva chiuso sulle sue stesse braccia, la testa in mezzo alle gambe, il respiro affannato, le mani sulle orecchie, gli occhi chiusi come lucchetti e le sopracciglia unite, mangiava le sue stesse lacrime, e l'unica cosa che udiva erano le sue stesse parole che ripeteva in continuazione per cercare di far qualcosa. 

 calmati 

 calmati 

smettila

 va tutto bene 

 calmati 

 calmati

respira 

 jisung calmati 

 jisung stai bene 

calmati 

sperava che quelle parole urlate al vento servissero a qualcosa, eppure non smetteva di piangere, aveva cominciato ad urlare, a piangere ed urlare contemporaneamente, il suo dolore si stava riversando tutto assieme, stava male, non poteva nasconderlo, per questo urlava. 

sperava che qualcuno lo sentisse e preoccupato sarebbe arrivato di fretta a salvarlo, sperava in chiunque, anche uno sconosciuto, bastava una persona, eppure non successe nulla, e lui continuava a urlare, aveva male la testa, essa stava davvero per scoppiare, si sentiva girare, aveva male, il petto si alzava e si abbassava in modo totalmente disconnesso, il respiro mancava, cominciò quasi a trattenerlo, aveva paura di se stesso in quell'esatto momento, ma non riusciva a fare altro. 

il sangue gli arrivò al cervello ed una morsa allo stomaco lo fece accasciare per terra, ancora piangendo ed urlando, nel mentre la sua testa vedeva nero, iniziò a perdere sangue da naso ma non se ne accorse nemmeno lui, aveva male, stava male, urlava, assaggiava le sue stesse lacrime, e le trovava di un sapore meraviglioso. 

un ultimo respiro, un ultimo urlo, un'ultima lacrima, tanto che dopo di essa vide nero e svenne nelle mani del dolore, fattesi ormai troppo pesanti.

in quel momento il suo cuore capì - capì di soffrire di athazagoraphobia

𝘀𝗶𝗰𝗸 | 𝗺𝗶𝗻𝘀𝘂𝗻𝗴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora