4. Impazzire

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«Chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo

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«Chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo.»

Il cielo è carta da zucchero, e il sole caramello che mi cola sulla pelle colorandola di un alone bronzeo, mentre le sue iridi verdi, mi crescono sul corpo, agguantandolo e coprendo la mia esile figura nella bolla perlacea del suo sguardo.

Continuo a camminare, nonostante sappia che lui non si trovi più dietro di me, a causa del rumore dei suoi scarponcini, cessato. Ma mentre varco la soglia del piccolo locale, non posso ignorare le iridi irruente che mi sono sentita addosso per tutto il viaggio, così non do retta alle narici che, captando l'odore di fritto, mi risvegliano lo stomaco, e mi volto, osservando la sua figura tra gli aloni che caratterizzano la vetrata ormai troppo sporca, tra le lettere che riportano a caratteri cubitali il nome del dinner.

Sospiro profondamente, sentendo un irrefrenabile bisogno di ripercorrere i miei passi a ritroso e - e non lo so, ma perdermi tra quelle braccia sembra qualcosa di utopicamente meraviglioso.
Il dolore al centro del petto, che mi spinge verso di lui, sono costretta ad abbandonarlo, quando sento il mio nome che viene richiamato da una voce incredibilmente familiare.

Mi volto solo dopo aver perso la visuale della schiena di Harry, che svolta a destra, nella direzione opposta da quella da cui siamo arrivati.

Una figura bionda e frizzante anche nell'aura mi si accosta, e io fingo di non avercela di fianco.
«Stai diventando inquietante» sospiro, quando noto il suo sguardo ceruleo, mille volte più intenso del cielo sotto al quale mi trovavo, inchiodato sulla mia figura.
Non aspetto una risposta, mi volto solo per raggiungere il retro del bancone. «Non sono io quella che fissava la sua cotta storica dalla vetrata».

Alzo gli occhi al cielo, ignorando il suo tono aspramente ironico, e mi concentro sul significato delle parole misurate che mi ha rivolto. «È arrivato solo da un mese, come puoi definirlo la mia cotta storia?»

Apro la porta della stanza riservata al personale, e mi avvicino all'armadietto che contiene la mia divisa. «Non hai negato di avere una cotta per lui!» Sophia sorride, felice della mia dimenticanza, distendendo la fossetta appena accennata che le arricchisce il mento.

Sbuffo un mix tra frustrazione e sollievo, quando rimuovo al vestito dalla pelle.
«Non hai intenzione di parlarci, vero?»
«Dio, sei perspicace oggi» ironizzo.

Sophia, è l'unica persona con cui riesco a rapportarmi, abbastanza limitatamente, ma, sarà per la somiglianza con sua madre, per lo sguardo vispo e premuroso, i capelli setosi e lucenti, ma riesce a trasmettermi un senso di calma di cui necessito per non affondare nella mia stessa psiche.
Non so davvero cosa farei senza mia cugina.

Alzo la zip del completo giallo canarino coordinato al suo, e mi sposto in cucina a salutare James - mio zio. È triste pensare che a questo quadretto manchi solo una persona, che riesce a fare da collante nonostante la sua assenza.

𝘚𝘢𝘭𝘵𝘺 𝘚𝘬𝘪𝘯 ʰˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora