17. Zucchero filato

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«Volteggiai insieme a lui dentro la sala, incuranti del resto, come se i contorni sbiaditi della nostra giovinezza fossero immortali

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«Volteggiai insieme a lui dentro la sala, incuranti del resto, come se i contorni sbiaditi della nostra giovinezza fossero immortali. Come se ci trovassimo sopra le nuvole, accompagnando divinità che ci permettevano di camminare assieme a loro.»

Ho mentito.

Ho macchiato le mie labbra della più spudorata delle menzogne e l'ho fatto con uno sguardo falso in volto, pienamente consapevole di ciò che stavo facendo, ma troppo sopraffatta dai battiti del mio cuore per rendermi conto del peccato di cui mi stavo macchiando.
Quando Harry mi si è avvicinato in mensa e mi ha costretto a mangiare, dentro ai suoi occhi la vedevo la supplica dilaniante che gli colava dagli occhi in una nenia incessante e dolorosa, così ho deciso di mentire e di ricambiare lo sguardo con uno più convinto, speranzoso - ho fatto leva sul suo panico per uscire da una situazione scomoda.

La verità è che non riesco più a mangiare. La scusa che utilizzo per la colazione - evitare i miei genitori - ormai non regge più in piedi, e a pranzo faccio sempre in modo di non farmi trovare per buttare nella spazzatura i panini che mia madre ha preso a prepararmi, capita che a merenda mi faccia un caffè e che quindi mi senta quasi costretta ad ingurgitare qualcosa di solido, come due biscotti, ed è inutile dire quanto mia madre sia disgustosamente compiaciuta dalla metà del piatto che avanzo sempre a cena.

I miei unici pasti decenti avvengono durante la notte quando sgraffigno qualcosa e poi la friggo per mandarla giù più piacevolmente. La verità è che se anche mi sembra di sentirmi meglio, in realtà ciò che faccio è continuare la mia lenta disintegrazione.

L'ansia sociale e di prestazione mi si sono ancorate alle caviglie dalla nascita, e sono consapevole che tutto questo mi stia facendo uscire fuori di testa.

Quando sento la necessità di stare un po' meglio - più di quanto le futili distrazioni come il trucco e la cucina siano in grado di fare - mi metto a pensare ad un certo riccio inglese. Lui è, e ho il sospetto che sempre sarà, la mia ancora di salvezza, è tutto ciò che mi impedisce di crollare solo materializzandosi nella mia mente. Harry è l'unico pensiero che non mi fa crogiolare in uno spesso strato di ansia e panico più appiccicoso della melassa.

Il precedente preambolo mi porta a questo esatto momento, in cui il professore sta riconsegnando le verifiche, io sono sull'orlo di una crisi di nervi, e lui mia afferra lo sguardo dall'altro lato della classe, facendomi segno di respirare come lui. Ed è esattamente quello che faccio.
Inspiriamo ed espiriamo.
Inspiriamo ed espiriamo.
Inspiriamo ed espiriamo.

Poi il professore mi copre la visuale stampandomi in faccia la mia strabiliante F. «Pensa di continuare così, Cooper?» l'espressione che mi rivolge è quasi più viscida dell'ansia che mi risale dalla bocca dello stomaco e mi agguanta trascinandomi dentro al buco nero delle mie lacrime.

La testa mi gira per un attimo, e passo tutto il resto dell'ora, mentre il prof corregge gli errori, con il foglio voltato al contrario mentre cerco di trattenere le lacrime per non bagnarlo. La mia posizione non varia fino al suono della campanella, che simboleggia la fine della scuola.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 09, 2022 ⏰

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