34. Nuvole bianche

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La luce dorata della luna riflette come un diamante dalle mille sfumature albine tra le acque profonde del mare, irradiandosi come scaglie di vetro grezzo nell'immensità del mare.

Soave, dolce, incantevole, la melodia delle onde che si diramano come ali spugnose sulla sabbia umida, si infrange contro i miei timpani, cullandomi in un calore che sa di brezza marina.

Il vento freddo di fine luglio si incastra fra i miei capelli biondi, annodati attorno al collo come foglie d'edera acerba, sfregandomi la pelle delicata dietro alle orecchie.

Porto le dita magre proprio su quel punto, arrossandone i lembi quando li graffio con le unghie laccate di viola.

«A cosa pensi?» delicata come petali di rose, la voce di Scott si fa strada lungo la mia mente.

Sorrido.
Per un istante ho dimenticato della sua presenza al mio fianco. La bellezza del mare notturno mi ha catturata, intrappolandomi fra le sue mura di vetro.

Strizzo un occhio, arricciando il naso quando alcuni granelli di sabbia fitta rimbalzano sul mio braccio, sfrecciando come formiche impazzite tra i peli impercettibili.

«A niente».

Sospiro appena, lasciandomi andare contro la colonna del porticato. Il legno ghiacciato scarica dei brividi profondi sulla bassa schiena.
Ogni increspatura di legno forma una cunetta sulla mia pelle scoperta, sfregandomi appena.

«Tu...» spio la sua mano farsi più vicina alla mia.
È timida, si muove lentamente, come se avesse paura di essere fermata.

Come se riuscissi a farlo.

Le dita affusolate di Scott si incastrano sulle mie nocche, facendomi percepire i calli costellati da cicatrici profonde, «... non smetti mai di pensare, Amanda».

Ha ragione.

Volto il viso, le ciocche bionde dei miei capelli si muovo appena lungo le guance abbronzate.

Il volto fresco e asciutto di Scott mi colpisce come un fulmine a ciel sereno.
Nuvole scure, portatrici di pioggia, di tempesta fredda e devastante, sono raccolte fra i ricci della sua chioma scura, che ricadono come molle ramate sulla fronte.
Ombre profonde e buie tagliano i tratti del suo viso squadrato, rincorrendo la luce soffusa della candela alle nostre spalle.

Melograno.
L'unico profumo che mischiato alla salsedine riesce a farsi ancora valere.

Due pozze verdi come mele acerbe, la cui buccia risplende al sole cocente, si stagliano contro un cielo gocciolante di stelle.
Le sue iridi sembrano essere formate delle stesse sfumature del cielo estivo, sul punto di star calare, ma desideroso di restare ancora un altro po'... e allora si aggrappa alle nuvole cristalline soffici come panna montata, intrecciando i propri raggi attorno ad ogni spigolo smussato.

Le folte sopracciglia scure paiono strade sterrate, affiancate da una fitta boscaglia autunnale.
Gli zigomi alti e spigolosi formano un angolo ottuso, costruendo una scia ondeggiata fino alla columella del naso all'insù, stretto alla radice.

Bellissimo. Profondo. Viscerale.
Scott.

Alzo un angolo della bocca, catturando immediatamente la sua attenzione, «Mhm» scuoto il capo, «E come fai a saperlo?».

La sua mano, ora, è arrivata al mio gomito, teso sotto ai muscoli del braccio, appoggiato al pavimento.
Si fa più vicino, scorrendo con il corpo.

«Ti conosco» sussurra, «O almeno... ti conosco abbastanza».

Forse sì... forse no.

«Abbastanza» ripeto, afferrando il labbro inferiore con i denti, «Non è abbastanza».

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora