XIV. Addio

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Aveva bussato, una volta e solo un'altra in più, alla porta dell'aula, prima di arrendersi all'evidenza che Draco preferiva restare da solo. Non aveva insistito ad aprire con la magia, perciò non aveva neanche verificato se lui avesse posto un incantesimo a bloccare l'ingresso oppure contasse sulla sua correttezza.

Tornandoci in seguito, aveva trovato la soglia spalancata e l'interno deserto.

Stava bussando, una volta e un'altra in più, alla porta della sua camera, risoluta a offrirgli vicinanza. Non sapeva se avrebbe insistito ad aprire con la magia, ma non ebbe bisogno di domandarselo.

Il viso di Draco si rivelò davanti ai suoi occhi.

Quale fosse il modo più opportuno di reagire al decesso di una moglie in qualche modo già compianta, era una conoscenza che Hermione non aveva mai trovato in alcun libro letto. Osservò il volto assolutamente neutro dell'uomo, considerò la sua espressione misurata e rifletté che lei non sarebbe riuscita a mantenerla.

«Sarei venuto a cercarti.»

Hermione aveva sentito la voce di Draco Malfoy, quando era turbato, e non era quella.

Si fece da parte per permetterle di accedere alla stanza e chiuse l'uscio dietro di sé.

«Draco...» iniziò, cauta, muovendo un passo per avvicinarsi. «Come stai?»

La interruppe con un gesto brusco della mano.

«Posso confermarti che il miele prelevato dalle cucine era di rododendro» disse, mentre camminava per accomodarsi alla scrivania.

Quale fosse il modo più opportuno di reagire, era una conoscenza che Hermione non aveva trovato in alcun libro letto. Ma che tipo di persona, ricevuta una notizia tragica, pure se attesa, si impegnava con fredda razionalità a ultimare un lavoro a metà?

Si guardò intorno: si sarebbe aspettata un bagaglio ai piedi del letto, cassetti dischiusi e ante aperte, ma non vide niente di tutto quello. Che tipo di persona non si precipitava a raccogliere il necessario per andare subito via?

Tuttavia lei si era ripromessa di conoscerlo, anche quando sembrava inafferrabile come un Boccino d'Oro – che lui aveva inseguito per diletto e lei non avrebbe inseguito mai.

Lo raggiunse, restando in piedi e fissando dall'alto capelli perfettamente in ordine e occhi asciutti. Avrebbe voluto stringergli una mano, ma lui teneva la propria impegnata con una piuma, così la sua rimase sul legno freddo e ruvido. Una piccola imperfezione, sfuggita agli artigiani magici oppure creata dall'usura, le graffiò un polpastrello.

«Draco, non dovevi, me ne sarei occupata io.»

Lui scrollò le spalle e rispose senza alzare gli occhi dal foglio: «È stato rapido verificarlo, confrontandolo con le tracce già esaminate sulla signorina Steeval.»

«Ma tu» deglutì, «hai altro a cui pensare, adesso.»

Non riuscì a evitare l'ombra di sconcerto che le macchiò la voce, così cerco di ripulirla. Alzò un palmo, ma lui mosse il busto di lato, a scansare un tocco nemmeno accennato, senza spostare lo sguardo dalla pergamena. Le dita orfane si ripiegarono sulla pelle e Hermione ritirò il pugno.

«Risparmiami ulteriori dettagli sulla mia insensibilità. Non ho tempo.» La sua mano accelerò i movimenti nell'abitudine con cui riprodusse la sua firma alla fine del foglio.

«Come posso aiutarti?»

«Non puoi.» Ripiegò la lettera su se stessa per imbustarla. Era alienante offrire il proprio appoggio a qualcuno che non lo considerava che con un'occhiata fuggevole.

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