7. Tempesta

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«E già l'umida notte precipita nel cielo,le stelle, tramontano, ci persuadono al sonno

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«E già l'umida notte precipita nel cielo,
le stelle, tramontano, ci persuadono al sonno.»

Il sole è ormai scomparso, e la Luna è coperta da un manto di spesse nubi che dovrebbero farmi prevedere la tempesta, e lo capirei anche, se solo Harry non mi distraesse con la sua conformazione da gas che occupa tutto lo spazio all'interno del mio cranio e delle mie vene con la sua tacita presenza.

Mi muovo leggermente, voltando il capo verso di lui e spiaccicando la guancia sulla sabbia ancora tiepida, grazie al calore assorbito durante il giorno, osservandolo mentre lui compie la medesima azione, con la mano sulla guancia, sopra il braccio piegato e irrigidito a mantenerlo.

Non sono tanto vicina da sentire il suo fiato carezzarmi la pelle, ma mi accontento della consapevolezza che l'anidride carbonica che viene espulsa dalle sue labbra dischiuse, tocca lo stesso ossigeno che aspiro dalle mie. E quasi mi sembra di baciarlo.

La giornata è trascorsa in un battito d'ali di farfalla durante un tempesta, dissolvendosi velocemente tra le sfumature cupe dei giorni che sarebbero seguiti, ma inevitabilmente impressa a sole sulla mia pelle. Testimoni di queste ore sono i capelli crespi di sale e sabbia, e la punta del naso di Harry che è arrossata a causa della leggera scottatura.

Piego lievemente le labbra a quella vista, che stona con la faccia ancora troppo londinese che si ritrova, nonostante il clima estremamente caldo di questo posto. «Vorrei sapere a cosa pensi.» a te Harry, penso sempre e solo a te, mi hai stregato i pensieri e io ho paura, ma non se mi guardi così.

Ma non glielo dico, allargo leggermente il sorriso e distolgo lo sguardo, abbandonandomi al sonno che ho combattuto per fin troppo tempo, accarezzata dal vento e da degli occhi smeraldo.

Sobbalzo quando vengo bruscamente svegliata da un rumore insistente, che riconosco essere grida femminili. Sforzo gli occhi ad aprirsi, osservando inerme la coltre di nubi nere che da ieri notte si è notevolmente intensificata. Vengo riscossa dal mio stato di trance, da dei lievi mugolii che percepisco al mio fianco - riesco a captarli solo perché la fonte si trova più vicino di quella del baccano che ci ha svegliati.

Alzo il busto mantenendomi sul braccio piegato e osservo una figura fin troppo familiare venirci incontro, mentre urla parole che il mio stato di sonnolenza mi rende impossibile comprendere, almeno non finché Sophia, imbufalita, si para dinanzi alla mia figura e mi trascina in piedi dalla spalla, non prestando attenzione al mio essermi irrigidita o alla forza che sta utilizzando, troppo accecata dalla rabbia che deve covare verso di me. «Si può sapere cosa diavolo ti hanno impiantato al posto del cervello? Ti pare il caso sparire per ventiquattr'ore senza neanche dirmi niente? Mezza città! Tua madre ha rivoltato mezza città e io mi sono fatta prendere dal panico perché nessuno sapeva dove si trovasse quell'idiota di mia cugina, e ora ti trovo a dormire sulla spiaggia in una cazzo di fuga d'amore?» urla tanto inalterata che indietreggerei, se solo la presa sul mio braccio non si intensificasse tanto da farmi male.

𝘚𝘢𝘭𝘵𝘺 𝘚𝘬𝘪𝘯 ʰˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora