14. L'ultima ragione

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Quanto può sopportare una persona? Probabilmente davvero tanto.

Quanto può sopportare invece senza uscirne segnata? Beh, quella è un'altra storia.

Le lacrime c'erano, sarebbe stato strano se così non fosse stato, ma non erano tante quante ce ne si sarebbero aspettate. Seungmin avvertiva di dover essere straziato, divorato dal dolore, ma la verità era che non si sentiva di essere così distrutto quanto avrebbe dovuto. Un blocco, un muro di pietra lo divideva da ciò che avrebbe dovuto provare e sentire, precludendogli quell'umanità che lo aveva sempre contraddistinto e fatto risplendere agli occhi degli altri.

Il buio insorgeva ed entrava dalla finestra, il sole tramontava dietro al mare e, con questo, l'ultima ragione di Kim Seungmin.

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Qualche ora prima...

La data del rilascio di Jeongin era stata fissata per quel giorno, Seungmin era così contento che non era riuscito a chiudere occhio. Finalmente avrebbe riavuto la sua famiglia indietro, finalmente le cose sarebbero potute tornare come prima.

Dalla visita di Hyunjin erano passati tre giorni e Seungmin era potuto tornare a svolgere il proprio impiego come traduttore. Non c'era molto da fare, in realtà, perché padre Minho si era come volatilizzato, a detta di padre Felix era in ritiro spirituale nei propri alloggi, così il moro passava le proprie giornate con quest'ultimo o coi due tirapiedi del monsignore a tradurre eventualmente per loro.

Aveva anche avuto modo di parlare con lo sceriffo Beringar; era stato lui a confermare la data del rilascio perché sia padre Felix che il monsignore non avevano riscontrato alcuna traccia del Demonio in Jeongin e, in via confidenziale, l'uomo aveva detto di aver sempre provato molta simpatia per il suo fratellino e che aveva proceduto personalmente a preparare il rilascio.

Hyunjin gli aveva promesso che lo avrebbe accompagnato alla centrale dello sceriffo; si sarebbe inventato qualche scusa per giustificare la loro presenza assieme, come ad esempio che avrebbe scortato il ragazzino, sicuramente traumatizzato dall'esperienza, fino a casa.

Seungmin lo stava aspettando in veranda, davanti a casa propria. Non si allarmò quando non lo vide arrivare per tempo, sapeva fosse impegnato visto che la contea e la città avevano deciso di sfruttare "le forti braccia di padre Minho" per lavori manuali e fisici, così l'intero seguito del monsignore si era ritrovato a dover fare ore di straordinari sottopagati. Il ragazzo era così felice e di buon umore che non si era fatto domande per la prima ora, ma dopo la seconda di ritardo la bocca dello stomacò gli venne solleticata dall'apprensione.

Avrebbe potuto benissimo andare da solo alla centrale, ma aveva seriamente bisogno di un sostegno, aveva bisogno che il ragazzo di cui era innamorato fosse lì insieme a lui. Decise così di mettersi in cammino – molto lentamente – nella speranza di incontrare il proprio uomo sulla via.

Allungò addirittura la passeggiata per passare davanti al pezzo di bosco dove solitamente gli uomini di Lee Minho lavoravano, ma ci trovò semplicemente alcuni uomini già ubriachi a ridere e scherzare. Confuso, si avviò verso l'alloggio di Hyunjin che stava dalla parte opposta del villaggio, perché ormai si era intestardito e voleva seguire quella brutta sensazione che gli si era comodamente sistemata sul petto.

La casa era al limitare del bosco; questo perché nessuno degli abitanti voleva stare così vicino alla foresta e ai suoi pericoli, così quelle case erano state assegnate agli ospiti stranieri. Deciso salì i pochi scalini per raggiungere la veranda, bussò subito alla porta che però era chiusa a chiave. Il tempo di corrugare le sopracciglia che degli strani rumori, dei lamenti, gli giunsero alle orecchie; provenivano dal retro della casa. Non pensava davvero potesse essere chi cercava, ma la curiosità era sempre stata un suo difetto, così seguì i suoni.

𝙀𝙫𝙞𝙡 𝙋𝙧𝙖𝙘𝙩𝙞𝙘𝙚 • 𝙎𝙩𝙧𝙖𝙮 𝙆𝙞𝙙𝙨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora