12. Giudizi affrettati

71 11 21
                                    

«Do you think that you are the smart one, sweetheart?Maybe when I hadn't started

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«Do you think that you are the smart one, sweetheart?
Maybe when I hadn't started.»

Dire di voler cambiare, è forse la cosa più elementare al mondo. Solo una fila di lettere e spazi, che senza un minimo di fondamento e volontà, rimarranno sempre solo un gruppo insignificante di lettere e spazi.
Sentire il cambiamento, è qualcosa di ben più diverso, concreto.

L'odore di dinfettante alla lavanda e di fritto sono una combinazione tanto letale che dopo anni riesce ancora a farmi storcere il naso e rivoltarmi lo stomaco per i primi minuti del mio turno.
Nonostante questo però, non riesco ad evitare il sorriso che rivolgo a mio zio, e in un impeto di coraggio nato da non so bene dove, gli lego le braccia al petto in quello che più che un abbraccio, è soltanto lo scontro tra due petti - ma per me è già troppo e l'espressione leggermente sconcertata di mio zio me lo conferma. Mi volto prima che la sua faccia mi faccia tornare in mente perché non mi avvicinò mai a nessuno.

Oggi sono di buon umore, come lo sono stata ieri dopo il crollo emotivo che ha solo contribuito a smorzare gli angoli di un macigno che sembrava indistruttibile.
Mi sento semplicemente meglio e voglio godermela, questa sensazione di tranquillità.

È già da un paio d'ore però che sono costretta a servire caffè bollente e abbondantemente diluito, e il braccio che inizia a farmi male si unisce al caldo che mi appiccica i capelli sulla nuca. Ho sonno e mi sono stufata delle occhiatacce scettiche dei clienti e di quelle apprensive di Soph e James. Sono di buon umore si, ma sicuramente non mi sono caduti i bulbi oculari nella tazza di caffè di uno di questi bigotti.

Osservo annoiata il barattolo di lecca lecca, combattendo una battaglia interiore perché è già il quinto che prendo in tre ore, ma alla fine il sapore dolciastro e stantio che ho in bocca mi induce ad afferrarne un alto. Prima mi concedo un bicchiere d'acqua comunque, guardando con disinteresse i tavoli che Soph sta pulendo, e attendo che il cliente seduto al bancone si alzi, così da permettermi di pulire la sua parte.
L'ora di pranzo è passata da un pezzo, e per questo il ripiano è lercio della fame di tutti gli operai che hanno sostato qui, e il vecchio che mi trovo davanti è fermo nella stessa posizione da quarantacinque minuti cronometrati.

Finalmente si alza, lasciando due dollari per quella che penso sia una mancia totalmente irrisoria. Quasi spero che torni indietro a dire che è uno scherzo, ma ciò non succede, e io ci sono abituata alle mance che sarebbero più utili per soffiarsi il naso.
Ma le mie uscite sono nulle, e in fin dei conti tutte le entrate mi fanno comodo se voglio andarmene - e cazzo se ne ho voglia. Quindi sospiro e mi infilo le banconote nel grembiule prima di mettere i soldi all'interno della cassa.
Mi chino sotto al bancone per prendere il necessario per pulire la superficie, ma quando mi rimetto in piedi quasi mi cade tutto dalle mani quando vedo chi ha appena varcato la soglia della porta.

𝘚𝘢𝘭𝘵𝘺 𝘚𝘬𝘪𝘯 ʰˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora