41. Locked Out of Heaven

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«Ti porto in un posto speciale» Scott compare sulla soglia con un tovagliolo, «Ti va?».

Mi metto subito a sedere, facendo penzolare le gambe dal divano, «Certo che mi va!».
Sono ancora mezza addormentata e annichilita dal caldo e dal sonno.

Mi pulisco le labbra dal gelato, stiracchiandomi la schiena intorpidita. Oggi sono stata tutto il giorno a casa sua, a rimpinzarmi di cibo e guardare la tv mentre lui era a lavoro.
Fortuna che siamo riusciti a cenare insieme, perché ero molto tentata di chiamare quella scimmia di mio fratello, nella disperata ricerca di compagnia.

Scott mi manca parecchio in questi giorni. Ultimamente è molto preso dal lavoro e non fa altro che raddoppiare i turni e lavorare anche di notte. E purtroppo, quando siamo insieme è stanco e ha bisogno di riposare.

«Però devi cambiarti» i suoi occhi verdi si posano sul mio pigiama, «Così avrai freddo».

Mi gratto il retro della testa, e per poco non mi metto a ridere. Più che altro sarei nuda se uscissi così.
È da un bel po' che ho preso l'abitudine di dormire con addosso soltanto le sue maglie, che poi in realtà mi arrivano fino al ginocchio.
Sono tremendamente comode. Per non parlare del profumo: bucato e fumo.

«Ci sono quaranta gradi, fuori» metto in chiaro, rabbrividendo al sentire la mia schiena ricoperta di sudore.

Questo agosto è devastante. Penso sia il più caldo di sempre.

Schiocca la lingua sul palato come a prendermi in giro, «Era una scusa per vederti togliere la maglietta davanti a me».

Boccheggio, presa in contropiede dalla sua schiettezza che ogni volta mi lascia senza fiato. «E chi lo dice che ho voglia di spogliarmi proprio davanti a te?».

«Siamo fidanzati» si stringe nelle spalle, avvicinandosi per recuperare il mio tovagliolo sporco. Lo prende in mano, «E sei molto spesso a casa mia».
Si china, bagnandomi le labbra con il suo fiato fresco, «Mi sembrava scontato».

Rimango interdetta. Poi alzo con uno scatto il sopracciglio, senza riuscire a staccare lo sguardo dai suoi occhi così profondi.

«Hai commesso un grosso errore...» sorrido con un'espressione furba.
«A pensare che io sia scontata».

Non mi lascia il tempo di allontanarmi per la mia grande uscita, che mi ha afferrata per il polso.

«Veramente, sono io ad esserlo» non c'è nulla nella sua voce: niente risentimento, niente fastidio o divertimento.
Me lo ha detto con schiettezza, ma ho capito tutto quanto, senza girarci attorno.

Non voleva ferirmi. E non lo ha fatto. Stiamo giocando.

«Il posto in cui mi vuoi portare» taglio corto gli angoli da smussare, «Anche lui è scontato?».

Ha abboccato, infatti alza un angolo della bocca. «No».

«Bene» metto in moto i muscoli del collo, lasciandogli un tenero e dolce bacio sulla bocca.

Lo accetta volentieri, spingendo appena la lingua per farsi un pochino di strada. Non lo fermo, è lui a farlo; non prima di avermi mordicchiato il labbro inferiore.

«Vai o niente sorpresa» mi fa voltare per le spalle, indirizzandomi verso le scale.

Pianto i piedi a terra, con un vigore totalmente inutile considerando la sua forza.
«Ma sei stato tu a dirmelo appena due minuti fa! Lo sai che sono una ritardataria».

«Volevo l'effetto "wow"».
Suona in maniera buffa quella parola detta da lui. Se non lo conoscessi, ma fossi ugualmente girata di spalle, probabilmente penserei che a parlare sia stato un bambino.
Lo ha detto in modo innocente.

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora