37. Eclipse

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Osservo le mie gambe cadere a penzoloni oltre al bordo rivestito del dondolo imbottito.
L'aria afosa e pesante sembra avvolgermi come una coperta, limitandomi i movimenti.

Fa decisamente troppo caldo.

Allo sbuffare delle labbra, una ciocca bionda ed umida dei miei capelli rimbalza sulla fronte, appiccicandosi poco lontano dalla tempia.
Quando abbasso lo sguardo, scorgo Scott risalire le scale in legno ad una velocità quasi sovrumana, considerando il calore emanato dal sole intenso.
I piedi insabbiati sbattono con delicatezza ad ogni movimento, nella speranza di lasciarsi alle spalle qualche granello fastidioso.

Sorrido non appena volta l'angolo del piccolo bar a forma di capanna e punta le iridi verdi proprio su di me.

Devo trattenere con tutta la forza la mascella dal cadere a terra quando alza le braccia muscolose per impigliare le dita affusolate tra i capelli ricci e tremendamente gocciolanti.
Il viso abbronzato sembra venir liberato dalla gabbia ramata in cui era intrappolato, e risplendere di luce propria.

Alcune stille cristalline scorrono come cascate lungo le vene visibili del collo, fino ad arrivare alle clavicole sporgenti ed infine ai pettorali ben scolpiti.
Il percorso della salsedine viene segnato da una striscia biancastra, dello stesso colore delle nuvole.

«L'acqua è magnifica, né troppo calda né troppo fredda».

Non mi accorgo nemmeno dell'incredibile vicinanza che ha guadagnato in questi secondi.
Si è mosso in un battito di ciglia.

O forse io ero troppo rintontita dalla sua bellezza.

Sbatto le ciglia numerose volte, «Cosa?».

Scott sorride appena, come se riuscisse a leggermi nella mente e catturare i miei pensieri, «L'acqua» si accomoda al mio fianco, facendo muovere il dondolo, «È paradisiaca».

Aggancia il braccio sinistro attorno alle mie spalle, stringendomi a sé.
Il calore della sua pelle bagnata si scontra immediatamente con il mio, provocandomi un brivido profondo.
I polpastrelli mi accarezzano con decisione, giocherellando con l'elastico debole della spallina del costume da bagno.

«Sicura di non voler cambiare idea? Ci torno volentieri, dentro» si passa la lingua rosea sulle labbra, umettandole più del dovuto.

Sembro imbambolata, o meglio pietrificata, davanti alla sua presenza.
Scott mi fa sempre effetto, sopratutto quando siamo così vicini.
Il suo profumo non smette mai di inebriarmi, nonostante lo conosca a memoria e lo senta anche quando non c'è.

È strano, perché solo lui profuma in quel modo.

«No» scuoto la testa, «Magari più tardi. Voglio abbronzarmi» sorrido, alzando il volto verso il sole cocente.

Spero di non bruciarmi come al solito. Essere un'aragosta è doloroso.

Alza un sopracciglio folto, «Devi fare colpo su qualcuno?».

Una risatina si fa strada fra le mie labbra, «E chi lo sa».

Alla mia affermazione, Scott si fa ancora più vicino, facendo sì che le nostre pelli si appiccichino come due strati di colla.
Percepisco il suo fiato caldo all'altezza della tempia. Si scontra contro il mio orecchio ad un ritmo lento e tacito, simile ad una melodia ipnotizzante.

«Lo sai che sono geloso».

La sua voce roca mi trapassa perfino le ossa, scombussolando il mio ventre, che si trasforma in gelatina.

«Sì» mi avvicino lentamente, «Comunque, stavo cercando di far colpo su di te» confesso, facendo sfiorare i nostri nasi.

Intensifica l'occhiata. «Mi sono già innamorato, ma sei talmente bella che rimango a fiato corto ogni volta».

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora