VIII. Concentrazione

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Quando la sua assistente aveva introdotto la questione, Hermione si era subito interessata alla proposta e, dopo avervi dedicato mesi di lavoro districandosi tra un impegno e l'altro, il riordino delle leggi in materia di accesso alle cure per Babbani accidentalmente colpiti da infortuni magici era a un punto soddisfacente.

Hermione raddrizzò la schiena, che quella mattina era stata a lungo immobile sulla sedia davanti alla scrivania, ed estese il collo in cerca di sollievo. Posò la piuma accanto alla boccetta d'inchiostro e guardò Rose uscire. Vagò con gli occhi fino all'altro occupante della sala professori, il direttore della Casa di Tassorosso, che, al lato opposto del lungo tavolo, era intento a leggere. Esaminò il volume con curiosità e riconobbe dalla copertina un saggio sulla Trasfigurazione avanzata di Emeric Switch: il mago, probabilmente sentendosi osservato, spostò il libro dal viso e le indirizzò un piccolo sorriso educato, che lei ricambiò.

Il suo tempo era stato produttivo. Rose aveva a cuore il destino della riforma perché, diceva sempre, a ognuno dovrebbe essere garantito il diritto a ricevere cure adeguate. Nata Babbana come lei, era consapevole che talvolta i maghi si limitavano a trattare superficialmente i Babbani che incrociavano e poi a Obliviarli, in osservanza dello Statuto Internazionale di Segretezza, considerandoli solo come un potenziale rischio. Le era grata per averla indotta a riflettere sul numero di Babbani che sfuggivano alle attenzioni dei Medimaghi per mera indifferenza e che avrebbero quindi dovuto rivolgersi a medici: questi ultimi non avrebbero saputo come curare la causa alla radice dei loro disturbi e si sarebbero limitati a definirli a eziologia idiopatica, come le era capitato di leggere sui testi di medicina dei suoi genitori. Perciò entrambe si erano concentrate innanzitutto nel trovare una quota di fondi da destinare esclusivamente all'assistenza ai Babbani, affinché non fosse trascurata, e non avevano ultimato ancora l'intero progetto.

Avevano, tuttavia, finito per quel giorno: le lezioni antimeridiane erano terminate, se ne erano accorte dall'intensificarsi del rumore di passi fuori dalla porta, e loro a breve avrebbero raggiunto la Sala Grande per il pranzo. Prima, però, Hermione aveva deciso di avere un colloquio con i due studenti avvelenati e la sua segretaria era andata a convocarli per lei all'uscita dalle rispettive aule.

«Buongiorno, professor Switch.» I due alunni di Grifondoro, accompagnati da Rose che doveva aver aperto per loro la porta con la parola d'ordine, salutarono l'insegnante di Trasfigurazione per poi rivolgersi subito alla ragione della loro presenza nella sala professori.

«Buongiorno, Ministro.» Peter Horton non sembrava entusiasta di essere al suo cospetto in quella stanza, se intimidito dalla sua autorità o semplicemente desideroso di lasciarsi il suo incidente alle spalle non avrebbe saputo dirlo.

«Buongiorno, mamma.» Rose sembrava invece assolutamente entusiasta di essere al suo cospetto in quella stanza, lontana dagli occhi di tutti gli altri studenti: il suo cognome la rendeva famosa anche senza che sua madre fosse vista a Hogwarts proprio in sua compagnia.

Hermione indicò loro di accomodarsi e Rose non si fece pregare. Si sedette, totalmente a suo agio: scaraventò la borsa sulla scrivania e incrociò le braccia, sorridendo. Il ragazzo la imitò più pacatamente, tenendo la schiena dritta e il materiale scolastico sulle cosce. Anche la sua assistente tornò nel posto in cui era seduta prima, lasciandola alla conversazione con i due.

«Avete sentito le nuove disposizioni annunciate dalla preside stamattina» esordì Hermione, ed essi confermarono. «Mi chiedevo se, durante il pasto in cui siete stati avvelenati, aveste notato qualche movimento insolito attorno ai vostri piatti, ai bicchieri o alle tazze.»

Rose non ebbe necessità di pensarci a lungo, prima di negare. Conoscendo il suo intuito, poteva averci già riflettuto da sola.

Peter abbassò gli occhi a fissare una venatura del legno, come nel tentativo di concentrarsi e ricordare. Imbronciò la bocca, prima di rispondere scuotendo la testa: «Non mi viene in mente niente.»

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