Problemi Di Famiglia

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<< Livia! Livia! Apri questa dannata porta! >> urlava Clay: << Dove sei finita?! Maledizione! >>

Non mi mossi, non avevo per niente voglia di uscire. La situazione in cui mi trovavo non era solo disperatamente triste, ma al quanto strana. Non era mai successo nel corso della storia che un genitore, così all'improvviso, non rivolgesse più una parola a sua figlia o suo figlio o forse  non ne ero a conoscenza.

<< Se non apri sfondo la porta, Livia! >>

<< Fai come ti pare! Chiama anche un Gigante a venirmi mangiare! Non opporrò resistenza! >> gridai.

Clay non rispose più. Che lo avesse mangiato un Gigante?

Ad un tratto un forte tonfo provenì dalla cucina per poi raggiungere la mia stanza o per meglio dire, la stanza di mio padre.

Clay aprì la porta, ma subito si buttò fuori a causa della puzza che veniva dall'interno.

<< Livia! Ma che cosa hai combinato? >> disse sul punto di rimettere la colazione.

<< Mangiato, dormito, defecato, mangiato, dormito, defecato e ancora... >>

<< Capito, capito. Ora va a farti una doccia che usciamo. >>

<< Sto bene qui. >> dissi con voce squillante.

<<No, mi spiace, ma non stai bene qui. Forza, preparati che usciamo. >>

<< Non posso. Il sole mi uccide. Lasciami qui. >>

<< Sarei un pessimo amico se ti lasciassi ancora da sola. >>

Al che non potei ribattere. Mi alzai a fatica e andai a lavarmi per poi rimprendere contatto con il mondo.

<< Sai che cosa ho scoperto? >> dissi saltellante a Clay mentre camminavamo per la città : << Credo che io ed il cibo siamo buoni amici. >>

<< Se il Capitano Levi vedesse la sua stanza verrebbero ad ucciderti. >>

<< Tranquillo, non metterà piede in casa nostra per un bel po'>>

Ma parlai troppo presto perché quel giorno, non si sa bene il motivo, mio padre e la sua squadra entrarono a casa nostra, ritrovandosi la porta d'entrata sfondata e la sua camera un completo disastro. Però servì per rifarci riprendere a parlare, anche se non nel migliore dei modi.

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Levi uscito da quella stanza e da quella casa, che gli era diventata straniera, corse da Livia il più in fretta possibile,  facendole uno sgambetto per farla cadere a  terra.

<< Ahia! >> urlò sua figlia.

Le si buttò addosso e la prese dal colletto rosa.

<< Cosa credevi di fare stando da sola a casa? >> le ringhiò contro.

Livia non rispose. In fondo come poteva pretendere una risposta da lei visto che non le rivolgeva più la parola.

<< Rispondi dannata di una mocciosa. >>

Ma niente. Era pietrificata.

<< Livia. Ora tu torni a casa e pulisci tutto il macello che hai combinato. >>

<<No! >> gli rispose.

<< Cosa hai detto? >>

<< Ho detto di no! >> ripeté lei.

Levi non sapeva più cosa rispondere. Quella ragazzina era un osso duro.

<< Livia tu non rispondi così a tuo padre. >>

<< Tu non sei mio padre. >>

Ci fu un sussulto da parte del pubblico. Cosa?

Levi la guardò dritto negli occhi nella speranza di trovare un modo per darle delle spiegazioni. Livia infatti voleva delle spiegazioni, ma non poteva dargliene e questo lo faceva arrabbiare davvero tanto. Perdonami Livia, perdonami.

Levi si alzò in piedi e se ne andò, mentre tutti restarono a fissarlo terrorizzati dall'espressione terrificante che gli si era stampato sul volto.

Mio Padre Si Chiama Levi Ackerman Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora