3. Statuine di cera

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«Nomen Omen

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«Nomen Omen.
Un nome, un destino»

Il futurismo era un partito politico nato in Italia agli inizi del Novecento. Vendendosi come tale, si impose talmente tanto da insidiarsi all'interno di qualsiasi arte, quali la danza, la musica, la pittura, il cinema, la letteratura e l'architettura.
La velocità, è ciò che li contraddistingue, la ricerca del movimento, persino nei quadri, emerge la voglia di allontanarsi dal passato.


E io, in questo momento, mi sento in un manifesto futurista, mi sento di essermi catapultata dentro "Dinamismo di un ciclista", in cui le linee sono veloci, continue, confuse e simboleggiano solo l'atto frenetico che le mie falcate creano. Il paesaggio che mi circonda è sfocato, sono troppo veloce per prestare attenzione, le guance bagnate mi bruciano quando entrano a contatto con l'aria che tutto ad un tratto sembra essere diventata di un gelo siderale.

Il cuore lo sento nelle orecchie, mentre scandisce il tempo insieme ai singhiozzi che mi lasciano le labbra secche, risucchiate nella bocca che mi sento pastosa, per i troppi liquidi che i miei occhi richiedono, prima di rigettarli sulle guance arrossate. Perché Harry era lì. Pensare questa frase mi fa uscire un lamento, ripensare all'immagine di lui seduto su quelle dune di sabbia mi uccide. Harry era lì. Più me lo dico e più mi sembra surreale, più mi sento in colpa, più ho voglia di scomparire. Harry era lì.

Sul mio letto non lo so come ci arrivo, mia madre non la vedo neanche lontanamente, e sono grata di non essermi fatta trovare in questo stato, conoscendola sarebbe capace di lamentarsi più di come sono ancora in costume, piuttosto che prestare attenzione al mio volto devastato.

Il pensiero di Harry che mi guardava, che si avvicinava alla baia, è qualcosa che mi fa accapponare la pelle, mi fa sentire sbagliata, e la voglia che ho di sotterrarmi, è talmente opprimente che le mie vie respiratorie si bloccano. Ripercorro nella mia mente tutti i momenti che ho passato in quel luogo, ed è come se ogni volta mi sentissi osservata, come se mi avesse tolto l'intimità che quel luogo possiede, e allora riesco a prendere solo respiri corti e affannosi che non percepisco. La gola mi si secca, e quando tento di deglutire il nodo doloroso che sembra ingrandirsi ogni secondo di più, tentando di lacerarmi la faringe, lasciandomi inerme mentre arriva alla carotide e mi fa affogare nel mio stesso putrido sangue, perché il pensiero di Harry che mi guarda mentre sono alla baia, mi fa sentire incredibilmente sbagliata.

Il formicolio delle mani mi si espande in tutto il corpo, e io mi sento solo un fascio di brividi inerme al panico che lo sta assalendo. Harry non ha solo invaso la mia privacy, ha invaso la poca vita che mi rimane, la poca vita di cui nessuno è a conoscenza, e che proprio per questo rimane mia, ma adesso che lui lo sa, io proprio non riesco a immaginarmi come resistere.

La colonna portante della mia vita mi è stata portata via due anni fa, e adesso, anche l'unico luogo che mi è rimasto, non è più mio, e allora io ancora qui cosa ci faccio? La mia esistenza non ha mai avuto un valore maggiore del paio di orecchini che mio padre regala a mia madre, quindi perché sono qui? Per quale assurdo scherzo divino qualcuno avrebbe deciso di mettere al mondo, di regalare ossigeno ai polmoni di Selena Cooper? Dio, la gente neanche sa che mi chiamo Selena, quindi cosa ci faccio qui?

𝘚𝘢𝘭𝘵𝘺 𝘚𝘬𝘪𝘯 ʰˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora